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Come se gli italiani non avessero altro a cui pensare alcuni giornali si dedicano in questi giorni alla celebrazione dei dieci anni dalla morte di Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica dal 1985 al 1992.

Francesco Cossiga è passato alla Storia, pardon alla cronaca, perché con la Storia non ha nulla a che vedere, come il “picconatore” che contribuì a far cadere la Prima Repubblica. E’ una leggenda metropolitana. Se “picconò” mai qualcosa, fra il 1990 e il 1992, quando era Capo dello Stato, fu proprio quello che allora veniva chiamato ”il nuovo che avanza”: la Lega, la Rete, Leoluca Orlando e quella parte della Magistratura che faceva i primi passi  per richiamare la classe dirigente a quel rispetto delle leggi cui tutti noi normali cittadini siamo obbligati, mentre difese fino all’ultimo i socialisti che della sozzura partitocratica erano considerati l’emblema. Poiché lo criticavo sull’Europeo mi invitò al Quirinale. Fu, devo dire, un incontro piacevole durante il quale mi mostrò anche i suoi soldatini. Benché fosse stato riformato al servizio di leva, o forse proprio per questo, aveva una passione smodata, e come si scoprirà in seguito non del tutto innocente, per le divise, i militari, le Forze Armate, i servizi segreti più o meno deviati . Tanto che nel 1961 si era fatto nominare capitano di corvetta da Giuseppe Gronchi e nel 1972 capitano di fregata da Giovanni Leone, finché nel 1980, nonostante le sue disperate resistenze, i comandi militari posero fine a questa farsa. Ma questi sono forse peccati veniali di un narciso impenitente. Durante quell’incontro gli chiesi perché mai difendesse i socialisti. “O bella, rispose, perché i socialisti difendono me.”.  Che non è esattamente un modo di ragionare da Presidente della Repubblica a cui il ruolo impone l’imparzialità. Ma qui siamo ancora nell’ambito dei peccati veniali, chiamiamoli da Purgatorio. Nel 1994 Gianfranco Miglio nel libro Io, Bossi e la Lega raccontò che il 26 maggio del 1990, pochi giorni dopo l’affermazione della Lega di Bossi alle amministrative, Cossiga, allora capo dello Stato, aveva telefonato a Gianfranco Miglio, che della Lega era la mente pensante, soffiandogli nella cornetta in tono concitato: “Di’ ai tuoi amici leghisti che sono indignato con loro: devono piantarla. Non mi mancano i mezzi per persuaderli. Rovinerò Bossi facendogli trovare la sua automobile imbottita di droga; lo incastrerò. E, quanto ai cittadini che votano per la Lega, li farò pentire:  nelle località che più simpatizzano per il vostro movimento aumenteremo gli agenti della Guardia di Finanza e della Polizia; anzi li aumenteremo in proporzione al voto registrato. I negozianti e i piccoli e grossi imprenditori che vi aiutano verranno passati al setaccio: manderemo a controllare i loro registri fiscali e le loro partite Iva; non li lasceremo in pace un momento. Tutta questa pagliacciata della Lega deve finire!” (Io, Bossi e la Lega, pag. 27, Editore Mondadori). Un fatto di una gravità inaudita, che Cossiga non smentì mai, e che, con la complicità dei media, i soliti media, passò praticamente sotto silenzio. Eppure quell’intervento di Cossiga era da Ghepeu o da Gestapo. Tuttora l’episodio è poco noto. Più nota, forse perché più folcloristica, è la serqua di insulti che tra il 1990 e il 1992 Cossiga cominciò a rovesciare, nel modo più sgangherato e volgare, su uomini politici e non con cui aveva vecchie e nuove ruggini personali: “piccolo uomo e traditore” (il dc Onorato), “cappone” (il dc Galloni), “zombie con i baffi” (il pds Occhetto), “poveretto” (il dc Flamigni), “analfabeta di ritorno” (il dc Zolla), “emerito mascalzone, piccolo e scemo” (il dc Cabras), “cialtrone e gran figlio di puttana” (Wallis, caporedattore della Reuter) e, infine, un omnicomprensivo “accozzaglia di zombie e di superzombie” appioppato all’intero Parlamento. Da allora si aprirono le cateratte e fu una serie di messaggi trasversali, cifrati, allusivi, intimidatori, secondo il suo miglior stile. Per giustificarlo si cominciò a dire che Cossiga era matto e gli inglesi lo soprannominarono “lepre marzolina”. Purtroppo matto non era affatto, intimidire e cospirare, come si evince tra l’altro dall’episodio raccontato da Miglio, stava nel suo dna. E’ stato Cossiga l’artefice della formazione paramilitare, parallela e clandestina, chiamata Gladio a servizio della CIA.

Francesco Cossiga è stato il peggior Presidente della Repubblica italiana? Non so. Forse in questa gara lo precede Sandro Pertini, il “presidente più amato dagli italiani”, che negli ultimi anni era andato fuori di melone (il vecchio Pietro Nenni diceva: “a me ha preso alle gambe, a lui alla testa”). Certamente è stato il più losco.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 20 agosto 2020

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Sul giornale del 12 agosto il direttore Alessandro Sallusti così descrive Virginia Raggi: “La signora è stata il peggior sindaco della storia romana, monumento perenne all’incapacità. La città non è mai stata così conciata da tutti i punti di vista: sporcizia e incuria sono temi all’ordine del giorno, la gestione del trasporto pubblico una barzelletta… “. Un giudizio apodittico, senza appello. Del resto quando si tratta di “grillini” la loro incapacità è data per scontata, ma nel caso di Raggi c’è un accanimento particolare.

Io invece stimo Virginia Raggi. Ammiro la tenuta nervosa di questa giovane e bella donna che da quando è sindaco di Roma ha dovuto tener testa a un volume incredibile di attacchi portati da ogni settore del circuito mediatico e politico (è questo il vero “plotone di esecuzione”, mister Berlusconi). Non aveva fatto ancora in tempo a mettere piede in Campidoglio che il Corriere della Sera, non la Gazzetta di Peretola, inaugurava su due pagine una rubrica intitolata “Caos Roma”. Il Corriere e tutti gli altri media nazionali scoprivano le strade dissestate di Roma, come se non ci fossero mai state prima, i topi di Roma, i ragni di Roma, le ragnatele di Roma, i maiali di Roma, gli ippopotami di Roma e, per non farsi mancar nulla, anche animali fiabeschi come l’ippogrifo e l’ircocervo. Se Raggi si affacciava sulla terrazza del Campidoglio con un collaboratore le veniva subito appioppato come amante. A questa insaziabile ninfomane ne sono stati attribuiti una dozzina e su Libero Vittorio Feltri, il campione olimpionico della volgarità, ha titolato “La patata bollente”. Nell’estate del 2017 Roma è stata colpita da un periodo di grave siccità per cui l’acqua faticava ad arrivare ai rubinetti. Di chi la colpa? Naturalmente di Virginia Raggi. Per cui si è dovuto cambiare il celebre motto “piove governo ladro” in “non piove governo ladro”. E’ seguito un periodo alluvionale che ha allagato qualche quartiere periferico di Roma. Di chi la colpa? Di Virginia Raggi naturalmente. A Milano periodicamente straripa il Seveso, un fiumiciattolo insignificante che oltretutto scorre  in pianura ed è quindi facilmente contenibile a differenza di un torrente che vien giù dalle montagne alle spalle di Genova, si allaga mezza città ma nessuno si sogna di darne la responsabilità al sindaco Sala.

Roma è una città clientelare e parassitaria dall’epoca della Repubblica e dell’Impero romani. La “plebs frumentaria” non lavorava e si manteneva con gli aiuti dello Stato, cioè grano come dice il nome stesso. Questi fainéant, non avendo appunto niente da fare, erano causa di continue risse e tumulti. Non tutti però gli appartenenti alla “plebs frumentaria” erano volutamente dei fannulloni. Non tutti infatti erano romani, per una certa parte si trattava di contadini e piccoli proprietari provenienti dall’Etruria che erano stati spossessati dei loro terreni dai latifondi senatoriali. Il primo a porsi seriamente il problema fu Catilina, il quale fece approntare dal tribuno  Servilio Rullo una legge, la “legge agraria”, che se approvata avrebbe consentito di tagliare le unghie ai latifondisti e restituire una parte dei terreni ai vecchi proprietari. In questa occasione Cicerone, con l’orazione De lege agraria si superò ammonendo la plebe che se si spostava da Roma non avrebbe più potuto vendere la cartella, cioè il loro voto. Il programma catilinario era esplosivo e questo grande aristocratico romano, difensore degli “umiliati e offesi”, perse in battaglia la sua battaglia. Sulla linea di Catilina si metterà un secolo dopo l’imperatore Caligola. Che verrà regolarmente assassinato. Per infamarlo si è detto e anche purtroppo scritto che era un pazzo che aveva nominato senatore il suo cavallo. Per la verità i fannulloni a Roma non erano soltanto i plebei, ma anche, e soprattutto, i senatori che volevano solo godersi le loro ricchezze e i loro latifondi e non volevano saperne di lavorare  cioè, nel loro caso, di partecipare al governo della cosa pubblica. Allora Caligola disse: “se le cose stanno così allora potrei nominare senatore anche il mio cavallo”. Che è cosa un po’ diversa. Nerone, altro infamato seriale, fu colui che, in modo meno irruente di Catilina e Caligola, cercò di portare nell’Impero un minimo di perequazione sociale e politica. Cercò in tutti i modi di associare i senatori al governo dello Stato, ma di fronte alla loro riluttanza in un discorso famoso tenuto in Senato li accusò letteralmente di assenteismo, parola molto moderna. Fu costretto a suicidarsi.

Roma è quindi da sempre una città lassista e corrotta in quasi ogni strato sociale. Come si può pensare che un sindaco, in soli cinque anni, rimonti duemila anni di Storia. Inoltre, nel frattempo, la situazione di Roma si è aggravata perché la Capitale ha assorbito, come una cozza, il peggio delle emigrazioni dal Meridione, con la loro mentalità intrinsecamente mafiosa ( i meridionali che vennero al nord all’epoca del boom era gente che aveva voglia di lavorare e che si integrò benissimo). Quando venne alla ribalta, diciamo così, il “mondo di mezzo”, i media, i soliti media, esultarono perché non risultava che fosse legato alla Mafia propriamente detta, senza rendersi conto che era molto peggio perché la Mafia è almeno una struttura organizzata, mentre il “mondo di mezzo” è liquido e dentro ci puoi trovare di tutto. Virginia Raggi è stata accusata per alcune scelte sbagliate, ma io sfido chiunque a trovare in Roma, quando si seleziona il personale amministrativo, qualcuno di cui si possa esser certi che non ha qualche scheletro nell’armadio. Comunque Raggi è stata sempre assolta.

Raggi non ha fatto assolutamente nulla, come pretende Sallusti? Ha detto no alle Olimpiadi a Roma rendendosi conto che la città, nelle condizioni in cui è, non può reggere un simile impegno. Apriti cielo: i soliti “grillini” che, da quegli incompetenti che sono, dicono sempre niet a tutto. Ma no alle Olimpiadi lo aveva detto anche Mario Monti che di tutto si può accusare tranne che di essere un improvvisato.

Raggi ha dimezzato le cubature della speculazione edilizia che si voleva fare sui terreni dell’ex ippodromo di Tor di Valle in relazione al nuovo stadio della Roma. A Milano si vuole abbattere lo stadio di San Siro, un monumento nazionale, per consentire alle proprietà transnazionali di Inter e Milan un’enorme speculazione edilizia negli spazi adiacenti.

C’è infine una cosa che ha fatto Virginia Raggi che dovrebbe piacere persino a Sallusti. Nel novembre del 2017 il sindaco “nullafacente” guidò personalmente 500   agenti della polizia municipale per abbattere otto ville abusive appartenenti al clan dei Casamonica. Insomma ci ha messo la faccia. Sallusti, mi spiace dirlo, alle volte quando scrive ci mette solo il culo.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 15 agosto 2020

 

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Angela Merkel sta facendo una politica coraggiosa, con il tentativo di portare l’Europa ad un punto di equidistanza sta Stati Uniti e Russia. Lo ha detto chiaramente “gli americani non sono più i nostri amici di un tempo”, ed è vero, sono comunque dei competitor economici.


In Europa spadroneggiano, per esempio noi italiani noi possiamo avere rapporti economici con l’Iran perché Trump ha dato questo diktat. Loro si ritengono ancora i padroni dell’Europa ed in parte lo sono ancora, ma il tentativo della Merkel è di spingere verso un equidistanza e devo dire ancora di più verso una maggiore vicinanza con la Russia piuttosto che con gli Stati Uniti, per ragioni molto semplici: per vicinanza geografica, poi per ragioni energetiche in fine per ragioni culturali.  Se andiamo a vedere alla fine tutta una generazione di europei è stata influenzata da autori come Dostoevskij, Tolstoj, Gogol’, Puškin. Questo è il tentativo della Merkel ma deve andarci cauta perché ci sono ottanta basi americane tra cui alcuni nucleari in Germania e sessanta in Italia e tante altre un po’ dappertutto in Europa. Io vedo questa linea qui, poi bisognerà capire se chi le succederà continuerà su questa line con altrettanto coraggio e  forza.

Massimo Fini è un giornalista, saggista e attivista italiano. È stato una delle firme più note de L’Europeo negli anni 1970-1990, de Il Giorno negli anni 1980 e de L’Indipendente negli anni 1990, ed è ritenuto un «profondo conoscitore dello scenario internazionale». Attualmente lavora per Il “Fatto Quotidiano”,Il “Gazzettino” e dirige il mensile “La Voce del Ribelle” con la collaborazione di Valerio Lo Monaco. Ha partecipato, insieme a Daniele Vimercati, alla rifondazione del “Borghese”, storico settimanale fondato da Leo Longanesi. Nel suo deambulare alla ricerca di spazi liberi ha collaborato con quasi 100 testate. Ha pubblicato: ‘La Ragione aveva Torto?’ (Camunia 1985, ripubblicato da Marsilio in edizione tascabile nel 2004); ‘Elogio della guerra’ (Mondadori 1989 e Marsilio 1999); ‘Il Conformista’ (Mondadori 1990); ‘Nerone, 2000 anni di calunnie’ (Mondadori 1993); ‘Catilina, ritratto di un uomo in rivolta’ (Mondadori 1996); ‘Il denaro, “sterco del demonio”‘ (Marsilio 1998); “Dizionario erotico, manuale contro la donna a favore della femmina”, (Marsilio 2000); “Nietzsche, L’ apolide dell’ esistenza” (Marsilio 2002), “Il vizio oscuro dell’ Occidente” (Marsilio 2003) ; “Sudditi” (Marsilio 2004); “Il Ribelle dalla A alla Z” (Marsilio 2006); “Ragazzo. Storia di una vecchiaia” (Marsilio 2007); “Il dio Thot ” (Marsilio 2009); “Senz’anima” (Chiarelettere 2010); “Il Mullah Omar” (Marsilio, aprile 2011), biografia controcorrente del leader dei Talebani. E’ stato anche attore e autore dell’ opera teatrale “Cyrano, se vi pare”per la regia di Eduardo Fiorillo.

Daniele Ceccarini

RussiaPrivet, 13 agosto 2020

 

RussiaPrivet è la più importante agenzia di stampa russa. Nemo profeta in patria, come suol dirsi.

m.f.

 

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