Non è possibile instaurare alcun parallelismo, come fanno invece tutti gli ex Pdl, ma non solo loro, fra le sette telefonate che Silvio Berlusconi fece da Parigi ai funzionari della Questura di Milano perché violassero le procedure nei confronti della minorenne Ruby, sotto interrogatorio per un furto, e l'unica telefonata del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, ai funzionari del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, per segnalare il caso delle gravi condizioni di salute di Giulia Ligresti, figlia di una sua cara amica. Per la semplice, buona e lapalissiana ragione che mentre da quelle pressioni Berlusconi voleva ricavare un vantaggio, e cioè che Ruby non spifferasse quanto succedeva nelle notti di Arcore, dal suo intervento la Cancellieri non riceveva alcun vantaggio, se non sentimentale. Inoltre Berlusconi non si limito' a fare pressioni ma detto' precise indicazioni sul percorso che i funzionari della Questura milanese dovevano seguire affidando la ragazza Ruby a Nicole Minetti. E che in questo intervento non ci fosse nulla di “generoso” e umanitario, come affermo' in seguito il manigoldo, ma al contrario denunciasse la sua spietatezza, lo dice proprio l'affido della ragazza a un tipetto poco raccomandabile come la Minetti che comunque se ne sbarazzo' subito consegnandola a una prostituta ufficiale, la cui casa era l'ultimo posto dove doveva finire una minorenne. Infine, come ha sottolineato il Presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, “la Cancellieri ha sollecitato l'attenzione dell'amministrazione a cui è preposta su un problema di sua competenza”, mentre il presidente del Consiglio (Berlusconi in questo caso) non ha alcuna competenza sugli interrogatori della polizia che si tengano in questa o quella questura. Punto.
Non mi è piaciuto per niente l'articolo in cui Marco Travaglio (Il Fatto, 3/11) fa a fette Anna Maria Cancellieri paragonando il suo caso a quello di Berlusconi. So benissimo anch'io che la legge è uguale per tutti e che ogni detenuto deve avere uguali attenzioni da parte dell'amministrazione penitenziaria. Ma vorrei ricordare a Marco cio' che mi disse una volta Don Giussani: “L'errore è una verità impazzita”. Portare un principio alle sue conseguenze più estreme, in nome di un'assoluta astrazione della legge, da verità si fa errore, perché diventa una cosa disumana. Probabilmente anche il giudice che anni fa condanno' a un paio di anni di reclusione un tale che aveva rubato sei mele in punta di diritto aveva ragione, ma dal punto di vista umano aveva torto. Inoltre mettendo sullo stesso piano cio' che vale cento con cio' che vale al massimo uno si perde ogni gerarchia dei valori, oltre a permettere ai manigoldi di pescare nel torbido.
A parte le questioni di diritto che rendono incommensurabili il caso Berlusconi e il caso Cancellieri, non si puo' mettere sullo stesso piatto il cinismo di Berlusconi con l'atto, certamente poco opportuno dal punto di vista dello 'iure', compiuto dalla Cancellieri per una debolezza affettiva. Per questo, una volta tanto non sto con Marco Travaglio. Sto con Anna Maria Cancellieri.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 5 novembre 2013
Forse non tutto il male vien per nuocere. Chissà che il Datagate non apra finalmente gli occhi all'Europa, non le faccia capire che gli Stati Uniti, oggi, non sono più il nostro maggior alleato ma, oltre che un competitor economico sleale, un nemico e forse il principale. Per la verità è da tempo, da quasi un quarto di secolo, che avremmo dovuto prendere le distanze dall' 'amico americano', dal 1989 quando si dissolse l'Unione Sovietica. Fino ad allora questa alleanza sperequata con gli Stati Uniti, simboleggiata e concretizzata dalla Nato, era stata obbligata perchè solo gli americani avevano il deterrente atomico per dissuadere 'l'orso russo' dal tentare avventure militari in Europa Ovest. Era chiaro, o almeno appariva tale, che se l'Urss avesse osato sganciare la Bomba su Berlino o su Parigi o su Roma missili sarebbero partiti dall'America in direzione di Mosca. Per la verità la cosa non era poi cosi' scontata. Almeno da quando a metà degli anni Ottanta Ronald Reagan, in un momento di brutale franchezza o di inizio di Alzheimer, si lascio' sfuggire che «l'Europa potrebbe essere teatro di una guerra atomica limitata». Comunque sia l'Alleanza Atlantica è stata per quasi settant'anni lo strumento con cui gli americani hanno tenuto l'Europa in stato di sudditanza, militare, politica, economica, culturale e psicologica. Avevamo, è vero, anche un debito di riconoscenza verso di loro: ci avevano liberati dal nazifascismo. Ma, come ha detto la Littizzetto, «quando scade il mutuo?». Sono passati settant'anni. Il mutuo è scaduto. Il pericolo russo non esiste più, anzi la Russia (se si ingoia il rospo del genocidio ceceno, e non è poco) si presenta oggi come un alleato più credibile degli attuali Stati Uniti. In fondo la Russia, almeno nella sua parte al di qua degli Urali, è culturalmente (Dostoevskij, Tolstoj, Cechov, Gogol, Puskin) più vicina all'Europa dell'America. E i nostri interessi di europei non solo non coincidono più con quelli americani, ma divergono. Noi non possiamo avere la stessa politica aggressiva nei confronti del mondo arabo-musulmano. Se non altro perchè questa gente ce l'abbiamo sull'uscio di casa e non a diecimila chilometri di distanza.
Qualche cauto tentativo di sfilarsi dall'abbraccio dell' 'amico americano' da parte di alcuni Paesi europei c'è stato. La Germania non è andata in Iraq, la Spagna di Zapatero si è ritirata. Noi italiani invece ci siamo andati, in 'missione di pace' naturalmente e i nostri militari, credendo alle menzogne dei nostri politici, hanno piazzato il loro quartier generale quasi nel centro di Nassirya con le tragiche conseguenze che conosciamo. Mentre olandesi, canadesi, francesi, polacchi se ne sono andati o se ne stanno andando dall'Afghanistan, noi italiani ci restiamo. Alleati fedeli, fedeli come solo possono esserlo i cani, ma nello stesso tempo sleali perchè non combattiamo e paghiamo i Talebani perchè non ci attacchino e persino ci proteggano. Spendendo cosi' inutilmente 800 milioni di euro che potremmo utilizzare meglio dalle nostre parti.
Ma lasciamo perdere l'Italia, un Paese senza, svuotato di tutto, che geopoliticamente non conta più nulla perchè ha perso il suo ruolo di terra di confine fra Est e Ovest. E' l'Europa nel suo insieme che, approfittando anche del Datagate, deve prendere le distanze dall'Alleanza Atlantica. Anzi liberarsene al più presto. E che gli americani continuino pure a spiarci, ma almeno da nemici e non, beffardamente, da alleati.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 2 novembre 2013
Domenica scorsa il Procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, intervenendo al Congresso dell'Associazione nazionale magistrati, riferendosi al giurista francese Antoine Garapon che aveva denunciato gli atteggiamenti anti istituzionali dell'ex presidente Sarkozy, ha affermato: «Sarkozy quanto ad atteggiamenti anti istituzionali ne ha di strada da fare. Noi siamo andati molto, ma molto più avanti». I berlusconiani sono insorti ritenendo che Bruti Liberati si riferisse al loro leader. E a chi altro semmai? Quale premier in carica, francese o di qualsiasi altro Paese europeo o extraeuropeo, ha affermato, parlando per sopramercato all'estero, che la magistratura del suo Paese, del Paese di cui era alla guida, «è il cancro della democrazia»? Quale altro premier ha dichiarato che «i magistrati sono antropologicamente dei pazzi»? Quale altro ex premier raggiunto da una sentenza definitiva e condannato a quattro anni per frode fiscale, si rifiuta di accettarla e tiene in bilico il governo del suo Paese (pardon, del «mio Paese», del «Paese che amo») che sta attraversando una grave crisi economica, minacciando sconquassi se non gli verrà garantito un salvacondotto, cioè di non pagar dazio per il reato che ha commesso? Tutto questo per Francesco Nitto Palma, presidente Pdl della Commissione Giustizia del Senato, non è grave e su questo non ha mai profferito verbo. «Gravissimo è che il procuratore di Milano, titolare dell'ufficio presso il quale pende un procedimento a carico di Silvio Berlusconi, abbia fatto un chiaro riferimento (al leader della neo Forza Italia, ndr)». Puo' essere che Bruti Liberati, magistrato peraltro molto stimato a Milano, abbia sbagliato. Ma questo è il classico apologo del fuscello e della trave. Non c'è volta in cui il Cavaliere sia stato colpito da un provvedimento giudiziario sfavorevole (ultimo il rinvio a giudizio a Napoli per la presunta corruzione del senatore De Gregorio, presunzione detta in via prudenziale poichè non si vede perchè mai De Gregorio avrebbe dovuto autoaccusarsi per beccarsi una condanna a un anno e otto mesi), che i berlusconiani non siano insorti gridando all' 'accanimento giudiziario', al 'complotto delle toghe politicizzate'. Possibile che tre giudici del Tribunale di Milano, tre della sua Corte d'Appello (caso Mediaset), tre di un'altra sezione del Tribunale milanese (caso concussione/Ruby), uno di Napoli (caso De Gregorio) , cinque di Roma (ancora caso Mediaset) e persino i tre magistrati civili del primo verdetto sulla separazione da Veronica Lario («tre donne comuniste» secondo il Cavaliere) siano tutti in combutta per colpire, violando la legge, Silvio Berlusconi? Che si sia in presenza di un'associazione a delinquere che, in quanto tale, dovrebbe essere denunciata nelle sedi competenti e cioè davanti ad altri Tribunali della Repubblica?
Il fatto è che mentre i berlusconiani non fanno altro che accusare i magistrati di agire in base a 'teoremi', non si accorgono, quando in buona fede, di essere seduti su un'assioma: l'innocenza di Berlusconi 'a prescindere'. Ma mentre un teorema deve essere dimostrato, l'assioma, in quanto petizione di principio, non ha bisogno di questo sforzo. Non ha bisogno di dimostrazioni. E' indistruttibile.]
Particolarmente odioso è che tutte queste illogicità vengano utilizzate per salvare un soggetto condannato in via definitiva per una collossale frode fiscale, proprio in un momento in cui noi, 'gente comune' come veniamo sprezzantemente chiamati, siamo tartassati, è il caso di dirlo, da Equitalia, magari per una disattenzione, una distrazione o un ritardo. Ma per noi non ci sono salvacondotti.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 1 novembre 2013