Questi qui sono inesausti. Non dormono di notte. Pensano e, purtroppo, anche fanno. Nei più cupi romanzi di fantascienza qualche scrittore aveva immaginato che un giorno ci saremmo nutriti con delle pillole, mandandole giù come si fa con l’ecstasy. Oggi ci siamo, o quasi.
Bill Gates e Richard Branson (padrone di Virgin), noti benefattori dell’umanità, stanno investendo milioni di dollari in una società, la Memphis Meats, che vuole produrre in modo sintetico bistecche e altre carni animali. Scrive su Dday.it, quotidiano dell’hi-tech, Massimiliano Zocchi: “Carne venduta con il nome degli animali da cui deriva, ma per crearla non è stato ucciso nessun essere vivente perché generata in laboratorio ed ha lo stesso identico gusto e sapore. Questo è quello che promette Memphis Meats, startup di San Francisco”. Dice Richard Branson, entusiasta: “Credo che entro trent’anni non avremo più bisogno di uccidere animali e che tutta la carne sarà prodotta con processi puliti o basata sulle piante, con lo stesso sapore e anche più salutare per tutti”. Memphis Meats è già in grado di produrre carne di tre differenti tipologie, manzo, pollo e anatra, le tre più diffuse negli Stati Uniti. Secondo il CEO Uma Valeti questo processo “consente di controllare al massimo la crescita delle cellule, evitando le tossine e altri sottoprodotti che possono essere nocivi per l’uomo”. Questo processo in laboratorio utilizza cellule di animali, cellule che si autoriproducono, ma soprattutto cellule vegetali. Secondo Zocchi, ma non solo lui, con questo metodo si ottiene “la stessa massa ma con molto meno nutrimento, occupazione di suolo e risorse idriche e ovviamente si eliminano tutte le critiche per la detenzione e la violenza sugli animali”.
La proposta è stata accolta con ululati di gioia da tutto il mondo animalista (l’animalismo è ‘la malattia infantile dell’ambientalismo’). A parte il fatto che nessuno scienziato può garantire che questo tipo di cibo non porti con sé alterazioni pericolose per l’organismo umano, costoro non si rendono conto che ciò vorrebbe dire la scomparsa dalla faccia della terra dei bovini, del pollame e in seguito, poiché il programma della Memphis Meats ha grandi ambizioni, dei suini e degli ovini. Nessun agricoltore alleverebbe più animali da cui non può trarre alcun guadagno. Qualcuno terrebbe forse un paio di mucche o di galline nel cortile. Tutti gli altri sarebbero condannati a una più o meno lenta estinzione.
L’uomo è un animale onnivoro e, come tale, anche carnivoro, e quindi ha il diritto di cibarsi di altri animali come fan tutti i carnivori, senza per questo sentirsi in colpa. Il leone sarebbe molto sorpreso se qualcuno gli venisse a dire che è immorale che sbrani l’antilope.
Invece di architettare di queste scemenze i milioni di dollari che Gates e Branson hanno raccolto (l’investimento non lo fanno solo con i loro quattrini) dovrebbero servire per dare agli animali, prima di finire sulla nostra tavola, un’esistenza meno atroce . Oggi vivono stabulati, compressi in spazi limitatissimi sotto i riflettori 24 ore su 24 per farli crescere più velocemente. E gli vengono malattie che non hanno mai avuto, quelle tipiche dell’uomo: disturbi cardiovascolari, infarto, ictus, diabete, depressione. Certo liberando gli animali, come fanno in Svizzera dove esiste ancora l’alpeggio, ci sarebbe meno terreno per costruire. Il che dice che Gates and Soci, strizzando l’occhio agli animalisti, ai vegetariani, ai vegani, pensano in realtà a ciò cui hanno sempre pensato: il business. Tant’è che questi soggetti, o comunque dei loro compari, hanno accusato le mucche di essere loro, e non il Co2, la vera causa dell’inquinamento, perché scorreggiando emettono metano.
Non ci resta che sperare nell’Isis. Che tagli le gole. Ma quelle giuste.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 29 agosto 2017
Il guazzabuglio creatosi dopo i fatti di Roma dice in quale confusione, mentale e legale, è precipitata l’Italia dove tutti si sentono autorizzati a mettere becco là dove non dovrebbero (per citare un esempio recentissimo: gli interventi del Papa e dei vescovi sulla questione dello ‘ius soli’ che, comunque lo si intenda risolvere, è una questione interna allo Stato italiano).
I fatti sono noti. Su ordine della Prefettura la polizia deve sgombrare uno stabile occupato abusivamente da quattro anni da migranti. I migranti non ci stanno. Lanciano sassi e pericolose bombole di gas dal decimo piano. La polizia reagisce, come è suo diritto e dovere, con cariche e idranti, senza provocare feriti. Questione di ordinaria amministrazione. E la cosa dovrebbe fermarsi qui. E invece che ci fa in mezzo al guazzabuglio Medici senza frontiere? Medici senza frontiere è la più autorevole delle Ong, meritevole perché opera in pericolosi scenari di guerra, dove volano i bombardieri e ci sono scontri fra le varie fazioni in causa (sia detto di passata: l’altro giorno i droni americani bombardando Raqqa hanno ucciso 41 civili, più o meno tre volte l’attentato jihadista a Barcellona). È in queste situazioni che Medici senza frontiere ha la sua funzione e la sua utilità. Ma che ci sta a fare sul nostro territorio, in Italia che fino a prova contraria è un Paese democratico, sia pure con mille pecche, e che sul piano dell’ordine pubblico agisce, in linea di massima, con metodi democratici? Che ci stanno a fare i preti e alti prelati come Mussie Zerai e il vescovo Paolo Lojudice? Che senso ha zoomare su un funzionario di polizia, che in piena bagarre, in trance agonistica grida ai suoi: “Devono sparire, se tirano qualcosa spaccateglie ‘n braccio” senza che poi nulla di ciò accada? Quella frase ha lo stesso valore di quella di un calciatore che all’ennesimo intervento duro dell’avversario gli dice: “La prossima volta ti spezzo le gambe”.
Siamo quindi d’accordo, una volta tanto, con l’editoriale di Alessandro Sallusti (Il Giornale del 25 agosto) che difende la polizia e la legalità. Solo che Il Giornale ha il difettuccio di difendere la legalità solo quando c’è di mezzo la polizia ma non la Magistratura che della legalità è supremo garante e che invece i berlusconiani – per la notoria criminalità del loro capo e di una parte della classe dirigente che lo sorregge – attaccano costantemente da almeno quindici anni. La legalità va difesa sempre. O mai. Non comunque a fasi alterne.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 26 agosto 2017
Egr. Direttore,
M. Fini, nel suo stupendo articolo pubblicato oggi dal F. Q., prevede che anche Maduro seguirà la stessa sorte degli altri leader detronizzati dagli Usa e dalle cosiddette democrazie occidentali quando sono diventati sgraditi alle forze del bene. Queste ultime, dopo aver bombardato, massacrato e occupato, hanno completato l'opera insediando governi fantoccio. Fini ricorda anche il golpe di Pinochet che provocò inaudite sofferenze al popolo cileno. I sostenitori del legittimo governo democratico di Allende vennero torturati e massacrati. Aggiungo, perché Fini non lo cita, che tale scempio di diritti e di vite umane venne presto dimenticato, altrimenti non si spiega la seguente idilliaca lettera che papa Wojtyla inviò, anni dopo, al macellaio: "Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa signora Lucia Hiriarde Pinochet in occasione delle loro nozze d'oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale ." Giovanni Paolo II". Le forze del bene risposero in coro: "AMEN".
Maurizio Burattini
***
Se mi è consentito vorrei solo dire: bravo Fini!
Massimo è riconosciuto da sempre come una voce fuori dal coro, ma bisognerebbe avercene una decina come lui per aiutarci a non smarrire la bussola - in quest'epoca in cui il consueto pensiero unico è potenziato ed amplificato esponenzialmente dalla globalizzazione - o, al limite, provare a clonarlo.....
Io conoscevo tutti i fatti e le circostanze da lui citate, ma faticavo ormai, sotto le bordate mediatiche, a metterli in fila.....
Ancora bravo!
Vincenzo Orsini
***
Gentile Direttore,
ho letto oggi, sul numero 224 del Fatto, un bellissimo articolo di Massimo Fini, che ho molto apprezzato.
Lo condivido e sottoscrivo in pieno, solo con una piccola notazione critica:
negli scontri degli ultimi quattro mesi in Venezuela, non sono stati uccisi 125 oppositori.
Ci sono stati 125 morti, certo, la maggioranza delle quali (un'ottantina) vittime di colpi di arma da fuoco, bottiglie incendiarie, razzi ed esplosivi di fabbricazione artigianale, linciaggi, da parte di bande di oppositori violenti.
La maggioranza di queste vittime non sono appartenenti alle Forze di Polizia, che pure hanno dovuto versare un cospicuo contributo di sangue, ma civili ritenuti, a torto o a ragione, "chavisti" come il povero Orlando Figueroa, un ventenne picchiato, ferito e poi bruciato vivo, solo perché indossava una maglietta rossa, oppure passanti coinvolti per caso.
Emblematico il caso di una signora che seguiva, camminando su un marciapiede con le borse della spesa, una manifestazione di sostenitori del governo, ma senza parteciparvi, uccisa da una bottiglia di acqua ghiacciata lanciata dall'alto di un edificio.
Circa 25 morti sono attribuibili ad appartenenti alla Polizia o alla Guardia Nazionale (quasi tutte per lacrimogeni lanciati ad altezza d'uomo) che sono stati, peraltro sottoposti, nella quasi totalità dei casi, a procedimenti disciplinari e giudiziari .
Un'altra ventina di vittime sono persone, spesso estranee alla lotta politica, molte delle quali anziane, ammalate o ferite, a cui è stato impedito, con blocchi stradali effettuati nei quartieri e nelle strade in cui vivevano, di essere soccorse e trasportate in Ospedali e Pronti soccorsi.
Tutto questo è anche documentato da un bellissimo servizio-inchiesta della giornalista televisiva statunitense Abby Martin.
Ma queste dovute precisazioni non inficiano il contenuto dell'articolo, che andrebbe letto attentamente da parecchi componenti della Redazione del Fatto.
Purtroppo fra i media occidentali, di cui parla Massimo Fini, che da mesi fanno da cassa di risonanza acritica alla Cnn e alla stampa asservita ai potentati economici, seppellendo i lettori di menzogne sulla situazione del Venezuela, da qualche tempo dobbiamo annoverare, con grande delusione di molti sinceri democratici, anche il Fatto Quotidiano.
E, mi creda, quell'"asticella dell' infamia" a cui allude Fini, a proposito degli articoli di Guido Guzzanti sul Giornale, è spesso superata agevolmente dai corrispondenti da Caracas o da Buenos Aires.
Distinti saluti.
V.A. Galdieri
Ringrazio i lettori per i complimenti ad un pezzo molto spinoso quale era quello su Maduro. Al lettore Galdieri faccio notare che uno dei pregi del Fatto è di accogliere anche opinioni assai diverse e spesso contrastanti fra di loro. E ciò è dovuto sia all'impostazione del giornale che, com'è noto, è autogestito e indipendente, sia al suo Direttore, Marco Travaglio, che è un liberale autentico, un montanelliano.
Due parole su Wojtyla in riferimento a una lettera, riportata dal lettore Burattini, che Giovanni Paolo II inviò al generale Pinochet. Durante i venticinque anni del suo Pontificato Wojtyla fu una Superstar ma le vocazioni crollarono, i monasteri si svuotarono, iniziò anche una forte crisi del sacerdozio e si ridusse al minimo quel poco di senso del sacro che era rimasto in Occidente. Come mai questa stridente contraddizione? La crisi della Chiesa cattolica è dovuta a vari fattori legati soprattutto alla modernizzazione che si porta dietro materialismo e un edonismo straccione. Ma Wojtyla ci ha messo molto del suo. Sia perché si è confuso con la modernizzazione usandone a tappeto i mezzi (tv, jet, viaggi spettacolari, creazioni di 'eventi', concerti, gesti pubblicitari, 'papamobile', 'papaboys') sia, e forse soprattutto, perché è stato un Papa politico che è entrato a piedi uniti in questioni, appunto, politiche che poco o nulla hanno a che fare con la ragione inditta della Chiesa che, lo dico 'in partibus infidelium', dovrebbe essere la cura delle anime e dello spirito. Per restare in Italia basterebbe ricordare i suoi anatemi contro l'indipendentismo della Lega delle origini, come se un Paese fosse più o meno religioso se unito o trino. Con questa funzione politica, e non con una sorta di dimenticanza, si spiega la lettera, che mi permetto di definire infame, che scrisse al generale tagliagole Pinochet e alla sua 'augusta' consorte. Su questa buona o, per meglio dire, cattiva strada sembra avviato anche il molto popolare Papa Bergoglio che è andato a stringere la mano a un altro assassino di Stato come il generale Abd Al-Fattah Al-Sisi. Forse, tra i più recenti, il Pontefice che è stato più vicino alle esigenze spirituali dell'uomo moderno è l'ascetico Ratzinger, teologo finissimo, che, quando era ancora Cardinale, scrisse: "Il Progresso non ha partorito l'uomo migliore, una società migliore e comincia ad essere una minaccia per il genere umano". In ogni caso, né Wojtyla né Ratzinger né Bergoglio, sempre pronti a 'chiagne' sulle vittime del terrorismo o di terremoti o delle 'bombe d'acqua', hanno mai speso una parola, una sola, per i civili, uomini, donne, bambini uccisi in Afghanistan dai nostri bombardieri. Ma questo è un altro discorso.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 25 agosto 2017