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Beppe Grillo vorrebbe abrogare l'articolo 67 della Costituzione che cosi' recita: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato». Capisco le preoccupazioni del leader di 5Stelle non solo alla luce dei recenti casi (Scilipoti, Razzi, De Gregorio) ma dell'inveterato malcostume dei partiti di far scorribande in campo altrui. Un campione di queste razzie era Clemente Mastella che pero' aveva perlomeno l'onesta impudicizia di ammetterle e una volta che Cossiga lo rimproverava per una di queste campagne-acquisti rispose candidamente: «Non capisco perchè quando faccio queste cose per il mio partito sono mascalzonate, mentre quando le facevo per Cossiga andavano bene».

Tuttavia non sono d'accordo con Grillo. Bisogna infatti chiedersi perchè i nostri Padri costituenti introdussero questa norma. Perchè con il vincolo di mandato il parlamentare sarebbe completamente alla mercé, più di quanto non lo sia già ora, delle segreterie dei partiti, non avrebbe più alcuna libertà di voto, ogni dibattito interno sarebbe abolito dato che il reprobo non avrebbe altra possibilità che di lasciare il Parlamento. Inoltre è un diritto di libertà quello di mutare opinione. Naturalmente cosa diversa è se il passaggio di casacca avviene in cambio di denaro o altre prebende. Questo è un reato, si chiama corruzione e va perseguito sia chi si fa corrompore sia il corruttore (è l'ipotesi De Gregorio-Berlusconi).

In ogni caso il vero problema non è l'articolo 67. (La dignità, come il coraggio, se uno non ce l'ha non se la puo' dare e anche col vincolo di mandato si troverebbe la maniera di 'tradire' l'elettorato con escamotage ancora più subdoli e ancora meno trasparenti). Il vero problema sono i partiti e l'evidente e profonda crisi della democrazia rappresentativa. Grillo, sulle orme di Rousseau, pensa di sostituirla con la democrazia diretta, via web. Tutti i cittadini potrebbero pronunciarsi su tutto e una volta stabilita, a maggioranza, la volontà popolare i parlamentari non sarebbero più dei 'rappresentanti' del popolo ma, come li chiama Rousseau, dei suoi 'commissari' privi di volontà e di iniziative proprie. Ma Rousseau elaborava la sua teoria per una piccola città come Ginevra e per una società molto meno complessa dell'attuale. Oggi i cittadini, a a parte casi specifici e ben individuati, non possono conoscere veramente, a fondo, le questioni su cui dovrebbero pronunciarsi. La gente, come canta il menestrello Jannacci, «l'ha gà i so' impegn» e non puo' occuparsi di tutto. La democrazia diretta è possibile solo in piccole realtà. E per la verità una democrazia del genere è esistita quando non sapeva di chiamarsi tale. Nell'Europa pre Rivoluzione francese l'assemblea dei capifamiglia decideva su tutto cio' che riguardava il villaggio. Ma decideva con cognizione di causa perchè in quel villaggio ci abitava, su quella terra ci viveva. Mentre il cittadino-web, per forze di cose, è quasi sempre lontano dalle questioni su cui sarebbe chiamato a decidere.

Ci sono vie d'uscita? Un localismo talmente estremo da ridurre al minimo le funzioni dello Stato (sostanzialmente la Difesa e la politica estera) ? Ci credo poco. E' più probabile che col collasso – che prima o poi ci sarà- dell'attuale modello di sviluppo, del mondo del denaro, dell'industria, di quello stesso virtuale su cui Grillo tanto conta e la contemporanea disintegrazione del mondo globale, ci si troverà in una realtà molto simile a quella che si creo' dopo il tracollo dell'Impero romano e delle sue strutture giuridiche, quando la gente si raccolse in feudi e monasteri autosufficenti. Insomma un ritorno al feudalesimo, senza Stato, senza partiti, senza rappresentanti ma anche senza feudatari, come immaginano, o sognano, alcune correnti di pensiero americane.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 7 marzo 2013

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Misteri gaudiosi. Monsignor Ernesto Galli della Loggia scopre che il populismo non è il Male Assoluto. O, quantomeno, che si è fatta molta confusione sul populismo e arriva a legittimarlo anche in certi aspetti del nazismo (Corriere 27/2). I nostri fini dicitori, che dovrebbero essere gli interpreti della realtà, a furia di star chiusi nelle loro stanze di professori, han finito per non capirne nulla, sono stati sorpresi dall'exploit di Grillo e ora cercano disperatamente di riposizionarsi per far dimenticare che per decenni sono stati complici di quella partitocrazia che 5Stelle sta per spazzar via, offrendo i loro servigi al nuovo vincitore. Lo stesso è accaduto agli uomini politici che, saltabeccando da una TV all'altra, parlando in teatrini compiacenti, confabulando in Transatlantico intenti a confezionare sofisticate strategie, non si sono resi conto, fino all'ultimo, che lo 'tsunami' non era una parola ma un'onda che li avrebbe travolti. Eppure non era tanto difficile da capire, bastava scendere in strada, entrare in un bar, prendere un autobus, per capire che aria tirava.

Adesso Bersani, dopo averlo coperto di insulti («indegno», «uno che porta la gente fuori dalla democrazia») implora Grillo di concedergli almeno l' 'appoggio esterno' e gli promette la presidenza della Camera. Ma Grillo ha già risposto con un regolamentare 'vaffa'. Non penso nemmeno, nonostante il leader di 5Stelle si sia espresso in contrario, che Grillo accetterà di votare i singoli provvedimenti che rientrano anche nel suo programma. Perchè non gli conviene contaminarsi, anche solo marginalmente, con una classe dirigente che ha dichiarato di voler spazzar via, tutta. Gli conviene aspettare, come ha fatto finora, che si finisca da sola. L'unica possibilità di formare un governo è una 'Grosse Koalition' fra Pd e Pdl. Ma in tal caso i due ex maggiori partiti si sputtanerebbero definitivamente davanti a quel che resta dei loro elettori e un governo del genere, per le sue insanabili contraddizioni interne, cadrebbe nel giro di pochi mesi. L'altra ipotesi è che si vada alle urne subito, dopo aver cambiato la legge elettorale. In un caso o nell'altro 5Stelle non prenderà più il 25,6% ma il 40 o il 50. Il voto del 26 febbraio è stato solo il primo colpo. Il prossimo sarà quello del ko definitivo.

Il progetto di Grillo va oltre quello di eliminare una classe dirigente degenerata. E' molto più ambizioso. Intende rivedere da cima a fondo un modello di sviluppo, quello occidentale, che ci sta portando al tracollo economico dopo aver realizzato quello sociale, etico, umano. Non so se lo si è davvero capito ma Beppe Grillo è un tradizionalista che utilizza strumenti modernissimi, il web, contro le storture della Modernità. Basta pensare al suo discorso sul lavoro:«Il lavoro è importante, ma non puo' essere tutta la nostra vita, che è fatta di altro». Tradotto significa: meno lavoro, meno guadagni, meno produzione, meno consumi ma più tempo, che è il vero valore della vita, per noi. Una partita difficilissima, che avrà contro tutti gli attuali establishment e che impegnerà le generazioni a venire. Ma almeno il 26 febbraio è stato dato, in Italia, paese storicamente laboratorio, il calcio d'inizio.

Massimo Fini

Il Fatto quotidiano, 2 marzo 2013

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I nostri uomini politici e i loro consiglieri, spesso mascherati da giornalisti, sembrano tante Alici nel Paese delle Meraviglie. Per mesi non si sono accorti del fenomeno Grillo, saltabeccando da una TV all'altra non ne parlavano mai se non per accenni generici al 'populismo' o all' 'antipolitica'. Solo negli ultimi giorni della campagna elettorale è affiorata qualche preoccupazione. Eppure bastava uscire dagli studi televisivi e dai teatrini compiacenti, uscire in strada, entrare nei bar, salire su un autobus per capire che aria tirava. Se chiedevi ad un adulto ti rispondeva: «Questa volta non voto, sono stufo di farmi prendere in giro, oppure lo do' a Grillo». I ragazzi, ma a proporzioni invertite, si dichiaravano 'grillini' oppure 'apo'.

Adesso i partiti sono colpiti da choc anafilattico. La scoppola che han preso è addirittura superiore a quella che appare. In percentuale registrano ancora risultati apparentemente rilevanti (intorno al 30%), ma su un parterre dimezzato. In realtà Berlusconi, che si considera un mezzo vincitore, ha perso rispetto al 2008 più di sei milioni di voti e il Pd, fino a ieri inscalfibile partito monolitico con i suoi grandi apparati, quattro milioni. Il 25% delle astensioni più il 25 e passa andato a Grillo significano, puramente e semplicemente, che un italiano su due non crede più al sistema dei partiti. E non è finita.

Ora Bersani, cui formalmente tocca il tentativo di formare un nuovo governo, colto dal panico, dopo avergli dato dell'«indegno», di «uno che porta la gente fuori dalla democrazia» e appioppato altre consimili gentilezze, corteggia Grillo e gli propone 'un'appoggio esterno' al suo futuribile Esecutivo, la presidenza della Camera, un posto di ministro. Ma se conosco l'uomo e i suoi progetti, e un po' li conosco, non è con questi mezzucci che lo si prende. Non credo nemmeno che Grillo, nonostante si sia espresso in senso contrario, accetterà di votare singoli provvedimenti che rientrano nel suo programma (dimezzamento dei parlamentari, decurtazione dei loro stipendi, abolizione dei vitalizi, eccetera) su cui i partiti, fino a ieri inerti, hanno promesso, solo per paura, di impegnarsi. Perchè non gli conviene. Non gli conviene insozzarsi in alcun modo, in nome di una sbandierata stabilità, con una classe dirigente che ha dichiarato di voler spazzar via, tutta. Gli conviene attendere. Quello del 26 febbraio non è che il primo colpo. L'unica possibilità di formare un governo è una 'Grosse Koalizion' fra Pd e Pdl. Ma in questo caso i due ex maggiori partiti, dopo gli insulti che si sono lanciati in campagna elettorale, perderebbero ulteriormente la faccia, e per le sue insanabili contraddizioni interne un governo del genere cadrebbe nel giro di pochi mesi. Oppure si va ad elezioni subito, naturalmente dopo aver cambiato, in questa occasione si' anche con il voto dei grillini, la legge elettorale. In un caso o nell'altro 5Stelle non conquisterebbe il 25,6 dei consensi, ma il 40 o il 50. E l'avremmo fatta finita, una volta per tutte, con una classe dirigente degenerata.

Dice: è un salto nel buio. Grillo e Casaleggio (anch'egli ora rivalutato nella corsa a compiacere i nuovi vincitori) non vogliono semplicemente abbattere una classe dirigente, intendono rivedere da cima a fondo un modello di sviluppo, quello occidentale, che ci sta portando al tracollo economico dopo aver realizzato quello sociale, etico, umano. Per chi non l'avesse ancora capito Grillo e Casaleggio sono dei tradizionalisti che utilizzano abilmente mezzi modernissimi, il web, contro la Modernità. E' una partita difficilissima e dagli esiti incerti che impegnerà le generazioni a venire. Ma almeno il 26 febbraio è stato dato, in Italia, paese storicamente laboratorio, il calcio d'inizio.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 1 marzo 2013