Un fantasma terrorizzante si aggira in Europa. Lo chiamano populismo. E hanno ragione di temerlo perché il cosiddetto populismo, sia di estrema destra che di estrema sinistra od oltre la destra e la sinistra com'è quello di 5Stelle, non è semplicemente un euroscetticismo, ma la contestazione radicale delle partitocrazie che, mascherate da democrazie, si sono impadronite di ogni Paese del Vecchio Continente.
Emblematica è la situazione italiana. Si è detto e scritto che la maggioranza degli italiani ha scelto la stabilità e un rinnovamento moderato, peraltro, per il momento, più promesso su twitter che applicato. E' vero esattamente il contrario. Se si sommano le astensioni (41,3%) ai voti di 5Stelle (21,2%) si vede che la maggioranza degli italiani non ne può più del sistema dei partiti e vorrebbe divellarlo dalle radici. Matteo Renzi non rappresenta il 40% della popolazione ma solo il 20% e forse meno perché agli astensionisti bisognerebbe aggiungere le schede bianche e nulle di cui il Viminale non dà dati, o solo con molto ritardo e nascondendone, fra le righe, la consistenza. Renzi, a parte il parlar tosco, non rappresenta nulla di nuovo, ma al contrario il più vecchio dei vecchi perché da quando ha 22 anni, e quindi da quasi venti, ha fatto tutta la sua carriera all'interno della partitocrazia e in un partito, il Pd, che ha gli apparati più forti in ogni settore della vita pubblica e privata. In un certo senso era più libero, più voto di opinione, più scelta antipartitocratica quella fatta per il primo Berlusconi che proprio alla partitocrazia si opponeva. Vi ricordate i discorsi contro «il teatrino della politica»? Purtroppo appena Berlusconi vi è entrato è diventato la primadonna di questo teatrino anche se ci sono voluti vent'anni di inefficenza e di malefatte giudiziarie perché fosse tolto di mezzo (in Egitto a Morsi, regolarmente e legittimamente eletto, è bastata l'accusa di essere stato inconcludente per un anno per essere abbattuto da una sommossa popolare e da un colpo di Stato militare). Renzi è solo l'abile Gattopardo messo alla guida del Paese per far finta che tutto cambi purché nulla cambi.
Qualche notazione a margine. L'altra sera sono stato a SevenGold per commentare, insieme ad altri ospiti, i risultati di queste elezioni. Mi ha colpito l'atteggiamento del consigliere provinciale della Lega Igor Iezzi. Il suo disprezzo e la sua denigrazione per il movimento 5Stelle. «Ma non capisci -gli ho detto- che il tuo atteggiamento è lo stesso che la partitocrazia ha avuto nei confronti della Lega delle origini cui dici di essere appartenuto dall'inizio». Non capiva. Continuava a rimarcare i 20 punti percentuali che separano il Pd da 5Stelle. «E' vero» ho detto «che i 5Stelle sono la metà del Pd, ma voi siete un quarto dei 5Stelle e nella vostra lunga vita politica, passata per dieci anni al governo, non avete mai raggiunto e nemmeno avvicinato non dico il 26% di Grillo ma nemmeno l'attuale 21,2%». Ma questo tal Iezzi ormai ben incistato nel potere non capiva. E' per questi soggetti, e non per il passionale e idealista Bossi, che la Lega ha fatto la fine miseranda che ha fatto. La stessa fine che, probabilmente, farà il 5Stelle, non per colpa del passionale e idealista Beppe Grillo, ma dei suoi adepti. Perché come canta il maestro Battiato «il tempo passa e ci scoraggia». Scoraggia anche i migliori. Figuriamoci i peggiori, alla Igor Iezzi.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 30 maggio 2014
Non è affatto vero che, come hanno scritto quasi tutti i giornali e gli editorialisti, la maggioranza degli italiani ha dimostrato di preferire “la stabilità”. E' vero il contario. Se si sommano gli astensionisti ai voti di Grillo si vede che più del 60% degli italiani non ne può più di questa partitocrazia mascherata da democrazia e vorrebbe sradicarla una volta per tutte. Ma la maggioranza di questa minoranza (il 40%) ha scelto invece la partitocrazia votando il Pd, il più partitocratico di tutti i partiti in lizza, quello che conserva ancora, quasi intatti, gli apparati che sono saldamente incistati in ogni settore della società e che, insieme allo sfaldamento dei conservatori di Forza Italia, sono all'origine del suo successo, molto più parziale di quanto appaia dalle percentuali perché solo un italiano su cinque l'ha votato. Matteo Renzi, che ha fatto quasi vent'anni di carriera all'interno della partitocrazia, è l'abile Gattopardo messo in quel posto (anzi che ce l'ha messo in quel posto) per fingere che tutto cambi purché nulla cambi.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 27 maggio 2014
All'indomani degli arresti per lo scandalo dell'Expo e di quello di Claudio Scajola i giornalisti berlusconiani e i berlusconiani propriamente detti sono riusciti a dare il meglio di sè. «Manette grilline» titolava Libero di Maurizio Belpietro, l'insolvente (perché non paga i debiti e nemmeno se ne scusa, il gentiluomo). E Sallusti di rincalzo: «Pareva strano che il partito dei giudici si astenesse dal partecipare a questa campagna elettorale». E Toti, questo fantasma inventato da Berlusconi: «Giustizia a orologeria». Insomma poiché le inchieste hanno colpito bipartisan, i giudici non sono più comunisti: sono diventati grillini. Una cosa talmente comica che non meriterebbe nemmeno un commento ma uno di quegli irridenti 'billet' di dieci righe che scriveva Indro Montanelli sul Giornale quando era ancora un giornale.
Alcuni berluscones sostengono che le inchieste sono state attivate ad arte per coprire le fratture che si sono create all'interno della Procura milanese. E' stato facile per Ilda Boccassini replicare: «Le richieste risalgono a quattro mesi fa». Sarebbe più convincente sostenere che il grande risalto dato alle fratture nella Procura milanese serve per coprire l'enormità e la gravità di uno scandalo come quello dell'Expo che coinvolge tutti i partiti ad eccezione del temutissimo 5Stelle. Ma poi è così pretestuosa l'inchiesta sull'Expo che alcuni dei principali indagati, da Angelo Paris, Direttore della pianificazione acquisti (ora ex) all'imprenditore Enrico Maltauro, stanno già confessando.
L'insolvente Belpietro irride Mani Pulite. «Eh sì, sembra proprio di essere ritornati ai bei tempi di Mani Pulite, quando le retate preventive a ridosso delle elezioni erano la regola». Eh sì, peccato che a quelle 'retate preventive' Belpietro e il suo direttore, Vittorio Feltri, inneggiassero con gioia e «summo cum gaudio» trasformando delle inchieste giudiziarie in una caccia sadica (Carra sbattuto in prima pagina in manette, «il cinghialone», eccetera). Se c'è stato un giornale forcaiolo è L'Indipendente di Feltri e Belpietro. Io c'ero, all'Indipendente, e quei due non possono prendermi in giro. Divennero ultragarantisti quando passarono alla corte di Berlusconi, sempre per 'lorsignori' s'intende, per i delinquentelli da strada vale ciò che dice un'altra di quel giro Daniela Santanchè, detta familiarmente 'la Santa': «In galera subito e buttare via le chiavi».
Quanto a Feltri si occupa, più modestamente, di Scajola, si duole che questo bel giglio di campo sia stato messo in carcere. Che ragione c'era? «Il pericolo di fuga si presenta nel momento in cui scatta la sentenza definitiva». Ah sì, e Dell'Utri che se n'è ito in Libano con prudente anticipo? Pericolo di inquinamento delle prove? «Ma i Pm le hanno già attraverso le intercettazioni telefoniche». Feltri dimentica, anzi non sa, perché in materia è ignorante come pochi, che gli elementi d'accusa dei Pm devono essere vagliati dai Tribunali, altrimenti non ci sarebbe bisogno di una Magistratura giudicante, basterebbe quella requirente, com'è negli Stati totalitari. Il neogarantista Feltri è in contraddizione con se stesso e per tirar fuori Scajola dal gabbio lo dà già per condannato.
Basta. Con costoro è inutile discutere. Diceva un mio amico, grande pokerista: «Gioco contro chiunque tranne che contro la sfiga». Si potrebbe tradurre in: discuto con chiunque tranne che con chi è in malafede. Comunque, visto che la Magistratura ci costa un mucchio di soldi e non serve a nulla perché ci sono esegeti molto più preparati, propongo di istituire un Tribunale Speciale composto da Feltri, Belpietro, Sallusti, Ferrara, Santanché (costei con particolare delega per i reati da strada). Benché Feltri sia parecchio esoso e Belpietro insolvente risparmieremmo un bel po' di quattrini.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 17 maggio 2014