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L’attrice Sharon Stone, 66 anni, vincitrice di un Golden Globe e candidata all’Oscar, ha annunciato di essersi iscritta alla piattaforma Tinder che favorisce gli incontri. Fino a non molto tempo fa queste iscrizioni si facevano in forma clandestina non piacendo a nessuno di far sapere la propria solitudine. All’inizio Tinder era nata come piattaforma di incontri più o meno sessuali, ma man mano chi vi si iscrive, e ci sono anche donne giovani e belle, non lo fa per trovare una fuitina sessuale ma cerca se non proprio l’amore un’anima gemella con cui costruire una storia duratura. Ha detto la stessa Stone: “Cerco l’amore”. Insomma sono gli antichi “annunci matrimoniali” che adesso hanno preso forma tecnologica.

Perché il fenomeno è interessante? Perché denuncia il problema, o piuttosto il dramma, della solitudine nel nostro mondo occidentale. Problema/dramma che è percepito in particolare nelle grandi città. Nelle piccole cittadine è molto minore: tu scendi in strada, incontri sempre qualcuno che ti conosce o ti riconosce con cui andarsi a bere un bicchiere insieme o a giocare a tressette ciapanò. In una città come Milano (a Roma va già un po’ meglio) moderna, modernissima, tu sei connesso col  mondo intero ma non conosci non dico chi abita nel tuo condominio ma nemmeno il vicino di pianerottolo.

Non è stata sempre così Milano. Michele Brambilla ha scritto sul Giornale (primo febbraio) un bell’articolo sulla Milano d’antan. Ne ho scritto anch’io qualcosa su un mio libro, Una Vita. Era, quella, una città di quartieri e nel quartiere ci si conosceva tutti. Se una famiglia si trovava in difficoltà le altre erano pronte ad aiutarla. Era insomma la “Milan col coeur in man”. C’era solidarietà. A parte una sottile striscia di ricchi e di ricchissimi che avevano però il buon gusto e il buon senso di non farsi vedere o comunque di non spandere troppo (come fanno tuttora gli svizzeri) eravamo tutti poveri, molto più poveri di quanto lo si sia ora. Avevamo ancora il senso della comunità. E non parliamo solamente della mia Milano pleistocenica, anni Cinquanta, ma anche di una Milano successiva, se la può ricordare con nostalgia anche Michele Brambilla che ha una dozzina d’anni meno di me.

A Milano c’erano poi anche alcune figure fondamentali. Il “ghisa”, il vigile di quartiere, disarmato come il bobby londinese, che era un’autorità assoluta. Se succedeva qualcosa in piazza si diceva “c’è lì il ghisa, dillo al ghisa, decide il ghisa”. C’era poi il Commissario di quartiere che ci conosceva tutti, che sapeva benissimo quali erano i nostri vizi. A me è capitato di essere accusato dalla Procura di Firenze di “contraffazione di marchio industriale”. Se si fossero rivolti al Commissario di quartiere avrebbero risparmiato un bel po’ di tempo perché sapeva che di tutto potevo essere sospettato, di violenze, di molestie sessuali, persino di stupri se non di omicidi, ma non di “contraffazione di marchio industriale” che è la cosa al mondo che mi è più lontana.

La Milano di oggi è diventata moderna, modernissima, e forse questo era inevitabile nella globalizzazione, ma ha perso qualcosa: la sua anima.

Il Fatto Quotidiano, 7 febbraio 2024

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Alain Delon. Le ultime vicende di colui che è stato un mito, una sorta di Brigitte Bardot al maschile, sono una dimostrazione per così dire planetaria, data la notorietà del personaggio, di come non sia un bene portare la vita oltre certi limiti. Delon, che ha 88 anni, ha dichiarato: “La mia vita è finita. Voglio morire”.

Il biblista dice “settanta sono gli anni della vita dell’uomo”. Mi sembra ragionevole, se uno a settant’anni non ha vissuto tutto ciò che voleva vivere e pensato tutto ciò che voleva pensare, è bene che torni “alla casa del Padre”, come dicono i cattolici. Comunque grazie, o meglio a causa, della medicina moderna si possono sgraffignare senza infamia e senza lode una decina d’anni. In Italia l’aspettativa di vita, che corrisponde in pratica alla vita media – nel Medioevo si scontava l’alta mortalità natale e perinatale che lasciava in vita i più robusti – è di 84 anni. Ma bisogna vedere come si vivono questi anni in più. E la depressione, che è molto spesso la compagna della vecchiaia, può arrivare anche molto prima. Vittorio Gassman, che col suo fisico e il suo temperamento fino ai sessant’anni era stato un ragazzo, anzi un ragazzaccio, si rese conto che non poteva più recitare quella parte ed entrò in una depressione che lo accompagnerà fino alla morte, avvenuta a 78 anni. È ovvio che più la tua vita è stata intensa e più ti è indigeribile la vecchiaia. Ci sono persone che sono “nate vecchie”, come Piero Ottone, che è stato direttore del Corriere della Sera, e che non a caso ha scritto un libro, Memorie di un vecchio felice, in cui peraltro si insinua costante il pensiero della morte. Insomma chi è “nato vecchio” fa meno fatica ad accettare la vecchiaia. Per chi ha avuto una vita movimentata e spavalda vale il contrario e l’esistenza di Delon fu spavalda, ormai ne dobbiamo parlare al passato, non solo nel cinema dove è stato un ottimo attore e in alcuni casi anche un grande attore, ma nella vita. Si arruolò giovanissimo nella Legione Straniera. Nei momenti di massimo fulgore si circondava di guardie del corpo serbe, piuttosto feroci. Una di queste guardie fu trovata uccisa. I sospetti caddero non solo su Delon ma anche sulle altre guardie del corpo. Tutti i media, scalmanati come al solito quando c’è qualcosa di pruriginoso, aspettavano con ansia questa incriminazione, perché non c’è nulla che faccia più godere la gente del vedere un personaggio famoso con le spalle a terra. È la sorte che, in tempi attuali, capita a Ferragni, sia essa o no colpevole di quanto le viene addebitato (i piazzale Loreto sono sempre in agguato). Lui avrebbe potuto cavarsela facilmente scaricando in blocco le guardie del corpo, ma non lo fece. Per un punto d’onore. Quando Mireille Darc, che è stata la sua compagna dal 1968 al 1983, ebbe serissimi problemi di cuore, lui, che poteva avere mille altre donne, le rimase fedelmente accanto, non solo per generosità, ma perché si trattava di un punto d’onore.

Inoltre, oltre gli ottant’anni si apre una pianura desolata, inesplorata, tetra, cupa, atra come si esprimevano i Latini, che non è nemmeno immaginabile da chi non l’abbia raggiunta.

Adesso strugge vedere quest’uomo, aitante, che ha percorso una vita non priva di pericoli anche fisici, malmenato, picchiato da una donna che era stata una delle sue tante amanti e che poi era divenuta una sorta di badante. Un’umiliazione intollerabile. “La mia vita è finita. Voglio morire”.

Il Fatto Quotidiano, 2 febbraio 2023

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Si assiste in Occidente alla tendenza, sempre crescente, a rifugiarsi nell’esoterismo nelle sue varie declinazioni, nello spiritualismo, nello spiritismo, nella Kabala, nel satanismo (di cui, in Italia, è centro Torino, la più cupa e tetra delle città), nel sufismo, nello sciamanesimo, nella stregoneria, nella Magia possibilmente nera, nel “menagramo“, tutte cose che hanno sostituito i più simpatici, innocenti e innocui Tarocchi cui nessuno ha mai seriamente creduto, era un divertimento come un altro. L’esoterismo attraverso la Thule era praticato da personaggi che occupavano i più alti gradi del nazismo, Himmler, Goering, Hess, Eckart, Rosenberg, Frank (si veda il bel libro Il nazismo magico di Giorgio Galli, che è morto di recente, adesso dobbiamo accontentarci di Ferragni). Non è un buon segno. Si crede poi, quale ordinatore del mondo, al numero 22 che sono le lettere che compongono l’alfabeto ebraico e 22 sono i capitoli dell’Apocalisse. Si crede alle coincidenze per cui nulla avviene mai a caso (le “coincidenze” hanno sostituito la vecchia, cara e innocua scaramanzia) cosa che è all’origine di tutti i “complottismi”.  Anche la Massoneria che pur era nata proprio per liberarsi dell’esoterismo, in realtà nelle sue pratiche (“il muratore” eccetera) lo riafferma.

Perché questa crescita dell’esoterismo? Morto Dio nella coscienza dell’uomo occidentale, come aveva già preannunciato Nietzsche negli anni ottanta dell’Ottocento, morte le ideologie, per sottrarsi all’egemonia del nuovo dio, il Mercato, l’uomo cerca scampo altrove. E questa è la parte positiva. Ma ce n’è una, più preoccupante, negativa. Tutti questi fenomeni di tipo mistico, o piuttosto pseudomistico, possono indurre suggestioni e autosuggestioni pericolose soprattutto in soggetti fragili. Esemplare è la vicenda di don Bosco. Costui infilò sotto il cuscino di un adolescente che viveva nel suo convitto un bigliettino che diceva: “Domani morirai”. E in effetti l’indomani il ragazzo fu trovato morto (e l’han fatto pure santo il mascalzone). Se tu dici a uno: guarda che quando ti alzi dal divano puoi morire d’infarto, quello prima o poi, suggestionato o autosuggestionato, morirà d’infarto.

C’è poi la credenza nel “menagramo”(La patente di Pirandello) che ha finito per uccidere Mia Martini. Ci auguriamo che questo non capiti all’innocente, almeno in questo caso, Delmastro, che ha avuto la sfortuna di trovarsi in due casi in luoghi dove era successo qualcosa. Perché al di là di ogni esoterismo puerile la Sfortuna, cioè il Caso, esiste. Come dice la voce popolare: “La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo”.

Il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2024