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Il giorno della morte di Berlusconi Sky ha utilizzato, per l’importante Tg della sera, Valentina Bendicenti, addobbata con enormi orecchini, che forse non era il caso di utilizzare in quella occasione, che gli cadevano sulla spalla nuda. Ai numerosi intervistati  sapeva porre una sola domanda: “che cosa prova in questo momento?”. Ma il peggio è venuto dopo. Siccome il Tg doveva pur occuparsi di qualcos’altro, perché la vita non finisce con Berlusconi, Bendicenti ci ha raccontato un fatto di cronaca che terminava cosi: “il condannato dovrà –pausa di un paio di minuti dove Bendicenti cercava disperatamente sul gobbo la parola che era risarcire- i parenti della vittima”. Quindi la frase suonava così: “il condannato dovrà…i parenti della vittima”.

Nel frattempo sono scomparsi il musicologo Schillaci, bravissimo, e Chiara Martinoli. Se si potesse sospettare di intelligenza dei dirigenti di Sky si potrebbe dire che, a proposito di Chiara Martinoli, lo fanno apposta. Perché il telespettatore preso dalla sua grazia e dalla sua parola così suadente con quella erre alla francese, finisce per non ascoltare quello che dice anche se lo dice benissimo.

m.f

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Quando morì Gheddafi nel modo barbaro che conosciamo, Berlusconi che si era sempre dichiarato suo amico fraterno salvo poi farlo fuori insieme ai francesi e gli americani, dichiarò cinicamente: “Sic transit gloria mundi”. Lo ripaghiamo della stessa moneta.

Il Fatto Quotidiano, 13 giugno 2023

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L’Inter esce sicuramente a testa alta dalla finale di Champions. Ma ha perso un’occasione irripetibile. La squadra del City non è quasi scesa in campo, schiacciata dal pronostico che la dava come ultra favorita, dalla ‘paura di vincere’. In più aveva perso dal 36 del primo tempo Kevin De Bruyne, che era stato l’autore dell’unica giocata, per entrambe le parti, del primo tempo: un dritto per dritto per Haaland che però ha ciccato a dimostrazione che i veri centroavanti non sono quelli grandi e grossi ma si chiamano Robert Lewandowski o Ruud van Nistelrooij, assassini d’area di rigore, ma che sanno aprire il gioco e anche quando possono tirare passano il pallone al compagno meglio piazzato. Van Nistelrooij era stato compagno del giovanissimo Cristiano Ronaldo al Manchester United. Quando lo vedeva meglio piazzato (ricordo uno straordinario ‘scavino’ che mette Cristiano solo davanti alla porta) gli passava il pallone, Cristiano mai. Una volta Ruud, che pur è un uomo mite, stufo, gli tirò un cazzotto in faccia dicendogli: “E adesso vai a piangere dal tuo papà portoghese”. Da allora, forse, Ronaldo capì che il calcio è un gioco di squadra. C’è voluto comunque del tempo. Al Madrid Benzema era adibito al suo servizio e non segnava mai. Fu ancora Van Nisterooij a salvarlo. Rientrato dopo un lungo infortunio, alla prima occasione utile passò la palla a Benzema che segnò, poi segnò lui stesso ma vidi che non esultava. “Si è rotto“ disse mio figlio Matteo che guardava la partita insieme a me. E fu la fine della carriera di Van Nistelrooji. Ruud non è stato molto fortunato (come De Bruyne che si è rotto proprio in due finali di Champions) ma resta pur sempre nel rapporto gol partite giocate in Champions 60 gol in 77 partite, media 0.77, dietro solo gli inarrivabili Messi e Ronaldo e Lewandowski che lo ha da poco superato. E si sa che i gol che contano sono quelli segnati in Champions.

Un indementito Fabio Capello che commentava in studio la partita per Sky, a conferma che questo network è in picchiata da quando dal 2018 lo dirige Giuseppe De Bellis (in un interminabile speciale per la morte di Berlusconi i suoi giornalisti sono riusciti a non intervistare nemmeno un avversario del ex Cavaliere) ha detto la bestemmia delle bestemmie e cioè che l’uscita di De Bruyne aveva favorito il City. Ora De Bruyne è, al momento, il miglior giocatore del mondo, specialista in assist e Capello può aver detto quella sciocchezza solo perché contaminato dall’ambiente Sky.

Incredibile la serie di passaggi, anche semplici, sbagliati dai giocatori di entrambe le squadre. Delle millanta partite che ho visto in vita mia City Inter è stata la più brutta, anche se di grandissima importanza dal punto di vista emotivo.

Lukaku ha sbagliato un gol a porta praticamente vuota tirando sul portiere. Possibile che Inzaghi, che è un bravissimo allenatore, non si ricordasse dei tre gol sbagliati da Lukaku davanti alla porta in una partita del Belgio (per sfortuna del Belgio è di nazionalità belga, anche se la sua famiglia è congolese) in una partita dei recenti mondiali?

Il City era schierato in modo scombiccherato. Stones, probabilmente il migliore, faceva l’uomo davanti alla difesa, il centrocampista, l’attaccante ma così toglieva spazio a Rodri che non si è visto per tutta la partita tranne che per il gol (è legge di Eupalla che segni il peggiore) costruita da un’azione Akanji-Bernardo Silva. Insomma il City ha prevalso per la sua difesa e non per il suo, di solito formidabile, centrocampo. L’Inter di Inzaghi era schierata più razionalmente, ci metteva un maggiore ardore, ma con Lukaku centroavanti alla fine la paghi.

Inzaghi nel secondo tempo ha fatto, forse un po’ in ritardo, delle sostituzioni coraggiose: Mkhitaryan, Bellanova, D’Ambrosio.

Cosa ha fatto invece il genio Guardiola? Niente. A parte la sostituzione obbligata di De Bruyne con Foden, inconsistente, non ha sostituito l’inguardabile Grealish con Mahrez. Alla fine stava per sostituire Akanji che, a parte uno svarione iniziale, era stato determinante nell’azione del gol. Akanji è un centrale (con Elvedi forma una coppia di tutto rispetto nella Svizzera) ma al momento dell’azione del gol si trovava all’altezza dell’aria di rigore dell’Inter. Guardiola è stato quindi salvato dal Caso. E la partita non l’ha vinta il City e non l’ha persa l’Inter, l’ha vinta il Caso e sarebbe dovuto spettare al Caso alzare la coppa, non a Gundogan, anche lui stranamente inconsistente, che è capitano per l’astio che Guardiola ha per Kevin De Bruyne che gli toglie la scena. Ma anche il Caso fa parte delle misteriose strategie di Eupalla. Non è contenibile nelle statistiche con cui c’hanno ammorbato durante la partita l’insopportabile Caressa e l’incolpevole Bergomi. Il Caso è astratto e, essendo per definizione impalpabile, domina le nostre vite, non solo nel calcio.

Il Fatto Quotidiano, 13 giugno 2023