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Per nulla al mondo vorrei essere il presidente degli Stati Uniti. Non solo perchè non vorrei essere responsabile di alcune decine di migliaia di morti fatti dai miei bombardieri o di decine di assassinii organizzati, col mio consenso, dalla Cia in qualche extraordinary rendition.

Il poveraccio arriva a Roma, la città più affascinante del mondo, per la sua storia, i suoi monumenti, la varietà dei suoi stili architettonici, dal romano antico al rinascimentale al barocco all'umbertino, per il suo ocra, per i suoi grandi parchi, per la sua dolce mollezza e per la sua gente, cinica, scettica, indolente, caciarona, e non solo deve perdere buona parte del suo poco tempo con una testa cava come Napolitano, un volgare ragazzotto fiorentino che si crede indispensabile (monito ricorrente: «lascio la politica») e persino col Papa perchè dalle sue parti ha bisogno dei voti dei cattolici (ma in questo caso Obama ha fregato Bergoglio sulla 'retorica della modestia': gli ha regalato dei semi), ma dalla sua supercorazzata, con finestrini a cinque strati di vetro, seguita da 26 auto di scorta, di tutto questo, in una città blindata, non vede niente. Il poveraccio vuole andare a vedere il Colosseo che, influenzato forse da alcuni film hollywoodiani, immagina sia qualcosa di simile a uno stadio da baseball. Quello che vede è un Colosseo senza turisti, senza ciceroni, senza i finti gladiatori con le spade insanguinate di vernice rossa. Un Colosseo surreale, che non è mai esistito, nè nel presente nè, ovviamente, nel passato. Un plastico. Avrebbe fatto prima a guardarselo per cartolina o, meglio ancora, via Internet. Al poveraccio sarebbe piaciuto andare a cenare la sera in una trattoria romana, in qualche quartiere caratteristico, a Trastevere o a Campo de' Fiori, anche per avere un minimo di contatto con la gente di Roma. Ma vi rinuncia perchè capisce- non è cretino, è solo americano- che attorno avrebbe avuto solo agenti della sicurezza travestiti da comparse di Cinecittà.

E' difficile la vita dei potenti, oggi. Per quanto democratici si teme sempre che ci sia qualcuno che voglia tirargli se non una fucilata, almeno un qualche simbolico, ma pesante, cimelio (in questo caso una riproduzione del Colosseo).

Anni Trenta. Su una delle strade consolari di Roma due macchine, due Appia, guidate entrambe da un uomo, senza altri passeggeri a bordo, cominciano a farsi dei sorpassi azzardati, spericolati, provocatori. I due guidatori fermano le macchine, decisi a fare a cazzotti. Dalla prima esce Fulvio Bernardini, il centromediano della Nazionale, dall'altra Benito Mussolini. Rinunciano a scazzotarsi. Al Duce piaceva andare al mare nella sua Romagna. Prendeva la macchina e guidando da solo per il lungo tragitto si fermava a dormire in una certa trattoria (che esiste ancora, con la sua stanza così com'era allora) subito dopo la splendida gola del Furlo. La mattina riprendeva la macchina e, arrivato a Riccione, indossato il costumone, si cacciava a bagno senza che nessuno gli rompesse i coglioni.

Facciamo retrocedere la moviola di duemila anni. A Nerone, giovanissimo imperatore, piaceva andare la notte, travestito da schiavo, al Ponte Milvio che era uno dei luoghi più turbolenti di Roma. Perchè voleva sentire di persona cosa diceva e pensava veramente la gente (attitudine che non farebbe male ai nostri politici). Qualche volta veniva coinvolto in una rissa e tornava a Palazzo con un occhio nero.

Se Barack Obama vuole conoscere veramente Roma gli consiglierei di tornarci travestito, non da schiavo (quelli stanno a Guantanamo), ma da portalettere.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2014

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L'avanzata di Marine Le Pen in Francia, coniugata col fenomeno forse ancora più interessante di un'astensione, il 38%, che mai era stata così alta nel Paese transalpino, dei cosiddetti 'populismi' (confesso che non ho mai capito bene cosa significhi il termine 'populismo' e perchè debba avere un significato spregiativo), lo stesso indipendentismo veneto, la cui consistenza è stata documentata dal recente referendum, viene unanimamente interpretata come una protesta contro l'Europa. Secondo me l'Europa è il bersaglio più facile, poichè è astratto, su cui scaricare un disagio molto più profondo che la crisi economica (peraltro ancora molto relativa in Occidente, verrà di peggio) acuisce ma non determina.

In discussione non è l'Europa ma il modello di sviluppo occidentale. Se ne è accorta perfino la Nasa. Uno studio finanziato dal Goddard Space Flight Center, filiale della Nasa, è arrivato alla conclusione che «la nostra civiltà presenta sintomi di degrado molto gravi ed è prossima a una fine che, senza interventi adeguati, arriverà molto presto, nel giro di qualche decade». Scrive ancora la Nasa: «Bisognerebbe cominciare a modificare in peggio il tenore di vita del mondo occidentale». Sono le cose che vado scrivendo da più di un quarto di secolo ('La Ragione aveva Torto?', 1985): un sistema basato sulle crescite esponenziali, che esistono in matematica ma non in natura, è destinato prima o poi al collasso. Potrebbe dire il lettore: che me ne importa di ciò che accadrà fra qualche decennio, io vivo ora. Oppure col sarcasmo di Oscar Wilde: «Che cosa hanno fatto i posteri per noi?». Il fatto è che noi viviamo male già ora, in preda a ritmi disumani che non sono solo quelli del lavoro ma dell'intera nostra vita. C'è un bel libro di una giornalista del Washington Post, Brigid Schulte (dal titolo impossibile, 'Overwhelmed') che affronta il concetto di 'Tempo' che assicuratasi la sussistenza, è il vero valore delle nostre vite oltre che il suo padrone, più di qualsiasi oggetto materiale. Nel senso che non abbiamo mai tempo per noi stessi. Il cosiddetto 'tempo libero' non è affatto tale, deve essere riempito, 'indaffarato' scrive la Schulte, insomma consumato (basta vedere come i genitori di oggi riempiono le giornate dei loro bambini, con lezioni di tennis, di nuoto, di piano, ma lasciateli andare a giocare, perdio). Lo stesso concetto di 'tempo libero' ha in sè qualcosa di mostruoso. Nella società contadina, preindustriale, non esisteva: il lavoro sfumava gradualmente nel riposo e il riposo nel lavoro. Non c'erano cartellini da timbrare.

Il principio del pendolo, su cui si basa l'orologio moderno, fu scoperto da Galileo nel 1583 e poi utilizzato, con alcuni accorgimenti, da Huygens che nel 1657 creò il primo orologio a bilanciere, da tasca, ad uso privato. Prima c'erano solo i grandi orologi pubblici che battevano le ore dalle torri delle cattedrali. Nel bel libro 'La Regina che faceva la colf', lei, la Regina, che fino ad allora era vissuta nel piccolo villaggio di Besoro nel sud del Ghana, quando arriva in Italia la prima cosa che la colpisce è che tutti portano un orologio al polso. Da lei quando l'ombra di un certo grande baobab cominciava a lambire le prime capanne del villaggio voleva dire che era venuta sera.

L'orologio è una metafora della Modernità. Le sue lancette scandiscono i ritmi del nostro tempo e ce ne espropriano invece di rendercene padroni. Se n'è accorta anche la Nasa.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 29 marzo 2014

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Michele Emiliano, sindaco di Bari, ha proposto di sottrarre ai genitori mafiosi i loro figli «perchè i mafiosi non possono essere custodi di valori positivi». Credo che neanche Pol Pot sia arrivato a tanto.

Questo è lo Stato etico, contro cui i liberali si sono sempre battuti e che gli pseudoliberali di oggi tentano ad ogni momento di reintrodurre, che vuole imporre con la forza i propri valori a cittadini non più tali, ma diventati sudditi. E' lo Stato fascista, nazista, sovietico, cambogiano. Un concetto come quello espresso dal sindaco di Bari, sia pur con le migliori intenzioni (ma si sa che l'Inferno è lastricato di buone intenzioni), non dovrebbe esistere in una liberaldemocrazia.

Premetto che se c'è un mondo che mi fa orrore è quello mafioso. Non perchè è criminale -di criminali in giro ce ne sono a carrettate- ma perchè fa moralmente schifo. Il mafioso mette nell'acido il bambino sequestrato e poi la sera si commuove ascoltando 'My way' di Frank Sinatra. Bisogna essere almeno all'altezza delle proprie cattive azioni. Preferisco i nazisti. Sono più coerenti nella loro crudeltà.

La proposta del sindaco di Bari è pericolosa perchè, come ogni volta che si sfonda un principio, si sa dove si comincia ma non dove si va a finire. Si comincia con i figli dei mafiosi, si continua con i figli di soggetti considerati 'viziosi' (cocainomani, alcolisti, ludo dipendenti, eccetera) e si finisce col sottrarre i figli «alle famiglie povere che hanno problemi educativi» come si esprime lo stesso Emiliano (cosa che peraltro è già successa come se la povera gente fosse più incapace di educare i propri figli delle madri delle 'parioline' che spingevano le loro 'bambine' a prostituirsi).

La mafia si combatte innanzitutto con la repressione. L'unico a provarci seriamente fu il fascismo che, col prefetto Mori, la sbaraccò. Perchè un regime forte non tollera al proprio interno altri poteri forti (è lo stesso motivo per cui Saddam Hussein non ne voleva sapere di avere Bin Laden fra i piedi). Purtroppo pur di sconfiggere il fascismo gli americani si servirono della mafia siciliana che, in un paio di giorni, gli aprì l'isola come una scatola di sardine. E queste cose si pagano. Da allora la debole democrazia italiana ha dovuto avere rapporti con la mafia. Non solo Andreotti, contro cui si accanisce Marco Travaglio, ma proprio tutti i politici compreso l'integerrimo La Malfa (quello vero, Ugo) attraverso il suo uomo in Sicilia, Gunnella.

L'altro modo per combattere la mafia è culturale. Ma qui sta il punto. La mafia di oggi ci fa particolarmente orrore perchè ammazza bambini e donne e ha perso anche i suoi antichi codici. Ma la malavita, si tratti di mafia, di camorra, di criminalità finanziaria, non è che il riflesso malato della società civile. E una società senza dignità e senza onore, qual'è, in tutti i settori, la nostra, non può che produrre una malavita senza dignità e senza onore.

Il sindaco Michele Emiliano ritorni in sè. O saremo costretti, poichè parla di genitori «incapaci di essere custodi di valori positivi per i figli», a sottrarre a Silvio Berlusconi la partia potestà su Pier Silvio, Marina, Barbara e il famoso nipotino, lasciandogli solo Dudù (ma anche i cani possono essere influenzati dalle cattive compagnie).

Massimo Fini

Il fatto Quotidiano, 22 marzo 2014