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Caro Massimo Fini,

Nel suo pezzo di ieri accenna a una truffa di B.ai danni di una minore, Annamaria Casati Stampa orfana dei genitori deceduti in modo drammatico, senza fornire qualche informazione sul tipo di truffa fra le innumerevoli del Nostro.

Potrebbe precisare un po' o non si può per ragioni deontologiche?

Campanini M.

 

La truffa di Berlusconi e Previti ad Annamaria Casati Stampa è stata raccontata da Giovanni Ruggeri nel libro Berlusconi. Gli affari del Presidente (Kaos Edizioni, 1994) e da me in tre successivi articoli sull'Indipendente. Solo dopo le mie ripetute insistenze Previti (e non Berlusconi) si decise a querelare Ruggeri e me. Entrambi siamo stati assolti .

La truffa, o meglio le truffe, consistevano in questo. La Casati Stampa, minorenne, era rimasta orfana di entrambi i genitori morti per una tragedia a sfondo sessuale. Purtroppo per lei aveva come protutore Previti già in combutta con Berlusconi attraverso la società Idra. Previti vendette a Berlusconi la villa di Arcore con annesso parco per la cifra ridicola di 500 milioni (solo i luini della villa valevano tre volte tanto). Prima che fosse regolarizzata la permuta, e quindi che Berlusconi avesse pagato, l’allora Cavaliere si installò nella villa di Arcore con Dell’Utri e il noto mafioso Mangano. Salderà solo ad anni di distanza, mentre la Casati continuerà a pagarci le tasse.

Ma ancora più incredibile è la seconda truffa. I Casati Stampa a Cusago possedevano un vastissimo territorio pari a 246 ettari. Previti vendette queste proprietà a Berlusconi per la cifra ancora più ridicola di 1miliardo e 700milioni. Ma le pagò con azioni di società di Berlusconi non quotate in borsa e dal valore molto dubbio. Quando la Casati Stampa cercò di realizzare vendendo queste azioni non trovò nessuno disposto a comprarle. Allora arrivarono, soccorrevoli, il Gatto e la Volpe dicendole: le ricompriamo noi. Ma a metà prezzo: 800milioni.

m.f.

Il Fatto Quotidiano, 16 novembre 2017

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Il deputato regionale siciliano Cateno De Luca, uno dei tanti ‘impresentabili’, arrestato solo due giorni dopo la sua elezione per evasione fiscale e messo ai ‘domiciliari’, è stato, quasi negli stessi giorni, assolto o prescritto in un altro processo che lo vedeva imputato per quattordici reati. Ma resta pur sempre ai ‘domiciliari’ per il processo in corso. La misura cautelare dei ‘domiciliari’, in luogo del carcere, comporta non solo, com’è ovvio e come dice la parola stessa, che l’indagato non possa uscire dal proprio domicilio e che non possa avere contatti, nemmeno telefonici, con persone diverse da quelle autorizzate dal magistrato.

Ora invece De Luca, attraverso il suo profilo Facebook, lo smartphone, Internet, rilascia interviste, anche televisive, parla del processo in corso, minaccia gli avversari politici, intimidisce i magistrati postando immagini che lo ritraggono come un ‘bravo ragazzo’, molto pio. Secondo il procuratore della Repubblica di Messina Maurizio De Lucia una cosa del genere “non dovrebbe essere possibile”. E vorrei vedere. E infatti il gip si è affrettato ad aggravare per De Luca la misura degli arresti domiciliari che non possono trasformarsi in un’allegra scampagnata extramoenia sia pur telematica, se si vuole mantenere un senso a questa misura.

Gli ‘arresti domiciliari’ dovrebbero, per legge, essere concessi solo in casi particolari, quando l’indagato ha più di 70 anni o per ragioni di salute o per altri gravi motivi. Invece vengono regolarmente elargiti a ‘lorsignori’, quasi mai ai cittadini comuni. Lo stesso avviene per le pene sostitutive come i ‘servizi sociali’ spesso scontati in modo ridicolo come è stato nel caso di Berlusconi. Si giustifica questa disparità di trattamento col fatto che il carcere sarebbe più penoso per le persone ‘perbene’ rispetto a individui che col carcere hanno una certa confidenza per esserci già stati più volte (per costoro vale il brocardo “in galera subito e buttare via le chiavi”, copyright della ‘garantista’ Daniela Santanchè, ma che è proprio di quasi tutti i cosiddetti ‘garantisti’ di ceppo berlusconiano). Se c’è un’argomentazione razzista, socialmente razzista, è questa. Io credo invece che assaggiare il carcere, naturalmente quando ce ne siano i legittimi presupposti, faccia bene proprio a ‘lorsignori’. Ho conosciuto bene Sergio Cusani. Prima della condanna definitiva a quattro anni di carcere che ha scontato per intero veniva spesso a trovarmi per confessarsi e sfogarsi. Sull’Indipendente gli avevo fatto un ritratto in cui non gli scontavo nulla, ma raccontavo in modo benevolo la storia di questo ragazzo figlio della buona società napoletana che arrivato a Milano si era fatto travolgere prima dalla cretineria del Sessantotto (andate a vedere, se vi va, il film Il mio Godard che racconta quegli anni) e poi era finito a fare il brasseur d’affaires per il partito socialista. Cusani era stato abbandonato come una ‘mela marcia’ dai suoi compari maggiori e trovava, evidentemente, in me una delle pochissime persone con cui confidarsi. Ho rivisto Cusani più volte dopo aver scontato la condanna, un uomo nuovo completamente rigenerato che, pagato il suo debito con la giustizia, può girare a testa alta: la lezione del carcere l’ha imparata e gli ha fatto bene. Conosco anche Lele Mora (cosa volete, è un mio vizio frequentare più le persone borderline che quelle ‘perbene’). Mora, che ha fatto un periodo di carcerazione preventiva per il processo ‘Ruby bis’ che lo vede coinvolto insieme a Emilio Fede e Nicole Minetti, l’ho rivisto un paio di volte (ha il suo nuovo ufficio proprio accanto al mio barbiere) e mi è parso un uomo cambiato, molto lontano dal prosseneta arrogante di un tempo. Anche lui, se non ho capito male, deve avere imparato qualcosa dalla lezione del carcere.

Se gli ‘arresti domiciliari’ devono essere ridotti a una barzelletta, come la vicenda De Luca ha dimostrato, tanto vale abolirli. Ma allora sia rimesso in libertà anche Roberto Spada per il quale, per tenerlo dentro (non c’era flagranza di reato), è stata trovata un’aggravante inusitata: l’aver agito in un contesto mafioso e “con metodo mafioso”. Cioè se uno dà una capocciata a un giornalista a Milano è meno grave che se la dà a Ostia (Senza nulla togliere all’inviato della Rai che faceva semplicemente il suo mestiere e il suo dovere, sono anche convinto che se Spada la capocciata invece che a un giornalista- altra casta di privilegiati, spesso graziati, vedi Alessandro Sallusti e Lino Jannuzzi- ma a uno che passava di lì non ci sarebbero state le pletoriche manifestazioni di solidarietà in nome della “libertà di stampa”, figuriamoci).

In realtà, si tratti di fermi, di indagini, di ‘arresti domiciliari’, di condanne definitive, di pene sostitutive, di grazia, siamo di fronte alla solita, sporca, storia: in Italia esistono, di fatto, due diritti, uno per le persone di alto livello sociale (la gente ‘perbene’), uno, diverso, per tutti gli altri, cattivi o buoni che siano.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 14 novembre 2017

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Io coltivo un sogno per nulla irrealizzabile: che Silvio Berlusconi ridiventi presidente del Consiglio. Perché l’affermazione del “delinquente naturale” come capo del nostro Paese chiarirebbe, una volta per tutte, a noi stessi e forse anche all’Europa (forse, perché l’Italia sta infettando anche gli altri Stati del Vecchio Continente) che cosa siamo diventati noi italiani, oggi, che cos’è la nostra cosiddetta democrazia, oggi.

Perché Berlusconi rappresenta al meglio il peggio degli italiani. Lasciamo pur perdere che costui è stato condannato in via definitiva per un grave reato, la frode fiscale, che ad altri cittadini costerebbe conseguenze pesantissime e che invece Berlusconi ha scontato in modo ridicolo, irridente, insultante per chi in galera ci è andato sul serio. Lasciamo pur perdere le nove prescrizioni di cui questo soggetto ha goduto per reati ancora più gravi, che in due casi anche la Cassazione aveva accertato, come la corruzione di magistrati e di testimoni. Lasciamo pur perdere che ha tuttora dei processi in corso.

Ma concentriamoci su alcuni aspetti che non hanno a che fare strettamente col giuridico: la menzogna, la volgarità, la disumanità mascherata da calda umanità. Costui ha truffato, in combutta con Previti, una minorenne, Anna Maria Casati Stampa, orfana di padre e di madre morti in circostanze drammatiche, approfittando della sua età e del suo smarrimento. Fatti lontani dirà qualcuno, ma che dicono di che pasta sia fatto l’uomo fin dall’inizio della sua formidabile carriera imprenditoriale e politica. E infatti questa spietatezza, priva di ogni scrupolo, si è puntualmente ripetuta di recente quando Berlusconi, premier, con abili maneggi, è riuscito a mandare una minorenne psicolabile, contro la volontà dell’unico soggetto legittimato a decidere sul caso, il pm dei minori Annamaria Fiorillo, là dove non doveva proprio andare: fra le braccia di una prostituta ufficiale.

La volgarità. Qualcuno ricorderà, forse, quello schioccar di dita in televisione con cui intendeva dire, umiliandoci tutti, che in quel solo attimo lui guadagnava quanto nessun lavoratore onesto avrebbe mai guadagnato in mille vite. Oppure le corna fatte alle spalle del ministro degli Esteri spagnolo in un importante consesso internazionale o il goffo e goliardico tentativo di avvicinare le teste di Putin e di Bush in un altro importante convegno internazionale o anche l’epiteto di nazista appioppato al deputato socialdemocratico tedesco Martin Schulz che ci rese ridicoli davanti al mondo intero o ancora la “culona inchiavabile” rifilato ad Angela Merkel. E fermiamoci qui per carità di Patria, ammesso che il nome di Patria possa avere ancora un senso in questo Paese. Questa volgarità non è precipua di Berlusconi, noi italiani siamo Berlusconi. La volgarità la vediamo dilagare nelle nostre strade, nella nostra cultura, nella nostra televisione, nel nostro giornalismo.

La menzogna. Infinite sono le promesse non mantenute da Berlusconi nel quasi quarto di secolo in cui è stato, di volta in volta, premier o capo dell’opposizione. Ma in questo non si differenzia da moltissimi altri politici italiani. Sfido chiunque ad affermare che l’Italia è migliorata di un ette, economicamente, dal 1994, anno in cui Berlusconi divenne per la prima volta premier, al 2008 (dopo il 2008 intervengono variabili internazionali a cui nessuno avrebbe potuto porre rimedio, ci provò il disprezzatissimo Mario Monti, che politico non era, cui fu affidato il lavoro sporco).

L’Italia calcistica, se batterà la Svezia, andrà ai Mondiali e potrebbe anche vincerli. Ma l’Italia nel suo complesso un campionato mondiale lo ha già vinto con ampio margine: quello della distruzione etica di un Paese e di una comunità. Proponiamo che questa specialità sia introdotta, insieme alle gare con le slot machine, nel programma delle prossime Olimpiadi di Tokyo.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 11 novembre 2018