Non so cosa abbia spinto Bossi a sottoporsi all'inevitabile umiliazione delle 'primarie' della Lega. Ma nell'ora della sconfitta sento il bisogno di rendergli l'onore delle armi. E' stato l'unico, vero, uomo politico comparso sulla scena italiana nell'ultimo quarto di secolo.
Nel 1990 salutai con favore l'affiorare della Lega: era la prima forza di opposizione che si presentava dopo vent'anni di regime consociativo che negava, in sè, l'essenza di ogni liberal democrazia. La presenza di una forza di opposizione permise ai magistrati (se prima osavano tanto venivano scaraventati nella periferia dell'Impero) di scoperchiare il verminaio della corruzione della classe politica, del taglieggiamento sistematico degli imprenditori. Oggi si tende a cambiare le carte in tavola affermando che la Magistratura si sostitui' alla politica, agendo in modo abusivo, ma vorrei vedere chi ha la faccia tosta di negare che in quegli anni non ci fosse appalto senza tangente politica che poi gli imprenditori scaricavano sui consumatori. Questo malaffare di sistema ci è costato 630 mila miliardi di lire, un quarto di quel debito pubblico che oggi è uno dei nostri maggiori elementi di debolezza in Europa.
Ma la Lega di Bossi non era mera opposizione. Aveva dei contenuti originali. La riscoperta, in un mondo che si andava globalizzando, del bisogno di identità. Bossi è stato l'unico uomo politico, nella modernità, a creare miti, poveri miti se volete (il Dio Po, l'ampolla, Pontida) ma miti e quindi sogni. In questa sacrosanta riscoperta dell'identità la Lega (più che Bossi) ha fatto l'errore di non capire che essa passava per il rispetto di quella altrui (anche se la presenza di parlamentari leghisti a Belgrado, sotto i bombardamenti americani del 1999, aveva questo segno). C'è stata poi l'intuizione delle tre 'macroregioni', perchè è vero che Nord, Centro e Sud rispecchiano realtà molto diverse, dal punto di vista economico, sociale, culturale, climatico. Un'idea che guardava lontano perchè un'Europa politicamente unita (quella che oggi la Lega di Salvini avversa) non avrebbe più avuto come punti di riferimento periferici gli Stati nazionali, azzerati, ma aree omogenee e fra loro coese. Quest'idea fu ferocemente avversata dalla classe politica del tempo («le tre Repubblichette») come ferocemente avversata fu la Lega contro la quale venne organizzato un fuoco di sbarramento che nemmeno le Br avevano avuto, perchè la partitocrazia aveva avvertito il pericolo (oggi ci riprovano Grillo e i 'forconi', vedremo).
Ma il vero 'assassino' di Bossi è stato Berlusconi. Bossi aveva scosso l'albero, Berlusconi, sodale di Craxi, per il misterioso ragionar degli italiani, ne raccolse i frutti. L'alleanza con Forza Italia fu mortale per la Lega. Era un movimento localista e si alleava con un assatanato globalizzatore, era antiamericana e si alleava con uno più americano degli americani. Bossi aveva intuito il pericolo e il suo più bel discorso in Parlamento è stato quello del dicembre del 1994 quando abbattè il primo governo Berlusconi. Ma poi le cose andarono diversamente, l'altro era troppo più forte economicamente e non solo.
Bossi era un autodidatta. Ma sapeva assemblare i materiali più vari metabolizzandoli per i suoi obiettivi. Che è il vero segno dell'intelligenza. Era un uomo animato da un'autentica passione e come tutti gli uomini di passione ha finito per lascarci la salute. Tutto il triste resto è frutto della malattia. Per questo nell'ora più amara desidero dirgli, con rispetto, con amicizia e con affetto: grazie Umberto.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 13 dicembre 2013
Quando al V-Day di Genova Grillo, abbandonato per un momento il mantra del «Tutti a casa», che campeggiava anche sulle magliette distribuite in Piazza della Vittoria è tornato sul tema del lavoro (già sfiorato in altre occasioni senza ottenere molta attenzione) visto pero' in un'ottica completamente diversa da quella attuale («Chi non lavora non mangia») affermando che «il lavoro è schiavitù e deve essere ripensato», la folla osannante che gremiva la piazza non lo ha seguito e non lo ha capito. Eppure questa visione del lavoro è centrale se non nell'intero Movimento 5Stelle, certamente lo è, anche se in modo un po' confuso, nel pensiero del suo leader, cosi' come per la Lega delle origini lo era l'identità prima che tracimasse in xenofobia.
Prima della Rivoluzione industriale il lavoro non era mai stato considerato un valore. Tanto che è nobile chi non lavora e artigiani e contadini lavorano per quanto gli basta, il resto è vita. C'è qualche studioso (R. Kurtz, 'La fine della politica e l'apoteosi del denaro', Manifestolibri, 1997) che ipotizza che in epoca preindustriale non esistesse il concetto stesso di lavoro cosi' come noi modernamente lo intendiamo, semmai quello di mestiere che è cosa diversa. Anche la Chiesa, almeno a stare a San Paolo, considerava il lavoro solo «uno spiacevole sudore della fronte». E' l'Illuminismo che, razionalizzando gli straordinari sconvolgimenti portati dall'industrialismo, fa del lavoro un valore, sia nella sua declinazione liberista che marxista. Per Marx il lavoro è 'l'essenza del valore', per i liberisti (Adam Smith, David Ricardo) è quel fattore che combinandosi col capitale dà il famoso 'plusvalore'. Da questo punto di vista liberismo e marxismo si differenziano molto poco (Stakanov è un'eroe dell'Unione Sovietica e Lulù, nella magistrale interpretazione di Gian Maria Volontè, è, almeno nella prima parte del film, lo Stakanov italiano nel beffardo capolavoro di Elio Petri, 'La classe operaia va in Paradiso'). E' da qui che ha inizio la deriva economicista che ci porterà al paradosso per cui noi oggi non produciamo nemmeno più per consumare ma consumiamo per poter continuare a produrre. E un operaio deve scegliere fra lavoro e salute. O la cassiera di un Supermarket deve considerare vita passare otto ore al giorno alla calcolatrice senza scambiare una parola col cliente-consumatore. O un ragazzo deve sentirsi fortunato se lavora in un call-center. Volete altro? Che senso ha aver inventato strumenti che velocizzano al massimo il tempo se poi siamo costretti a impiegare il tempo cosi' guadagnato in altro lavoro (magari investito nella creazione di strumenti ancor più veloci in un circolo vizioso che non ha mai fine). Abbiamo usato malissimo la tecnologia. Avrebbe potuto liberarci dalla schiavitù del lavoro e invece l'abbiamo utilizzata per renderlo ancor più alienante, o assente proprio mentre lo abbiamo reso necessario. Cio' a cui, sia pur confusamente, pensa Grillo (e non so se i suoi giovani seguaci, tantomeno i suoi elettori, l'hanno capito) è un ritorno al passato. Non è un rivoluzionario ma un reazionario (anche se, a questo punto, le due cose finiscono per coincidere). Pensa a un ritorno all'agricoltura, all'artigianato, a una piccola impresa che non superi le dimensioni dell'antica bottega. Utopia? Oggi certamente si'. Domani forse no. Ed è qui che l'ormai vecchio Beppe si differenzia dal giovane paraculo Renzi. Rottamare tutti, mandare «tutti a casa» non ha senso se poi si continua col modello di sempre.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 7 dicembre 2013
Si chiama 'affecting computing', è un software messo a punto da due società americane che grazie a degli algoritmi analizza 22 punti del volto e «legge» i sentimenti di una persona al di là di quanto vuol far pparire. Per il momento questo software è utilizzato dalle industrie per capire dalle espressioni dei consumatori il gradimento dei loro prodotti e l'efficacia dei messaggi pubblicitari, ma è destinato a essere applicato nei più vari settori. In più l' 'affecting computing', combinandosi con un'altra recente invenzione, i 'Google glass', occhialini-computer, permetterà a chiunque di vederci senza maschera, senza difese, nudi come lo dovremmo essere solo il giorno del Giudizio.Addio al vecchio gioco della seduzione. L'eterno dubbio maschile «ci sta o non ci sta?» non avrà più ragione d'essere. Ai tempi miei i codici erano meno algoritmici anche se, forse, meno precisi. Se, ballando, lei ti metteva il braccio sul petto era niet, se sulla spalla il messaggio era neutro, se intorno al collo potevi coltivare qualche speranza, se ti permetteva il 'cheek to cheek' («Il ballo del mattone» cantato da Rita Pavone) voleva dire che eri autorizzato ad andare più in là senza peraltro avere nessuna certezza (Dio benedica l'ambiguità femminile che nessun algoritmo riuscirà mai a ridurre alla ragione).
La Scienza tecnologicamente applicata sta cercando di ridurci a dei chip. Se 'affecting computing' prenderà piede il futuribile 'Blade runner' sarà già passato. Saremo tutti dei replicanti (del resto i neuroscienziati dell' 'Albert Einstein' di New York si sono già incaricati di farci sapere, attraverso lo studio di una particolare molecola, NF-kB, la nostra 'data di scadenza' com'era per i replicanti del film di Ridley Scott). Tuttavia io continuo a credere (con Eraclito) che l'intuito sia più importante di qualsivoglia algoritmo. Sono stato, per mestiere, in luoghi assai pericolosi, la casbah di Alessandria d'Egitto, il cimitero dei Mamalucchi al Cairo, a Soweto nell'era dell'apartheid, sul bus della Putco, unico bianco, che mi portava ad Alexandra un ghetto nero di Johannesburg ancora più degradato di Soweto. Me la sono cavata anche senza 'affecting computing' e gli occhialini di Google, cercando di capire chi mi stava attorno, senza fare lo stronzo. Anche di recente il vecchio intuito da reporter mi ha dato una mano. Milano di notte, fra un quartiere scintillante e l'altro, è terra di nessuno. Camminavo, verso le due, in una di queste strade deserte quando ho visto venirmi incontro tre ragazzi con la chiara intenzione di aggredirmi. Davanti marciava il capo, chiamiamolo Griso, i due bravi un passo indietro. Quando sono stati vicinissimi ho notato sulle labbra del Griso una leggera increspatura di incertezza. Ho fatto finta che mi volessero chiedere una sigaretta. Il Griso ha allargato le braccia a fermare i compagni. E' finita a tarallucci e vino. «Vuoi della coca?» mi ha chiesto alla fine il capo. «Non fa per me, e anche tu vacci piano» ho risposto dandogli un buffetto sulla guancia. Se avessi avuto gli occhialini di Google mi avrebbero massacrato di botte e rapinato (anche dei Google, giustamente).
La Scienza sembra impazzita. L'ultimo grido è «il microcervello creato in provetta». Tutto cio', occhialini Google compresi, si chiama 'realtà aumentata'. Io penso invece che dovremmo dirigerci verso una 'realtà diminuita'. Vorremmo restare uomini fra gli uomini. Non diventare macchine fra macchine.
Massimo Fini
Il Gazzettino, 6 dicembre 2013