Non aspettavano altro. La procura di Civitavecchia ha iscritto Daniele Luttazzi nel registro degli indagati per una presunta frode fiscale di 140 mila euro. Il moralista che conduce da anni una campagna contro i misfatti di Silvio Berlusconi preso con le mani nella marmellata. Non ci poteva essere boccone più ghiotto per i giornali della destra (chiamiamola così, convenzionalmente, perché la destra è, o perlomeno è stata, una cosa seria che nulla a che vedere col berlusconismo) che vi si sono buttati a pesce. «Indagato per evasione fiscale. Adesso Luttazzi non ride più» titolava a tutta pagina Il Giornale del 4 ottobre. E nel 'cappello' esplicitava il concetto: «I finti eroi. Comici in disarmo». Solo che l'articolo del Giornale si prestava a risvolti grotteschi e involontariamente autolesionisti. «E' imbarazzante» scriveva Il Giornale «doversi difendere da un reato così antipatico come la frode fiscale». Già, molto antipatico, soprattutto per quei cittadini, ormai, credo, ridotti a un'esigua minoranza, che, sia pur col fegato in mano, le tasse le pagano regolarmente. Peccato che il 'dominus' del Giornale, il sempiterno Berlusconi, sia stato condannato per una frode fiscale non di 140 mila ma di milioni di euro e da altre frodi dello stesso tipo, ancora più gigantesche, sia uscito assolto solo per prescrizione. Con la trascurabile differenza che Luttazzi è semplicemente un indagato per un'ipotetica frode fiscale mentre Berlusconi, per lo stesso reato, commesso in dosi industriali è stato condannato con sentenza definitiva. Ma dal 'moralista' si pretende un'integrità da vestale romana, mentre il mascalzone, purché mascalzone, ci ha ormai assuefatti e gode dell'indulgenza, anzi, molto spesso, dell'ammirazione dei cittadini che, se solo potessero, vorrebbero volentieri essere al suo posto.
Il Giornale poi ironizza su Luttazzi 'uscito dall'oblio' solo per una vicenda penale. Dimentica, con protervia, chi è stato a cacciarlo nell'oblio. Daniele Luttazzi è l'unica, vera, vittima dell' 'editto bulgaro' di berlusconiana memoria. Tutti gli altri, in un modo o nell'altro, in Tv ci sono tornati. Come mai? Perché Luttazzi è un 'chevalier seul' -e per questo lo sento particolarmente vicino- che non fa parte di cricche, di camarille, di congregazioni più o meno trasversali. Una volta mi disse: «Guarda che in Rai, e più in generale in Tv, non ci sono solo i partiti, ci sono tante piccole mafie che si autotutelano, se non ne fai parte sei fottuto». Luttazzi non ha potuto contare, dopo 'l'editto', di una comoda poltrona a Strasburgo a differenza di Michele Santoro che, non per questo, cessa di vestire la parte della vittima. Peraltro 'l'oblio' di Luttazzi è solo mediatico. L'ho visto riempire il Forum di Assago, che contiene 13 mila spettatori. E quello che è veramente scandaloso è che un tipo così non possa metter piede in Tv, mentre vi evoluiscono i Vespa, i Fabietti Fazio, i Floris, le Nutelle, i Lerner, i Paragone, i veri 'maître à penser' di quest'era mediatica (ed è quindi inutile, anzi ipocrita, caro Veneziani, lamentare 'il collasso di intelligenza' che tu noti in Italia), mentre se andassero a teatro, dove non si può mentire, senza la protezione dello schermo televisivo e del pubblico addomesticato, di spettatori ne avrebbero tredici.
Quasi tutto il giornalismo italiano è addomesticato. Da quando Renzi è premier avrà fatto un centinaio di conferenze stampa. Ma perché gli venisse posta, vis à vis, una domanda seria abbiamo dovuto aspettare un collega tedesco, Michael Braun della Die Tageszeitung, che gli ha detto: «Noi abbiamo un problema a spiegare perché un condannato in via definitiva scriva la Costituzione italiana». Noi, complici o semplicemente assuefatti, non ci rendiamo nemmeno più conto dell'enormità che un detenuto determini la politica del nostro Paese. Non sarà mica questo il problema. Grave è il fatto che il comico Daniele Luttazzi possa aver eventualmente evaso il Fisco. Ecrasez l'infâme!
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 11 ottobre 2014
Il più grave pericolo per la Civiltà non è l'Isis, come hanno dichiarato all'unisono all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Barack Obama e il presidente iraniano Rohani. In fondo nella ferocia e nei coltelli dei guerriglieri dell'Isis c'è ancora qualcosa di umano, di molto umano. Il vero pericolo per la Civiltà e l'umanità è la Scienza. La Scienza tecnologicamente applicata che sembra non conoscere più limiti né opposizioni. «Fra quindici anni avremo un robot intelligente in ogni casa. Un umanoide da 5 mila euro. Una macchina che collaborerà nei lavori domestici, che curerà gli anziani, come una badante. Fra trent'anni saremo pronti per il grande salto: un robot coperto di tessuti biologici, sotto la pelle fibre organiche, come i muscoli, capaci di farlo muovere. Sarà forte e intelligente come noi». Chi parla così non è lo scienziato pazzo partorito dalla fantasia di Mary Shelley in Frankenstein o da quella di Ridley Scott in Blade Runner ma, come ci racconta Ferruccio Sansa in un bel servizio realizzato dal Fatto Quotidiano, il molto commendevole e onorevole Roberto Cingolani, direttore dell'Istituto italiano di Tecnologia di Genova. Del resto il buon Cingolani non è che un aspirante. Ben altro bolle in pentola. Gli scienziati di La Jolla (California) hanno creato il primo organismo vivente con un Dna semisintetico in grado di replicarsi. Un Dna che, per la verità, esiste già, ma che «in quattro miliardi di anni» ci spiega sul Corriere Edoardo Boncinelli «la natura ha scelto (chissà perché, ndr) di non utilizzare. L'uomo può costruire la vita» continua compiaciuto Boncinelli «anche se sono convinto che molti cocciutamente continueranno a rifiutare tale concetto».
Cocciutamente? Qui si tratta di stabilire se siano più cocciute e ottuse le persone che davanti a queste acrobazie tecnologiche provano, istintivamente, un brivido di orrore o gli scienziati che, ormai a ruota libera (perché non c'è chi osi opporsi alla Scienza, vera Dea della Modernità) le propongono.
E' un dilemma antico quanto l'uomo, l'unica creatura a possedere la conoscenza. Ma tutto ciò che riusciamo a conoscere va necessariamente applicato? I Greci ritennero di no. Grazie a Pitagora, Filolao e altri straordinari pensatori possedevano una teoria della meccanica che gli avrebbe permesso, già allora, di costruire macchine molto simili alle nostre. Ma vi rinunciarono, intuendo, capendo, che andare ad alterare equilibri che la Natura aveva elaborato «in quattro miliardi di anni» era pericoloso. L'uomo moderno, ubriaco di sè stesso, ha perso questa antica sapienza. Eduardo Amaldi, non a caso inventore, insieme a Fermi, della Bomba atomica, mi disse una volta: «L'uomo se può fare una cosa, prima o poi la fa». Dimentico dell'insegnamento di Eraclito. Per quante ricerche si facciano la legge autenticamente ultima ci sfugge è sempre perennemente al di là e man mano che cerchiamo di avvicinarla appare a una profondità che si fa sempre più lontana: «Tu non troverai i confini dell'anima, per quanto vada innanzi, tanto profonda è la sua ragione». E invece costoro vanno a ravanare nel Dna, convinti di poter trovare le origini della vita e addirittura di poterla replicare e persino variare a loro piacimento. Gli stolti presuntuosi. «Perdona loro perché non sanno quello che si fanno» ha detto Qualcuno. Ma poiché, in realtà, non sanno quello che ci fanno, non li perdoneremo affatto. E, al momento opportuno, taglieremo loro la gola.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 10 ottobre 2014
All'Assemblea delle Nazioni Unite il presidente Obama ha dichiarato che quella dell'Isis «non è una guerra di religione ma una guerra contro il Progresso». L'ha seguito il presidente iraniano Rohani parlando di «guerra contro la civiltà». Per una volta due leader mondiali sono riusciti a guardare un po' più in là del proprio naso. Quella dell'Isis è, per dirla con Evola, 'una rivolta contro il mondo moderno', che per il momento ha connotazioni religiose e islamiche ma che in futuro potrebbe assumerne anche altre.
Il movimento è iniziato con l'avvento al potere in Iran, nel 1980, dell'ayatollah Khomeini. Uomo di raffinata cultura e di sottile intelligenza non rifiutava la modernizzazione, ma voleva che, sul piano del costume, la struttura tradizionale del suo Paese rimanesse intatta. Naturalmente il suo successo fu dovuto anche a ragioni economiche. Nell'Iran dello Scià c'era una sottilissima striscia di borghesia ricchissima (il 2% della popolazione), il resto viveva nella miseria. Oggi, grazie alla rivoluzione khomeinista, l'Iran è diventato una potenza economica e tecnologica e anche questo spiega la singolare convergenza fra Rohani e Obama. La via indicata da Khomeini è stata poi seguita, in modo più rozzo, dal Mullah Omar e i suoi Talebani. Omar, ragazzo di campagna, accettava le conquiste della modernizzazione occidentale solo in alcuni settori essenziali (sanità, energia, trasporti), ma sognava, e sogna, il ritorno a un modo di vivere antichissimo, più semplice e più sobrio. Lo disse, senza mezzi termini, il suo luogotenente Wakil Muttawakil: «Noi vogliamo vivere la vita come la viveva il Profeta millequattrocento anni fa. Noi vogliamo ricreare i tempi del Profeta». Poi sono arrivati quelli dell'Isis il cui obbiettivo finale è evidente e dichiarato: distruggere l'Occidente, il suo modello di vita, le sue conquiste (anche se, sul piano mediatico, utilizzano proprio la tecnologia dell'Occidente per combatterlo). Se quella dell'Isis è una rivolta contro il mondo moderno il suo bacino d'utenza potrebbe essere vastissimo. Anche in Occidente ci sono sacche di disagio profonde ed estese, che più che economiche sono esistenziali. Noi tutti, ricchi e poveri, viviamo in una condizione permanente di stress, di angoscia oscillando fra nevrosi e depressione. Siamo bipolari. Come bipolare è la società che ci siamo organizzati. Dal punto di vista etico siamo apparentemente liberi di fare tutto, ma nel contempo lo Stato si introduce nelle pieghe più intime del nostro vivere, castrando anche gli istinti più elementari (in America dare un sacrosanto calcio a un gatto rompicoglioni costa un anno di galera). Gli americani, i canadesi, gli europei che, sia pur formalmente convertiti all'Islam, vanno ad ingrossare le file dell'Isis sono la punta di lancia di questo disagio esistenziale e, domani, potrebbero diventare un esercito.
Infine non so fino a quando le centinaia di migliaia di migranti che vengono a morire sulle nostre coste accetteranno di essere ridotti a cadaveri, galleggianti o meno, e non si rivolteranno. Abbiamo creato un mondo dove ci sono Paesi ricchissimi, al cui interno peraltro esistono sperequazioni, economiche e di status (il matrimonio di mister Clooney), incolmabili, insultanti, inaccettabili proprio nell'epoca in cui, dalla Rivoluzione francese in poi, abbiamo proclamato l'uguaglianza (Stati Uniti, Cina, Russia ne sono l'esempio palmare), un mondo circondato da un mare di miseria che, prima o poi, per una ragione che oserei chiamare fisica, ci sommergerà. E di fronte a questa rivolta globale non ci sono droni e bombe che possono salvarci. Ce le butteremmo sui piedi.
Non credo che l'Isis sia la soluzione. Ma per rispondere a Obama e a tutti gli altri siamo davvero sicuri di rappresentare il Progresso e la Civiltà? Oppure, con l'ottuso e pericoloso ottimismo di Candide, nel tentativo di creare 'il migliore dei mondi possibili', abbiamo finito per partorirne uno dei più disumani?
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 4 ottobre 2014