Siria. E’ stato un grave errore, a mio parere, smantellare lo Stato Islamico che sotto la guida di al-Baghdadi si era costituito nel 2014 a Raqqa (Siria) e Mosul (Iraq), smantellamento dovuto ai bombardieri americani ma con l’aiuto determinante, sul campo, dei curdi che poi, come è sempre stato con i curdi, non furono ringraziati ma, al contrario, messi alla mercé della Turchia e dell’Iraq. Cosa che spiega la loro posizione nel marasma siriano, e non solo siriano, di oggi ma di questo parleremo più avanti.
Lo Stato Islamico costituiva un vantaggio per l’Occidente perché tutti gli Isis erano concentrati in un territorio limitato e avevano un leader riconosciuto e riconoscibile come al-Baghdadi con cui sarebbe stato possibile anche trattare. Vi convergevano inoltre molti foreign fighters europei. Prima dell’insediamento come leader di al-Baghdadi la jihad islamica era dappertutto perfino a Malindi come raccontò, in uno straordinario reportage, una collaboratrice del Fatto.
Lo Stato Islamico aveva un forte appeal sui foreign fighters che vi convergevano, anche sulle donne perché in quello Stato valeva la visione islamica per cui le donne hanno una funzione procreatrice e quindi c’erano regole di sostegno alle puerpere e alle madri. Sembra buffo ricordarlo, ma buffo non è: la compagna di uno di questi foreign fighters chiese se nello Stato Islamico in cui si stavano recando esisteva la lavatrice. C’era.
Oggi l’Isis è dappertutto, in Siria ovviamente, in Iraq, in Somalia dove gli al-Shabaab hanno giurato la loro fedeltà allo Stato Islamico, nei Balcani, cioè a due passi da noi, in molti Paesi del Maghreb, Tunisia, Algeria, Marocco, in Pakistan. La sua presenza è stata invece eliminata in Afghanistan. E bisogna dire che i Talebani sono stati gli unici a combattere realmente l’Isis sul campo. Quando gli Isis si presentarono in Afghanistan i Talebani li affrontarono con durezza, sul campo, ma nello stesso tempo dovevano combattere anche gli occupanti occidentali. Vladimir Putin, in un momento di lucidità, appoggiò i Talebani riconoscendo loro lo status di “gruppo politico e militare non terroristico” mentre per gli States erano dei terroristi perché per gli americani tutto ciò che si oppone all’Occidente è terrorista, mentre come abbiamo visto negli ultimi vent’anni i veri terroristi sono loro insieme a Israele con la guerra all’Afghanistan (2001), per puri motivi ideologici, all’Iraq (2003) e quella alla Libia (2011) del colonnello Mu’ammar Gheddafi, la più devastante visto com’è ridotta ora, dove i “mercanti di morte” per salpare dalle coste libiche devono pagare una taglia all’Isis.
In questo momento gli Isis sono i migliori combattenti sul terreno, prima lo erano i serbi, non solo e non tanto perché non sono alcolisti e in linea generale non si drogano, ma perché hanno la vocazione al martirio, per loro è indifferente farsi saltare in aria e per lo stesso motivo non hanno paura degli scontri corpo a corpo con i nemici, in particolare contro soldati di eserciti regolari privi di ogni motivazione. Insomma hanno il coraggio che agli altri, in genere, manca e in battaglia, secondo Lucio Sergio Catilina, “il pericolo maggiore è per chi maggiormente teme”.
In questa espansione Isis un posto particolare, anche se non determinante, lo meritano i francesi (questi specialisti nel far la parte dei vincitori in guerre che hanno perso e infatti siedono oggi nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, con diritto di veto, insieme a russi, inglesi, americani che i nazisti li hanno combattuti realmente, pur non avendo fatto, grazie al governo Pétain e a De Gaulle, nessuna resistenza, nemmeno quella che fece la Resistenza italiana). I francesi e il Mali. Il Mali era diviso in due parti, il Mali del Sud, con capoluogo Bamako, sotto il pieno controllo dei francesi che vi stampano anche una loro moneta, perché la Francia è rimasta l’ultimo Paese coloniale in senso classico e il Mali del Nord dove convivevano pacificamente i Tuareg, nomadi, i Dogon animisti e islamici non radicali. Ma ai francesi è venuta la smania di prendersi anche il Mali del Nord. Risultato: i Tuareg, nomadi, si sono spostati un po’ più in là, nel deserto, i Dogon sono stati schiacciati ma, soprattutto, gli islamici fin lì pacifici sono diventati degli islamisti radicali, cioè Isis.
L’Isis è il contro specchio dell’Occidente, come l’Occidente vuole imporre a tutto il resto del mondo la sua ideologia e i suoi costumi, l’Isis vuol fare altrettanto imponendo la propria ideologia e i propri valori all’intero universo. Fra i due io sto con gli Isis perché almeno implicano i propri corpi mentre gli occidentali combattono con i droni, con la finanza, con gli strangolamenti economici (vedi, fra i tanti, il Venezuela).
Adesso in Siria e dintorni c’è un “mucchio selvaggio” che è difficilissimo districare. Tutti combattono contro tutti e, nel contempo, sono alleati di tutti. I curdi combattono a fianco degli Isis in funzione anti-turca anche se poi considerano gli Isis degli antagonisti, lo stramaledetto Iran è diventato oggettivamente un nostro alleato perché il governo iraniano farà pure la guerra alle donne che non portano “correttamente” il velo ma certamente non fa entrare nel proprio Paese gruppi armati. Inoltre ha la saggezza di non rispondere seriamente alle continue provocazioni di Israele, altro Paese che ha parecchio da perdere nel marasma siriano.
La Cina, com’è sua abitudine, sta a guardare e forse sarà proprio la Cina, il “terzo incomodo”, a vincere la guerra fra i due opposti totalitarismi, quello occidentale e quello islamico in versione radicale.
3 Dicembre 2024, il Fatto Quotidiano