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Fra i programmi di Berlusconi ci sono, l'amnistia, il condono fiscale, la libertà su cauzione. L'amnistia sarebbe resa necessaria dal sovraffollamento delle carceri, un tasto su cui battono da anni, e con ben altra serietà, i radicali. Ci sono 66 mila detenuti in carceri organizzate per contenerne 47 mila, con uno 'spazio vitale' per ogni detenuto che è spesso inferiore a quei tre metri quadrati che secondo la Convenzione europea sono il minimo per evitare «trattamenti disumani e degradanti». Ma la storia recente dimostra che amnistia e indulto sono inefficaci, nel giro di due anni le carceri si ripopolano. I poveracci che ne escono, non avendo altre risorse, tornano a delinquere mentre nuovi se ne aggiungono. In quanto all'indulto, calcolato preventivamente, serve soprattutto a 'lorsignori' per evitare una detenzione che si meriterebbero ampiamente. Sono più di trent'anni che si pone il problema del sovraffollamento delle carceri. Possibile che in tutto questo tempo non si sia pensato alla soluzione più elementare? Costruire carceri nuove, dignitose e anche confortevoli perchè la pena per il detenuto è la privazione della libertà alla quale non si devono aggiungere forme di tortura. Possibile che in più di un quarto di secolo non si sia stati capaci di costruire carceri degne di un Paese civile? Eppure si dice sempre che l'edilizia è un volano per l'economia ma si preferisce assatanarsi su imprese faraoniche, e sostanzialmente inutili, come la Tav o il Ponte di Messina. Sono più redditizie. In questo quadro si è inserita una pronuncia del Tribunale di Padova che propone di sospendere l'esecuzione della pena quando il reo sia destinato a un carcere sovraffollato. Intenzione lodevole, ma con conseguenze devastanti. Io uccido un uomo ma resto a piede libero perchè in carcere vige il 'numero chiuso'.

I condoni fiscali hanno sempre portato pochissimi quattrini nelle casse dello Stato, in compenso hanno incoraggiato l'evasione, tanto si sa che, in Italia, prima o poi un condono arriva, caricando cosi' di tasse intollerabili quei pochi che ancora le pagano.

In quanto alla libertà su cauzione è la solita giustizia di classe, i delinquenti ricchi fuori, grazie al denaro, mentre per i responsabili dei reati da strada, per i quali anche dovrebbe valere la presunzione di innocenza, ci vuole, come si è espressa la pasionaria berlusconiana e, quando le fa comodo supergarantista, Daniela Santachè: «la galera subito, e buttare via le chiavi».

Mi chiedo a questo punto cosa devono pensare quei cittadini che, per senso del dovere sono rimasti, con sforzo, con sofferenza, ligi alla legge. Dovrebbero essere presi da una rabbia furibonda, rovesciare il tavolo e poichè, come dice la Bibbia, «terribile è l'ira del mansueto», prendere a bastonate una classe dirigente che li considera solo come pecore da tosare, asini al basto al servizio di lorsignori. Ma è molto più probabile che si accontentino della 'rivoluzione' soft di Beppe Grillo.

Massimo Fini

Il Fatto quotidiano, 23 febbraio 2013

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«Sapremo tutto del nostro cervello: come funziona, come lo si ripara e come lo si puo' migliorare». Sono parole di Barack Obama a proposito di un ambizioso progetto chiamato Brain Activ Man cui stanno già lavorando aziende tecnologiche come Google, Microsoft, Qualcom e altre «hi-tech» più specificamente mediche.

A questo delirio conoscitivo ci sia concesso muovere qualche obiezione. Quando noi conosceremo con perfezione scientifica i circuiti cerebrali che provocano le nostre emozioni, la gioia, l'amore, la tenerezza, la paura, la crudeltà, l'odio, la gelosia sapremo tutto di questo cervello diviso a spicchi ma avremo perso l'uomo. Nella sua interezza, nella sua singolarità, nella sua insondabile e dolorosa poesia. Avverrà in 'corpore vili', cioè sull'essere umano, quello che lo strutturalismo ha tentato in letteratura. Lo strutturalismo ci dice, per esempio, quante volte Dante ha usato un certo termine nella Divina Commedia. Alla fine di questa dotta ricerca cosa rimane della poesia di Dante?Nulla. Cosi' sapremo tutto su come funziona il meccanismo umano, ma niente di più, anzi qualcosa di meno, sull'uomo.

Si dice che queste ricerche saranno decisive nel prevenire certe malattie neurologiche, come l'Alzhaimer, potenziando il cervello di soggetti sani inserendovi circuiti elettronici e chip al silicio. Anche qui siamo nella linea per cui non esistono più soggetti sani, siamo tutti potenzialmente dei malati e cosi' dobbiamo essere trattati, con effetti non del tutto indifferenti sulla nostra psiche e sulla nostra 'joie de vivre' («Muore mille volte chi ha paura della morte»dice il vecchio e saggio Epicuro. E' vero che l'Alzheimer è in continuo aumento, ma non si capisce bene se cio' sia dovuto all'allungamento della vita (cosa che mi pare contradditoria perchè l'Alzheimer è una demenza senile precoce), ad una maggior precisione delle diagnosi o non piuttosto al tipo di vita estremamente stressante che conduciamo. Mi ricordo che quando ero ragazzino, negli anni Cinquanta, di Alzheimer non si parlava quasi, c'era l'arteriosclerosi, il nonno che inseguiva le domestiche per appioppargli una pacca sul sedere, una cosa in fondo simpatica e innocua.

Si dice ancora che scopo di questa ricerca, in cui saranno investite centinaia di milioni di dollari, è di «individuare i meccanismi del funzionamento della mente da trasferire nei computer per sviluppare una 'intelligenza artificiale' sempre più simile a quella dell'uomo». Ma dai e ridai c'è il rischio che l' 'intelligenza artificiale' superi quella dell'uomo e lo assoggetti a sè stessa. E' l'ipotesi di Duemilauno Odissea nello spazio di Stanley Kubrick (del resto è successo, in tutt'altro campo, quello economico, che il meccanismo ci sia sfuggito di mano e oggi ci domini).

Ma l'obbiettivo finale di questa ricerca sul cervello, di questo progetto, ce lo svela, senz'ombra di turbamento, Edoardo Boncinelli, in un articolo sul Corriere della Sera: «E' fare dell'uomo una supermacchina». Cioè un robot. In una sorta di sinistro comunismo tecnologico saremo tutti, disperatamente, uguali.

Massimo Fini

Il Gazzettino, 22 febbraio 2013

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Man mano che ci si avvicina alla data delle elezioni i rappresentanti dei partiti, che per settimane hanno passeggiato in tutti i talk show senza farne mai cenno se non con riferimenti generici al 'populismo' e all''antipolitica', ma guardandosi bene dal nominarlo, e i giornali legati al sistema, cioè quasi tutti, si accorgono che esiste 'anche' Beppe Grillo. Dopo mesi di un prudente silenzio il Corriere gli ha dedicato, oltre a un editoriale di Pierluigi Battista, contorto e ambiguo come quasi tutto cio' che scrive Battista (o Giuliano Ferrara), due intere pagine all'interno del giornale dove si viene a sapere, fra l'altro, che il Movimento 5 Stelle raccoglie il 30% dei consensi fra i giovani dai 18 ai 23 anni. Anche nei talk show più ossequiosi al Potere, tipo 'Porta a Porta', non ci si puo' più esimere dal parlare di Grillo.

Questa improvvisa attenzione dice che i partiti hanno una fifa blu, temono che i loro piani abbiano fatto i conti senza l'oste. E lo coprono di insulti e anche questo è un segno di paura. Da sinistra gli danno del 'fascista' (Luigi Manconi), dal centro dello 'sfascista' (Mario Monti), a destra hanno scoperto che è un pericoloso comunista (Berlusconi:«Abbiamo scoperto che moltissimi dei suoi candidati vengono dai centri sociali e dai No Tav»). Ma le accuse più ricorrenti sono, naturalmente, quelle di 'populismo', di 'antipolitica', di 'dispotismo' all'interno del suo movimento. Che cosa sia il 'populismo' io, lo confesso, non l'ho mai ben capito. Il Palazzi lo definisce «atteggiamento genericamente democratico e socialista, senza solide basi dottrinali». Mi piacerebbe sapere quale partito ha oggi «solide basi dottrinali». Il Pdl del «delinquente naturale» Berlusconi (cosi' lo ha definito la sentenza del Tribunale di Milano sui diritti Mediaset)? Il Pd dove c'è tutto e il suo contrario? Il neopartito dell'ex magistrato Ingroia? Il micropartito Fratelli d'Italia dell'inguardabile La Russa? Battersi contro costoro e affini, e i loro vassalli, valvassini e valvassori, fra cui ci sono i nove decimi del giornalismo italiano, che hanno semidistrutto, economicamente, socialmente e moralmente, il nostro Paese in trent'anni di malefatte di ogni genere, non è 'antipolitica', è, al contrario, fare politica contro 'questa' politica. Infine il 'dispotismo' è necessario a un movimento rivoluzionario allo stato nascente, quale quello di Beppe Grillo è sia pur con modalità pacifiche. I partiti, invece di demonizzarlo, dovrebbero dire grazie a Grillo. Per almeno due motivi. Perchè senza 5 Stelle ci sarebbe un'astensione che sfiora il 70% e risulterebbe evidente che due italiani su tre non credono più alla truffa della democrazia rappresentativa. Ma soprattutto Grillo convoglia nel suo movimento, in qualche modo istituzionalizzandola e innocuizzandola, una rabbia montante che potrebbe esplodere, in qualsiasi momento, nelle forme più violente.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2013