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Forse non tutto il male vien per nuocere. Chissà che il Datagate non apra finalmente gli occhi all'Europa, non le faccia capire che gli Stati Uniti, oggi, non sono più il nostro maggior alleato ma, oltre che un competitor economico sleale, un nemico e forse il principale. Per la verità è da tempo, da quasi un quarto di secolo, che avremmo dovuto prendere le distanze dall' 'amico americano', dal 1989 quando si dissolse l'Unione Sovietica. Fino ad allora questa alleanza sperequata con gli Stati Uniti, simboleggiata e concretizzata dalla Nato, era stata obbligata perchè solo gli americani avevano il deterrente atomico per dissuadere 'l'orso russo' dal tentare avventure militari in Europa Ovest. Era chiaro, o almeno appariva tale, che se l'Urss avesse osato sganciare la Bomba su Berlino o su Parigi o su Roma missili sarebbero partiti dall'America in direzione di Mosca. Per la verità la cosa non era poi cosi' scontata. Almeno da quando a metà degli anni Ottanta Ronald Reagan, in un momento di brutale franchezza o di inizio di Alzheimer, si lascio' sfuggire che «l'Europa potrebbe essere teatro di una guerra atomica limitata». Comunque sia l'Alleanza Atlantica è stata per quasi settant'anni lo strumento con cui gli americani hanno tenuto l'Europa in stato di sudditanza, militare, politica, economica, culturale e psicologica. Avevamo, è vero, anche un debito di riconoscenza verso di loro: ci avevano liberati dal nazifascismo. Ma, come ha detto la Littizzetto, «quando scade il mutuo?». Sono passati settant'anni. Il mutuo è scaduto. Il pericolo russo non esiste più, anzi la Russia (se si ingoia il rospo del genocidio ceceno, e non è poco) si presenta oggi come un alleato più credibile degli attuali Stati Uniti. In fondo la Russia, almeno nella sua parte al di qua degli Urali, è culturalmente (Dostoevskij, Tolstoj, Cechov, Gogol, Puskin) più vicina all'Europa dell'America. E i nostri interessi di europei non solo non coincidono più con quelli americani, ma divergono. Noi non possiamo avere la stessa politica aggressiva nei confronti del mondo arabo-musulmano. Se non altro perchè questa gente ce l'abbiamo sull'uscio di casa e non a diecimila chilometri di distanza.

Qualche cauto tentativo di sfilarsi dall'abbraccio dell' 'amico americano' da parte di alcuni Paesi europei c'è stato. La Germania non è andata in Iraq, la Spagna di Zapatero si è ritirata. Noi italiani invece ci siamo andati, in 'missione di pace' naturalmente e i nostri militari, credendo alle menzogne dei nostri politici, hanno piazzato il loro quartier generale quasi nel centro di Nassirya con le tragiche conseguenze che conosciamo. Mentre olandesi, canadesi, francesi, polacchi se ne sono andati o se ne stanno andando dall'Afghanistan, noi italiani ci restiamo. Alleati fedeli, fedeli come solo possono esserlo i cani, ma nello stesso tempo sleali perchè non combattiamo e paghiamo i Talebani perchè non ci attacchino e persino ci proteggano. Spendendo cosi' inutilmente 800 milioni di euro che potremmo utilizzare meglio dalle nostre parti.

Ma lasciamo perdere l'Italia, un Paese senza, svuotato di tutto, che geopoliticamente non conta più nulla perchè ha perso il suo ruolo di terra di confine fra Est e Ovest. E' l'Europa nel suo insieme che, approfittando anche del Datagate, deve prendere le distanze dall'Alleanza Atlantica. Anzi liberarsene al più presto. E che gli americani continuino pure a spiarci, ma almeno da nemici e non, beffardamente, da alleati.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 2 novembre 2013

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Domenica scorsa il Procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, intervenendo al Congresso dell'Associazione nazionale magistrati, riferendosi al giurista francese Antoine Garapon che aveva denunciato gli atteggiamenti anti istituzionali dell'ex presidente Sarkozy, ha affermato: «Sarkozy quanto ad atteggiamenti anti istituzionali ne ha di strada da fare. Noi siamo andati molto, ma molto più avanti». I berlusconiani sono insorti ritenendo che Bruti Liberati si riferisse al loro leader. E a chi altro semmai? Quale premier in carica, francese o di qualsiasi altro Paese europeo o extraeuropeo, ha affermato, parlando per sopramercato all'estero, che la magistratura del suo Paese, del Paese di cui era alla guida, «è il cancro della democrazia»? Quale altro premier ha dichiarato che «i magistrati sono antropologicamente dei pazzi»? Quale altro ex premier raggiunto da una sentenza definitiva e condannato a quattro anni per frode fiscale, si rifiuta di accettarla e tiene in bilico il governo del suo Paese (pardon, del «mio Paese», del «Paese che amo») che sta attraversando una grave crisi economica, minacciando sconquassi se non gli verrà garantito un salvacondotto, cioè di non pagar dazio per il reato che ha commesso? Tutto questo per Francesco Nitto Palma, presidente Pdl della Commissione Giustizia del Senato, non è grave e su questo non ha mai profferito verbo. «Gravissimo è che il procuratore di Milano, titolare dell'ufficio presso il quale pende un procedimento a carico di Silvio Berlusconi, abbia fatto un chiaro riferimento (al leader della neo Forza Italia, ndr)». Puo' essere che Bruti Liberati, magistrato peraltro molto stimato a Milano, abbia sbagliato. Ma questo è il classico apologo del fuscello e della trave. Non c'è volta in cui il Cavaliere sia stato colpito da un provvedimento giudiziario sfavorevole (ultimo il rinvio a giudizio a Napoli per la presunta corruzione del senatore De Gregorio, presunzione detta in via prudenziale poichè non si vede perchè mai De Gregorio avrebbe dovuto autoaccusarsi per beccarsi una condanna a un anno e otto mesi), che i berlusconiani non siano insorti gridando all' 'accanimento giudiziario', al 'complotto delle toghe politicizzate'. Possibile che tre giudici del Tribunale di Milano, tre della sua Corte d'Appello (caso Mediaset), tre di un'altra sezione del Tribunale milanese (caso concussione/Ruby), uno di Napoli (caso De Gregorio) , cinque di Roma (ancora caso Mediaset) e persino i tre magistrati civili del primo verdetto sulla separazione da Veronica Lario («tre donne comuniste» secondo il Cavaliere) siano tutti in combutta per colpire, violando la legge, Silvio Berlusconi? Che si sia in presenza di un'associazione a delinquere che, in quanto tale, dovrebbe essere denunciata nelle sedi competenti e cioè davanti ad altri Tribunali della Repubblica?

Il fatto è che mentre i berlusconiani non fanno altro che accusare i magistrati di agire in base a 'teoremi', non si accorgono, quando in buona fede, di essere seduti su un'assioma: l'innocenza di Berlusconi 'a prescindere'. Ma mentre un teorema deve essere dimostrato, l'assioma, in quanto petizione di principio, non ha bisogno di questo sforzo. Non ha bisogno di dimostrazioni. E' indistruttibile.]

Particolarmente odioso è che tutte queste illogicità vengano utilizzate per salvare un soggetto condannato in via definitiva per una collossale frode fiscale, proprio in un momento in cui noi, 'gente comune' come veniamo sprezzantemente chiamati, siamo tartassati, è il caso di dirlo, da Equitalia, magari per una disattenzione, una distrazione o un ritardo. Ma per noi non ci sono salvacondotti.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 1 novembre 2013

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Paul Tibbets è il pilota che sgancio' l'atomica su Hiroshima. Nel 1985 un giornalista del The Columbus Dispatch, Mike Harden, lo intervisto' e, alla luce delle spaventose conseguenze di quella Bomba, gli chiese: «Lo rifarebbe oggi?». «Certo» rispose «Sono stato educato alla disciplina. Ai miei tempi se uno riceveva un ordine da chi ne aveva l'autorità, obbediva». Non capisco perchè quello che, a quel tempo, valeva per Paul Tibbets non dovesse valere anche per Erich Priebke. Perchè gli americani la guerra l'hanno vinta e i tedeschi persa?

Nel 1947 fu processato Kappler, le ferite del secondo conflitto mondiale erano molto più sanguinanti di quanto possano essere oggi, ma proprio perchè si era ancora vicinissimi alla guerra se ne conoscevano le leggi. E infatti Kappler, il diretto superiore di Priebke, non fu condannato per la rappresaglia in sè, che era ammessa e legittimata dalla Convenzione di Ginevra, ma perchè in un macabro eccesso di zelo fece fucilare cinque persone in più di quanto previsto. Quando gli Alleati occuparono la Germania, i francesi emisero bandi di rappresaglia nella proporzione di 20 a uno, i russi di 50 a uno e gli americani, sempre grandiosi, di 200 a uno. Ma poichè la Germania era rasa al suolo e non ci fu nessuna resistenza partigiana manco' l'occasione di applicarli.

Tibbets in un'altra occasione, intervistato da un giovane giornalista televisivo, disse: «Posso raccontarle quello che ho fatto, ma dubito che noi due riusciremo a comunicare. Lei è troppo giovane. Lei non puo' capire». Non si puo' capire in tempo di pace cio' che è avvenuto in tempo di guerra. Perchè sono due dimensioni incommensurabili, in cui vigono regole completamente diverse. Cio' che è lecito in guerra, uccidere, è assolutamente proibito in pace. Per questo, in tutti i tempi e presso tutte le culture, il passaggio dalla pace alla guerra è sempre stato segnato da rigorosi riti di demarcazione. In epoca moderna dalla dichiarazione di guerra. Negli ultimi decenni queste sane abitudini si sono perse. Oggi la guerra si fa, con cattiva coscienza e percio' non la si dichiara. Si preferisce chiamarla 'missione di pace', 'operazione di peacekeeping', 'intervento umanitario'. Con cio' ingenerando non solo una grande confusione ma spazzando via quel poco di 'ius belli' che aveva sempre regolato le guerre (per esempio nel trattamento dei prigioneri di cui, non essendoci più una guerra dichiarata, si puo' fare carne di porco, vedi Guantanamo). Quando parliamo di crimini commessi durante l'ultima guerra mondiale (che naturalmente ci furono come dimostra la sacrosanta condanna di Kappler o la strage di Cefalonia dove i tedeschi uccisero i soldati italiani loro prigionieri) dobbiamo fare lo sforzo di riferirci al contesto in cui avvennero. Se Priebke si fosse rifiutato di obbedire a Kappler sarebbe stato un eroe. Ma non era Salvo D'Acquisto, non era un eroe. Era un uomo dallo spessore intellettuale e morale di un domestico che vestiva un'uniforme da soldato. E vorrei proprio vedere fra coloro, giornalisti, opinionisti, conduttori televisivi, che oggi fanno tanto i muscolari e le 'anime belle' chi, nel 1944, avrebbe osato resistere a un ordine che veniva direttamente da Adolf Hitler.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 26 ottobre 2013