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'Prohibitionism Tends to Backfire': Italian Kids Name Mein Kampf Among Top Books

An Italian government survey has found that in several schools across the country, Hitler's Mein Kampf made it into the children's top ten list of favorite books to read. A leading Italian journalist has told Sputnik that the result is the latest sign of the anti-establishment resentment, which has resonated across the world in 2016.

Forget J.K. Rowling or Roald Dahl, for many Italian schoolchildren it seems, they'd rather be tucked up in bed with the writings of Adolf Hitler.

That's according to an Italian government cross-country survey of 140,000 classrooms. In 10 school classes across several regions of Italy, including Palermo, Trieste and Udine, Hitler's disturbing semi-autobiography was a top-ten favorite read.

In a darker prelude to Christmas cheer, Hitler's tome, which means 'My Struggle'', outlines his anti-Semitic ideology in 1924 that formed the basis for Nazism. His dogmatic world view went on to manifest itself in the Holocaust, in which around six million Jews were murdered at the hands of Nazi Germany.

Italy's Ministry for Education was trying to promote a love of reading for children.

Massimo Fini, Italian journalist and essayist, told Sputnik that this is the latest sign of a deep anti-elitist resentment that has been festering in Europe for years.

 

"It is a kind of blow back effect of decades of censure towards that very book. As well as a reaction to decades of constant demonization of both Hitler and that historical period. I know of a wonderful book by Fest who explains Hitler, without minimizing the entity of his actions, but explaining them. Blanket condemnation, demonization, and especially censure are not the ways to go."

 

Alessandro Fusacchia, a spokesperson for the Italian Ministry for Education, called the choice as a "particularly nasty case", adding that the book was ineligible for the vote in any case as secondary school pupils had been asked to select books by Italian authors published after 2000.

 

Fini says that for many Italian young people, going against what is expected is a common state of mind.

 

"The youth are, by nature, rebellious against the establishment, and against established truths. I don't think they really like Hitler's book, which is, intellectually, and not just morally, a very flawed book. Actually, I believe that the youth should read Main Kampf to see for themselves how weak the foundations of Nazi ideology really are. It was a poor idea that of censoring Hitler's book. Prohibitionism tends to backfire. And it has backfired this time, as the survey shows".

 

Fini suggests that the wave of discontent against the status-quo that has characterized 2016, from the UK's Brexit decision to the US election of President-elect Donald Trump, should not be ignored, especially in the political sphere.

 

The top three books overall were: Bianca come il latte, rossa come il sangue (White As Milk, Red as Blood) by Alessandro D'Avenia, Io Non Ho Paura (I'm Not Scared) by Niccolò Ammaniti, and Gomorra by Roberto Saviano.

 

Despite the Nazi fascist's unwanted inclusion, Italian Ministry for Education spokesperson Mr. Fusacchia, called the survey "a great celebration of books and reading."

 

https://sputniknews.com/europe 14.12.2016




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Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nei giorni scorsi ha ricevuto al Quirinale per le consultazioni Silvio Berlusconi. Un pregiudicato, uno che è stato definito con sentenza definitiva “un delinquente naturale” (che è cosa diversa e più grave del ‘delinquente abituale’ perché è uno che delinque anche quando non ne ha alcun bisogno), che non ha nessun ruolo istituzionale. E infatti Beppe Grillo, sulla base di quest’ultima considerazione, non si è presentato al Quirinale, ma ci sono andati parlamentari dei Cinque Stelle. Se le cose stanno così Mattarella avrebbe potuto ricevere anche Renato Vallanzasca che almeno una sua etica, per quanto malavitosa, ce l’ha. Mi chiedo in quale Paese normale, mi spiace usare una definizione cara a Massimo D’Alema, una cosa del genere sarebbe possibile.

Lo scorso venerdì sono stato invitato al programma pomeridiano di Sky Tg24 condotto attualmente da Federica de Sanctis (prima c’era Paola Saluzzi, che mi sembrava più centrata, ma adesso è stata esiliata o promossa, non so, al mattino). Il programma iniziava alle quattro e finiva alle cinque. Per il mio solito doverismo imbecille sono partito dalla mia abitazione alle 15 e 20 e sono arrivato agli studi di Sky con largo anticipo. Ho potuto quindi vedere Vittorio Sgarbi che furoreggiava con la solita sequela di insulti nei confronti di chi non era d’accordo con la sua tesi, peraltro un tantino azzardata: il Referendum l’ha vinto Renzi. In particolare l’eterno critico d’arte se la prendeva, con contumelie e le solite parolacce, con Licia Ronzulli deputato europeo di Forza Italia, l’anello più debole di coloro che erano presenti alla trasmissione (con Gianni Barbacetto è stato più cauto salvo definirlo la sera, in sua assenza, alla Zanzara, “un frocetto”. Un comportamento non esattamente coraggioso). La poveretta non poteva aprir bocca che veniva subito zittita dall’energumeno. Ha potuto solo balbettare: “Questa trasmissione è vergognosa”. La conduttrice, che sembrava aver perso il controllo della situazione, ha detto: “Non le permetto di dire che la mia trasmissione è vergognosa”. Invece era vergognosa. Intanto si erano fatte le 16 e trenta, sforando di mezz’ora la prima tranche del programma. Ho chiesto lumi a un assistente di Sky. “Fa share”. Quando è venuto il mio turno ho potuto solo dire che mi sembrava curioso che in un’ora di trasmissione, che seguiva di pochi giorni i risultati del Referendum, non fosse stata spesa una sola parola per i Cinque Stelle che di quel Referendum sono gli indiscutibili vincitori. La conduttrice ha replicato che avevano invitato più volte i rappresentanti dei Cinque Stelle ma quelli si erano negati. “La questione non è questa - ho risposto- voi avete il diritto di invitare chi volete e chi è invitato di rifiutarsi. La questione non è la mancanza di rappresentanti dei Cinque Stelle ma il fatto che nella trasmissione non sono mai stati citati”. Ho poi aggiunto quello che dicono tutti e cioè che bisogna andare a elezioni subito per verificare qual è la reale consistenza delle forze in campo. Perché ci sono partiti che non esistono più o quasi, come Forza Italia. Qui ho capito che la mia partecipazione, durata circa un minuto e mezzo, era finita. Intanto si erano fatte le cinque. Un assistente mi ha chiesto se volevo restare: la seconda tranche era stata prolungata alle cinque e mezza. Ho risposto che rimanevo se avessi avuto un tempo ragionevole per argomentare. Intanto però era uscito dalle consultazioni un rappresentante, mi pare, di Ala. Il quale, senza sprezzo del ridicolo, ha parlato per una quindicina di minuti sottolineando l’importanza e la responsabilità del suo gruppo. Ci sono stati anche un paio di giornalisti che gli hanno fatto delle domande. Siamo arrivati così alle 17 e 15. Mancavano quindici minuti alla fine. Pensavo che sarebbero stati interpellati quelli che erano nello studio di Milano (oltre a me c’era un onorevole del Pd). Ma a questo punto è spuntato, indovinate chi: Massimo Cacciari. Nello spettacolo teatrale Perché No Travaglio fa un esilarante sketch su Cacciari. Lo descrive che dorme sotto vuoto spinto in qualche studio televisivo, a Venezia. Poi al mattino, quando iniziano i talk, gli danno una spolverata e da lì trasmigra, sempre da Venezia, da una trasmissione all’altra fino a sera.

Sgarbi + Cacciari. Per me era troppo e me ne sono andato. Fra anda e rianda ho perso tre ore della mia vita. Ma la colpa è solo mia. Diceva Montanelli: “Certe onorificenze non solo non devono essere accettate, ma non si deve nemmeno meritarsele”. Parafrasandolo, si potrebbe dire che certi inviti non solo non bisogna accettarli ma non bisogna nemmeno meritarseli.

Questi conduttori televisivi, che fanno il bello e il cattivo tempo e si sentono i padroni del mondo, non hanno capito che il vento è cambiato. Che il No al referendum così come la ben più importante vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane sono un no all’establishment, del quale fanno parte a pieno titolo i network televisivi. Del resto questo movimento contro l’establishment mediatico, in Italia è già in atto da tempo. Mi ha detto Aldo Grasso, autorevole critico televisivo del Corriere della Sera, che i talk sono arrivati a 30 ma l’audience complessiva si è dimezzata. I cittadini non credono più a quei programmi e ai politici che li infestano. Prima o poi gli uni e gli altri saranno spazzati via.

Ma per tornare alle aggressioni verbali di Sgarbi e anche al trattamento al limite dell’offesa che mi è stato riservato, io credo che la prima, urgente, urgentissima riforma, lasciando perdere per il momento cambiamenti poderosi e utopici, è il ritorno alla buona educazione.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 14 dicembre 2016

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Renzi ci è ricascato subito. La sberla presa il 4 dicembre da circa 20 milioni di italiani non sembra avergli insegnato nulla. Si è riproposto con la solita arroganza. Il che fa venire qualche dubbio anche sulla sua intelligenza. Alla Direzione del Pd ha parlato solo lui, sorvolando sul fatto che era stato proprio lui, o soprattutto lui, a portare quel partito alla debacle. Ma di questo potremmo anche infischiarcene perché i partiti sono delle associazioni private, non diversamente da una bocciofila, e quel che avviene al loro interno dovrebbe interessare solo gli affiliati e non far parte nemmeno del dibattito pubblico che invece ci viene quotidianamente ammannito dai media e dalle Tv. Però Renzi non si è limitato solo a questo. Con la complicità di Sergio Mattarella, questo scialbo e ameboide democristiano che in cinquant’anni di carriera politica non aveva mai dato alcun segno di vita, come la sonda caduta su Marte, e che adesso è improvvisamente assurto al rango di “uomo di grande competenza e saggezza”, ha preteso anche di dettare le linee-guida di un futuro di cui, a rigor di logica e di voti, non dovrebbe far più parte, almeno per un bel po’. Le sue indicazioni sono: o una ‘grande ammucchiata’ o elezioni subito. In realtà le elezioni Renzi, contrariamente, come sempre, a ciò che dice, le teme come la peste, perché sa che il knock down del 4 dicembre ridurrebbe pesantemente quel 40 per cento che gli hanno regalato le elezioni europee.

Noi abbiamo fatto male a rendere a Matteo Renzi l’onore delle armi. Perché sottintende un patto di lealtà per il quale gli sconfitti non usino, alla prima occasione opportuna, quelle stesse armi che i vincitori gli hanno generosamente lasciato. Renzi resta quello sleale, slealissimo, di sempre, che rifila all’’amico’ Enrico Letta lo “stai sereno”. E’ un uomo di cui non ci si può assolutamente fidare.

Naturalmente adesso, alla faccia di ogni sbandierata trasparenza, i partiti hanno già cominciato a tessere le loro trame segrete. Gli unici a parlare con lingua dritta sono stati i Cinque Stelle e Salvini che vogliono elezioni immediate. Per capitalizzare, legittimamente, la vittoria, che sia pur in proporzioni assai diverse, hanno ottenuto il 4 dicembre. Quasi tutti gli altri parlano con lingua biforcuta: dicono di volere elezioni il più presto possibile ma sottobanco le temono. Berlusconi –perché di Berlusconi ci tocca ancora parlare, nonostante il ‘delinquente naturale’ sia stato espulso con ignominia dal parlamento e, fra le altre cose, sia corresponsabile del disastro economico ed etico italiano- in un gioco delle parti manda avanti Brunetta ad affermare che Forza Italia vuole le elezioni subito, subitissimo, ma in segreto tresca perché arrivino il più tardi possibile. Perché se le elezioni si facessero ora diventerebbe palese quello che già tutti sanno: che Forza Italia può contare solo sul voto del suo capo e dei suoi cari. Lo stesso si può dire, ad eccezione di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, per quella miriade di partitini, Ncd, Udc, Ala, che formano il cosiddetto centro destra.

Dalla situazione attuale, in cui è entrato a gamba tesa anche il solito Napolitano (poteva mancare?), può uscire di tutto, e tutto in barba ai risultati del Referendum del 4 dicembre, cioè alla volontà degli italiani.

In una situazione eccezionale come questa bisognerebbe fare come facevano i Romani quando si trovavano in circostanze analoghe: nominare un ‘dictator’ temporaneo, con le mani libere (a cuccia quindi anche la Corte Costituzionale), un uomo non compromesso con la politica italiana degli ultimi trent’anni (vallo a trovare, forse bisognerebbe ricorrere a un tedesco o a uno svizzero) col compito di sbrigare le pratiche di normale amministrazione e di portare l’Italia al più presto possibile a quelle elezioni che ci darebbero finalmente la reale consistenza delle attuali forze in campo.

Comunque una strada non è in alcun modo percorribile: un reincarico a Renzi o a una sua fotocopia. Il quale rinvierebbe le elezioni alle calende greche, un rinvio che gli strumenti di una democrazia marcia, corrotta e decotta come la nostra, una parodia di democrazia, rendono possibile. Contando anche sul fatto che, notoriamente, gli italiani, anche quelli giovani e anziani che hanno fatto pazientemente la fila per dire No all’attuale premier finto dimissionario, in politica hanno la memoria molto corta.

Qualora ci fosse un reincarico a Matteo Renzi, gli italiani se hanno ancora un senso di sé e della propria dignità dovrebbero dar vita ad una insurrezione popolare. Violenta.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 10 dicembre 2016