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La debolezza della democrazia sta proprio in quella che viene considerata la sua essenza: la libera scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. Per la verità nella testa di Locke e Stuart Mill c'era che questa scelta riguardasse singoli individui. I partiti non erano contemplati. Ma queste aggregazioni si formarono quasi subito contraddicendo così nel profondo il pensiero liberale che voleva valorizzare meriti, capacità, potenzialità dei singoli individui contro le oligarchie e che ne vengono invece schiacciati. A questo proposito ha detto parole definitive Gaetano Mosca che ne 'La classe politica' scrive: «Cento che agiscano sempre di concerto e d'intesa gli uni con gli altri trionferanno sempre su mille presi uno a uno che non avranno alcun accordo fra loro». I partiti non sono l'essenza della democrazia, almeno di quella liberale, come sempre si dice, ma la sua fine. Un'ulteriore conseguenza è che il governante democratico, dovendo tener conto, a causa della competizione elettorale, del consenso non può prendere decisioni di lungo respiro, impopolari, ma può agire solo sul 'qui e ora'. Non guida il popolo, come vorrebbe la sua funzione, ma ne è guidato.

Proprio perché basate sulla competizione fra partiti le democrazie sono, storicamente e statisticamente, fra i regimi più corrotti del mondo. I partiti per competere hanno bisogno di soldi. L'Italia nella classifica della corruzione è al 69° posto. Ma ha una storia particolare. Paese di frontiera fra Est e Ovest, i suoi partiti sono stati finanziati per decenni da potenze straniere, Dc e Psdi dagli americani, il Pci dall'Urss. Restavano fuori i socialisti che non a caso saranno i più assatanati durante l'epopea di Tangentopoli. In seguito, illanguidendosi quei finanziamenti esteri, lo scenario cambia. In un articolo pubblicato dal Lavoro l'11 ottobre del 1979 raccontavo come nei 'salotti' romani si potevano vedere «politici comunisti, socialisti, del Manifesto variamente intrecciati con palazzinari, mafiosi d'alto bordo... il parlamentare comunista che, appena lanciate durissime accuse contro la mafia, ammicca complice al palazzinaro notoriamente legato ad ambienti mafiosi». Il 'mondo di mezzo' era, sia pur in nuce, già qui. E Renzi dovrebbe avere il pudore di non fingersi «sconvolto» dalle recenti inchieste romane perché 'il mondo di mezzo' ha origini proprio nella sinistra, allora egemone, e il premier, per quanto giovane, non può ignorare la storia del partito che oggi dirige. La terza fase della corruzione in Italia è quella di Tangentopoli. Nemmeno l'avvertimento di Mani Pulite è servito ai partiti per emendarsi. Al contrario, ci hanno messo pochi anni a trasformare i ladri in vittime e la Magistratura nel bersaglio preferito. Del resto una classe partitica interamente corrotta, al 100% se nel termine facciamo rientrare anche il clientelismo, il familismo, la mentalità intimamente mafiosa, non poteva combattere seriamente la corruzione senza scavarsi la fossa sotto i piedi. E così arriviamo alla quarta fase, all'oggi. Ma con una differenza di non poco conto che è stata sottolineata da tutti. Se prima era la politica corrotta e corruttibile a dirigere le danze, adesso deve ubbidire alla criminalità cui si è strettamente intrecciata. Non solo a Roma ma in tutte le regioni del Paese e quindi nell'Italia intera, noi siamo governati non da coloro che formalmente rappresentano le Istituzioni, ma da una qualche 'banda della Magliana'.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2014

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In un articolo pubblicato l'11 ottobre del 1979 sul Lavoro e intitolato 'Un salotto sinistro', scrivevo: «Basta entrare in un 'salotto' romano per rendersi conto che in Italia non si farà mai la Rivoluzione. Né le riforme. Né nulla di serio. Basta entrare in una di quelle stupende case -belle come solo a Roma possono essere- e vedere prestigiosi uomini politici, comunisti, socialisti, del Manifesto, variamente intrecciati con palazzinari, mafiosi d'alto bordo, giornalisti dall'aria di manutengoli, direttori democristiani di reti televisive, cocottes...e parassiti di tutte le risme, per capire com'è conciata la sinistra in Italia. Quando vedi il parlamentare comunista che, appena lanciate durissime accuse contro la mafia, ammicca complice al palazzinaro notoriamente legato ad ambienti mafiosi, ti rendi conto che le polemiche, gli attacchi, i furibondi scontri, gli scazzi ideologici di cui i giornali quotidianamente ci informano, non sono che lo spettacolo della democrazia, la parodia della democrazia, ma che la realtà è qui...Questo cancro enorme sta terzomondizzando l'Italia. E le sue metastasi, che si chiamano clientelismo, burocratismo, parassitismo, mentalità mafiosa, corruzione, si diramano ormai ovunque».

Il 'mondo di mezzo' esisteva già allora, 35 anni fa. E se in quel articolo puntavo il dito soprattutto sulla sinistra era solo perché in quell'epoca postsessantottina la sinistra era egemone. Ma è bastato che la destra ritornasse sulla scena politica perché si infangasse nella stessa melma.

Da allora e dalla successiva Tangentopoli nulla è cambiato. Se non in peggio. Se prima era la politica corrotta e corruttibile a comandare, adesso deve ubbidire alla criminalità cui si è intrecciata. Siamo governati dalla banda della Magliana.

E non poteva che finire così. Perché una classe dirigente interamente corrotta, se in questo termine facciamo rientrare anche il clientelismo, il parassitismo, la mentalità mafiosa di cui parlavo in quel lontano articolo del 1979, non poteva combattere il sistema del malaffare senza scavarsi la fossa sotto i piedi. Nemmeno l'avvertimento di Mani Pulite è servito. In due balletti i ladri sono diventati le vittime e la Magistratura il bersaglio preferito della classe politica. Ed è inutile oltre che oltraggiosamente ipocrita che adesso esponenti delle Istituzioni, novelle 'Vispe Terese', si facciano prendere da 'sdegno' e affermino che «le inchieste devono andare avanti», perché sappiamo benissimo che, come con Mani Pulite, si riuscirà a innocuizzarle e a far finire il tutto in un nulla di fatto. Dopo Mani Pulite c'è stata la lunga stagione berlusconiana in cui un 'delinquente naturale', come lo ha definito il Tribunale di Milano, ha guidato il Paese autoassolvendosi dai propri reati semplicemente abolendoli con leggi 'ad hoc' e quando alla fine è stato condannato sconta la pena in un modo così grottesco e irridente da far percepire come vittime coloro che in galera ci stanno sul serio.

I cittadini, scandalo dopo scandalo, violenza dopo violenza, avendo finalmente capito, anche perché percossi dalla crisi economica, da che razza di classe dirigente si sono lasciati governare negli ultimi trent'anni, hanno cercato di reagire. Prima puntando sul movimento di Grillo che perlomeno ha portato in Parlamento delle persone oneste. Ma la classe politica, avvertendo il pericolo, l'ha immediatamente demonizzato, come già aveva fatto, per lo stesso motivo, con la prima Lega. Adesso i cittadini si sono rifugiati nell'astensione che ha raggiunto quasi il 70%. Ma non servirà a nulla. Ci vorrebbe uno scatto d' orgoglio, una rivolta popolare, alla tunisina, per spazzar via l'indecenza di un'intera classe politica e poter ricominciare da capo.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 5 dicembre 2014

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All'indomani delle elezioni amministrative della primavera del 2012 in un articolo intitolato «Ecco perché il voto del 2013 potrebbe segnare la fine della democrazia» (Il Gazzettino, 11/5/2012) di fronte a un'astensione che stava montando di tornata in tornata, scrivevo: «Nel 2013...l'astensione potrebbe diventare valanga. I partiti non sembrano rendersi conto che stanno ballando sull'orlo di un vulcano in eruzione. La crisi ha aperto gli occhi ai cittadini che scoprono di essere presi in giro da almeno trent'anni, governasse la destra o la sinistra o tutte e due insieme». E concludevo: «Le elezioni del 2013, Grillo o non Grillo, potrebbero segnare, con un' 'astensione colossale', la fine della democrazia rappresentativa». Nel 2013 ci fu un'ulteriore erosione dell'elettorato, ma quell'«astensione colossale» che io prevedevo già per quell'anno è arrivata ora, nell'autunno del 2014. E solo adesso, tranne Renzi che fa il pesce in barile e definisce l'astensione 'secondaria' e Matteo Salvini che finge di aver vinto un'elezione che invece ha perso, come tutti, perché dai 116.394 voti delle europee è passato ai 49.736 di oggi, tutti gli esponenti di partito, i commentatori, i giornalisti scoprono l'esistenza del fenomeno. Naturalmente cercano di sminuirne la portata attribuendolo al tempo ridotto per votare, agli scontri in atto all'interno del Pd e a quelli con i sindacati, agli scandali emersi in Emilia Romagna, alle inchieste della magistratura e a qualsiasi altra causa cui possano appigliarsi. Ma tutte queste ragioni non possono aver avuto che un'incidenza molto parziale, direi minima, su un fenomeno così esteso.

La realtà è che la gente non crede più a questo sistema, non crede più al balletto delle elezioni, non crede più alla democrazia rappresentativa e, forse, alla democrazia 'tout court'.

I partiti che si scannano per dividersi quel poco di elettorato che gli è rimasto appiccicato fanno la stessa impressione di chi, in un castello che sta andando in fiamme, si preoccupi di assicurarsi comunque gli appartamenti migliori, mentre là fuori sono circondati da milioni di arcieri che non hanno ancora trovato il loro Robin Hood ma che prima o poi occuperanno quelle macerie fumanti.

Il fenomeno non è solo italiano. Negli Stati Uniti un deputato, in un momento di sincerità, ha affermato che «gli elettori contano poco o nulla e non sanno neanche perché e per chi votano». Tuttavia, come ho già avuto modo di osservare, l'Italia è, storicamente, un 'paese laboratorio' e la fine della democrazia da noi potrebbe preludere alla fine anche delle altre democrazie occidentali.

A differenza di quanto ha scritto Antonello Caporale sul Fatto, non ha vinto 'il partito della pantofola'. Chi è rimasto a casa è uno che ha esaurito ogni pazienza e, non essendo vincolato, a differenza di Grillo, a una rivoluzione pacifica che agisca all'interno delle regole democratiche, il giorno che, esasperato, deciderà di uscire allo scoperto lo farà, per usare un eufemismo, con le mazze da baseball, cioè con la violenza. E scorrerà del sangue. Perché, come dice la Bibbia, «terribile è l'ira del mansueto».

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 29 novembre 2014