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Beppe Grillo è stato fatto fuori dalla Costituente dei Cinque stelle con aggiunta di sberleffi della platea. Non sarà più il “garante”, non avrà alcun ruolo nel Movimento.

Fra le decisioni prese dalla Costituente forse la più importante è la fine della regola dei due mandati, anche se era stata annacquata, non contando come mandato la carica di sindaco. Il senso del no a più di due mandati era di non professionalizzare la politica, il non diventare “professionisti della politica” come li definisce Max Weber, che vivono di politica ma non per la politica. Obbiettivo generoso ma irrealizzabile, perché uno non fa a tempo a capire i meccanismi, spesso truffaldini della politica politicante, che deve lasciare il posto a un altro che dovrà rincominciare da capo.

Conosco Beppe da quando eravamo ragazzi e faceva il comico. Quando ha cominciato a darsi alla politica l’ho appoggiato in tutti i Vaffa. All’inizio Beppe mi chiedeva dei consigli e io glieli ho dati sempre sbagliati. C’è una scena in cui siamo allo Smeraldo e lui con un bastone fracassa un computer. Invece sarà proprio grazie ai computer che il Movimento farà la sua fortuna.

Decisiva nella storia dei Cinque stelle è la morte di Gianroberto Casaleggio. Grillo era il frontman, un formidabile comunicatore, cosa che Conte non è. In questo campo Giorgia Meloni col suo dire franco e schietto (“non ci sono i soldi”, “non sono ricattabile” indirizzato sia pur indirettamente al ricattatore princeps Berlusconi) lo batte dieci a uno. Ma una visione c’era, adesso dove vogliono andare i Cinque stelle proprio non lo capisco.

Giuseppe Conte che non era nemmeno iscritto al Movimento è stato creato da Grillo e da oscuro avvocato civilista è diventato un importante personaggio politico. Il che conferma una regola quasi matematica che non vale solo in politica: se fai un favore a una persona costui non te lo perdonerà mai poiché si sente in debito, non lo sopporterà e tiferà sicuramente contro, cosa che Giuseppe Conte ha puntualmente fatto. Questo è il vero tradimento nella storia fra Giuseppe Conte e Beppe Grillo.

Vediamo i fatti. Con Grillo i Cinque stelle erano oltre il 33 per cento, con Conte sono scesi al 9,9 per cento. E’ vero che da allora molte cose sono cambiate, ma evidentemente Conte non è stato in grado di intercettarle. In un partito normale il responsabile di una simile débâcle verrebbe cacciato su due piedi, come un allenatore che perde tutte le partite.

Non c’è dubbio che Conte abbia fatto anche alcune cose buone forse la più importante è stata ottenere 209 miliardi per il Pnrr, ma decisivo è stato l’intervento di Angela Merkel che tenne a bada i cosiddetti “Paesi frugali”, come decisiva fu la Merkel nella cacciata di Berlusconi, quando telefonò a Napolitano dicendogli “se andate avanti così finite come la Grecia”.

Non so che parte abbia avuto Conte nell’elezione a sindaco di Roma di Virginia Raggi che ho avuto la fortuna di conoscere e che apprezzo. Eravamo a colazione all’aperto in un modesto ristorante vicino al Campidoglio. Nessuno si avvicinò per contestarla. Lei era vestita in t-shirt e jeans, una ragazzina, del resto aveva solo trentotto anni. Quella Virginia Raggi che, insieme all’Appendino, in questo Paese di femministi fu subito aggredita. Raggi non aveva nemmeno fatto in tempo a mettere piede in Campidoglio che il Corriere apriva su due pagine una rubrica titolata “Caos Roma”. Si scoprivano i topi di Roma, gli scarafaggi di Roma, i cinghiali di Roma, gli ippogrifi di Roma. Peraltro uno dei pregi dei Cinque stelle è stato quello di ringiovanire il pleistocenico panorama politico italiano, Carlo Sibilia ha oggi 38 anni, Roberto Fico 50.

Su Casaleggio posso raccontare una buffa storia che non mi fa onore come giornalista. Era appena apparso sulla scena e tutti lo cercavano. A quell’epoca partecipavo spesso a un talk dei Cinque stelle in Via Moroni 6, vicino alla casa del Manzoni. Quella volta vi trovai un tipo magro, allampanato con i capelli lunghi fino alle spalle non però alla moda dei capelloni d’antan. Mi fu presentato ed io equivocai sul suo nome che mi suonò  “Zé Roberto”. Lo strano tipo mi trattenne a lungo facendomi dei discorsi di cui capivo poco o niente. Io friggevo perché avevo anche altro da fare. L’intervista venne poi condotta da un ragazzo al quale a un certo punto chiesi: “ma è vero che quello lì si chiama proprio Zé Roberto, come la mezzala del Bayer Leverkusen?”. Il ragazzo mi fece una bella intervista, era molto bravo ma poi, non ho mai capito il perché, fu cacciato ed è evidentemente un’ancestrale vizio dei Cinque stelle di cacciare i suoi elementi migliori fino, ed è storia di oggi, al suo fondatore, al suo creatore, senza il quale non sarebbero mai esistiti i Cinque stelle.

Un merito di Conte è stato il guidare il governo “giallorosso” che sostituiva quello incestuoso con la Lega di Salvini. Ma tutto questo avvenne con la supervisione e il consenso di Grillo.

Ho visto di recente, qualche mese fa, Beppe a pranzo nella sua casa di Genova, insieme alla sua deliziosa moglie Parvin Tadjk di origine iraniana, quella casa da cui si vede, sotto, il mare di Camogli dove Beppe si tuffa per tenersi in forma (e la traversata dello Stretto di Messina e il dispendio di energie che comportò, la vogliamo dimenticare?). Mi pare che Parvin gli facesse più o meno questo discorso: non siamo più dei ragazzi, abbiamo sei figli, vogliamo goderceli un poco? Anche per questo, credo, negli ultimi tempi Grillo ci ha un po’ mollato. E forse Beppe non era più così lucido, così conseguente alla sua storia. La difesa di Ciro, accusato di violenza sessuale, fu una cosa totalmente sconclusionata.

Dunque ha vinto Giuseppe Conte. La cosa farà piacere al direttore di questo giornale che è autore del libro il “Conticidio”. A me non garba punto. Rimango fedele a un’amicizia e a una vicenda politica irripetibile.

Adesso Conte cercherà di pescare, come tutti gli sconfitti in politica, fra gli astenuti che, stando alle ultime regionali, sono più della metà della popolazione e fra gli astenuti non vengono conteggiate le schede bianche e nulle, cosa particolarmente grave perché si votava anche per i sindaci e i sindaci sono i politici di cui la popolazione si fida di più, perché sono più vicini territorialmente ai propri cittadini.

Ora che i Cinque stelle sono diventati un partito non credo proprio che Conte possa pescare in questo ambito perché chi “vota” nulla o bianca o si astiene è contro le Istituzioni, è contro la democrazia trasformatasi truffaldinamente in partitocrazia. Ha scritto Norberto Bobbio, che ha dedicato alla democrazia la sua lunga vita e sul cui essere egli un liberale non è lecito dubitare: “Oserei dire che l’unica vera opinione è quella di coloro che non votano perché hanno capito, o credono di aver capito che le elezioni sono un rito a cui ci si può sottrarre senza danni”.

In definitiva qualsiasi movimento che si metta contro la partitocrazia, prima o poi, con qualche marchingegno, con l’aiuto dei giornali, viene stroncato. E’ capitato alla Lega di Bossi. Tocca ora ai Cinque stelle.

 

27 novembre 2024, il Fatto Quotidiano

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La stampa italiana, tranne naturalmente quella di destra, ha cercato in questi giorni di rendere giustizia a Licia Pinelli, morta a 96 anni l’11 novembre, moglie del ferroviere anarchico Pino Pinelli, quella giustizia che Licia non ha mai avuto e ancora aspetta.

Ho conosciuto molto bene, non solo per lavoro ma per reciproca empatia, gli ambienti anarchici dello Scaldasole e della Ghisolfa, non solo i personaggi più noti, come appunto Pinelli e Pietro Valpreda, ma ragazzi meno noti al pubblico: Gio Fallisi che aveva una benda bianca sull’occhio destro, frutto di un pesantissimo pestaggio di quei pulotti che tanto piacciono a Giorgia Meloni e Vittorio Feltri, Della Savia, Tito Pulsinelli, cioè il gruppo che fu accusato di aver messo una bomba alla Fiera di Milano il 25 aprile 1969 preludio a quella devastante alla Banca dell’Agricoltura del 12 dicembre. Fecero sette mesi di carcere per poi finire assolti per “insufficienza di prove”. A quei processi ero presente come cronista dell’Avanti! e lì, parlando fra le sbarre della “gabbia”, incontrai altri giovani anarchici che non conoscevo.

Dopo la bomba alla Banca dell’Agricoltura la stampa borghese diede il meglio di sé. Mi ricordo un articolo sul Corriere d’informazione di Vittorio Notarnicola dove il giornalista deduceva la colpevolezza di Valpreda perché era affetto dal morbo di Buerger. Questo per Valpreda, ballerino (quel morbo colpisce soprattutto alle gambe) era una condanna della vita e non della cosiddetta giustizia italiana che peraltro lo tenne in carcere quattro anni senza processo, cosa per cui gli “ipergarantisti” di oggi, o i loro ascendenti intellettuali, non batterono ciglio. Fui fra i non molti che firmarono un appello per la scarcerazione di Valpreda ed è l’unico appello che ho firmato in vita mia ritenendo che, in genere, gli appelli sono un modo per darsi visibilità e fare, senza spese, le “anime belle”.

Pinelli era un classico anarchico-idealista, un uomo mite che non avrebbe fatto male a una mosca. In ogni caso le poche, anche se importanti, volte che hanno ucciso, gli anarchici lo hanno fatto seguendo una certa etica implicando il proprio corpo, uomo contro uomo, come fu per gli anarchici russi che Albert Camus ha definito “i terroristi gentili”.

Sono stato al famigerato quarto piano della Questura di Milano per un interrogatorio che riguardava la strage di Piazza della Loggia. Mi sono appoggiato al famoso parapetto. Era sufficientemente alto perché uno non potesse cadere, come si è scritto, per un “malore attivo”. Le cose, a mio parere sono chiare: i poliziotti che in quel momento interrogavano Pinelli gli hanno dato un colpo mortale sul collo, fra l’atlante e l’epistrofeo, e poi per nascondere l’omicidio l’han buttato giù dalla finestra. A un Pinelli che si butta giù dalla finestra urlando “è la fine dell’anarchia!” non potrò mai credere.

Luigi Calabresi non era presente nella stanza ed è stato assolto, ma i poliziotti che erano in quella tragica stanza in qualche modo se la sono cavata.

E qui si innesta un’altra tragica vicenda parallela: l’assassinio di Calabresi che fu perpetrato dai terroristi di Lotta continua, Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani, Ovidio Bompressi e Leonardo Marino, che certamente anarchici non erano (sia detto di passata, Calabresi, che aveva fatto esperienza negli Stati Uniti, era un ottimo poliziotto che sapeva intrufolarsi negli ambienti su cui intendeva indagare riuscendo ad ottenerne la fiducia e ricavandone le notizie che gli interessavano).  Sofri, che ottenne anche una revisione del processo, caso quasi unico nella storia giudiziaria italiana, condannato a 22 anni di carcere di cui ne scontò 7, sfruttò quella nomea per diventare, per parecchi anni, un editorialista del più importante quotidiano di sinistra, Repubblica, e del più venduto settimanale di destra, Panorama.

Nell’occasione di quel mio interrogatorio in Questura conobbi anche i metodi della Digos, girano intorno per ore fino ad arrivare alla domanda decisiva che dovrebbe incastrarti. Io ero sospettato insieme ad altri giornalisti, fra cui Marco Sassano dell’Avanti!, di avere contatti con ambienti eversivi della sinistra. La denuncia era anonima e mi indicava come giornalista dell’Avanti!, peccato che io in quel periodo lavorassi, e da un bel po’ di tempo, per L’Europeo. Naturalmente non se ne fece nulla ma lo stress fu notevole.

Ho avuto modo di avere contatti, per lavoro, con alcuni agenti dei Servizi, fra cui la famosa “spia” Giannettini e il capitano Labruna e di conoscere il loro assoluto dilettantismo. Giannettini lavorava così: faceva uscire un dettaglio insignificante su una qualche inchiesta, Corrado Incerti e Sandro Ottolenghi de L’Europeo, che si occupavano allora delle “piste nere”, ingigantivano la notizia e la infiocchettavano con le loro fantasie. Giannettini li riprendeva, aumentando la dose, e così all’infinito. Insomma la famosa “spia” era un formidabile fancazzista, ma Labruna era anche peggio. Questo lo stato dei nostri Servizi. Alle volte mi dico: meno male che c’è il Mossad.

Quando ci fu il botto alla Banca dell’Agricoltura io mi trovavo nel mio ufficio alla Pirelli insieme ad altri impiegati e tutti pensammo che fosse esplosa una caldaia. Non eravamo ancora abituati a fatti di questo genere. Era invece nata quella che è stata chiamata la “strategia della tensione”.

Molti commentatori, in polemica con l’attuale governo di destra, attribuiscono la bomba alla Banca dell’Agricoltura e quel che ne è seguito ai “servizi deviati” in combutta con i fascisti di allora. Gli anarchici e i fascisti erano, sia pur per motivi diversi, il bersaglio prediletto della borghesia capitalista.

Che i misteriosi “servizi deviati” abbiamo avuto una parte pesante in questa storia è fuor di discussione anche se poi non si riesce mai a dare un nome ai singoli soggetti che ne facevano parte. Bisogna tener presente che negli anni di cui abbiamo parlato eravamo in piena guerra fredda e quindi Stati Uniti e Unione Sovietica hanno avuto una parte in queste vicende. Ma io non inquinerei una storia così delicata con la solita gazzarra fascisti/antifascisti. Mi piace invece ricordare la dignità con cui Licia Pinelli ha condotto la sua battaglia riuscendo ad opporsi alla chiassosa ingiustizia di cui è stata vittima con l’implacabilità del silenzio.

 

23 Novembre 2024, il Fatto Quotidiano

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Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato l’unico a reagire all’inammissibile intromissione negli affari interni del nostro Paese di Elon Musk che ha detto che i magistrati italiani che si occupano della questione migratoria “debbono sloggiare” e, per soprammercato, ha aggiunto che in Italia non esiste una vera Democrazia ma “un’autocrazia non eletta”. A queste affermazioni insultanti non solo nei confronti dei magistrati ma per l’intero nostro Paese, per le nostre Istituzioni e, in definitiva, per i cittadini italiani, Mattarella ha così risposto: “L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, il 7 ottobre 2022, ‘che sa badare a se stessa nel rispetto della sua Costituzione’. Chiunque, particolarmente se, come annunziato, in procinto di assumere un importante ruolo di governo in un Paese amico e alleato, deve rispettarne la sovranità e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”.

Che ha fatto invece il governo italiano? Si è limitato a prendere atto con parole equivoche, da “tira a campà”, delle dichiarazioni del Presidente della Repubblica. Credo che Giorgia Meloni avrebbe dovuto dire qualcosa in proposito. Ma come, tu ci propini a ogni piè sospinto il tuo ipernazionalismo e poi lasci che la Nazione intera sia offesa?

I giornali di destra che dal tempo di Mani Pulite, che richiamò anche la classe dirigente, politica e imprenditoriale al rispetto di quelle leggi a cui noi tutti ci dobbiamo attenere, hanno colto la palla al balzo ribadendo implicitamente che non siamo che sudditi non solo degli yankee in generale ma anche, e ancor più, di un loro singolo esponente (“Noi altri tutti, valorosi, valenti, nobili e plebei non fummo che volgo, senza considerazione, senza autorità, schiavi di coloro cui faremmo paura sol che la repubblica esistesse davvero”, Lucio Sergio Catilina in ‘La congiura’ di Sallustio).

Vittorio Feltri (il Giornale, 15.11) si trincera dietro la libertà di espressione e scrive: “Musk non si è reso autore di un qualche incidente diplomatico. Né ha recato nocumento alla nostra sovranità”. Ma che sovranità può avere un Paese che si lascia intimidire da un singolo individuo, per quanto, e forse perché, potente? E il prode Aldo Cazzullo, che sei giorni su sette ci dà lezioni di storia, gira intorno al problema facendone una questione estetica ma che estetica non è perché riguarda la dignità di una Nazione e del suo popolo: “Un diverbio a distanza tra Sergio Mattarella ed Elon Musk è come far sedere l’uno difronte all’altro Norberto Bobbio e Topo Gigio. Non sono soltanto persone diverse per generazione, cultura, linguaggio. Uno non è mai apparso in pubblico senza giacca e cravatta, l’altro si veste come uno svalvolato” (Corriere della Sera, 15.11).

Che le affermazioni di Musk siano uno sfregio a tutti gli italiani lo si può cogliere frequentando i bar, vera e originaria vox populi più dei social che sono delle intermediazioni. Nei giorni successivi alle affermazioni di Musk nei bar non si parlava che di questo, con indignazione perché ogni italiano si sentiva offeso personalmente. E in quanto agli altri avventori, tunisini o marocchini o bangla, ci guardavano con commiserazione.

Noi italiani sappiamo bene di essere dei sudditi degli Stati Uniti dalla fine della Seconda guerra mondiale oltreché sudditi della finanza globale e dei mercati. In questo caso il potere della finanza e dei mercati che è anonimo si personalizza in un individuo, Elon Musk che è più potente del suo Presidente che si è guardato bene di fare affermazioni così sfacciate. E non vale nemmeno dire che Elon Musk non rappresenta gli Stati Uniti perché non ha nessun ruolo istituzionale, perché qui non è una questione di forma ma di sostanza, inoltre il tycoon, più tycoon dello stesso Trump, coprirà a breve l’incarico di “segretario per l’efficienza governativa”. Credo che lo strapotere di un solo uomo, più potente di interi Stati, dovrebbe essere messo all’attenzione delle classi dirigenti di ogni Paese, eventualmente con misure legislative.

Inoltre mi chiedo, anche se è solo un dettaglio, quale sarebbero state le reazioni in Italia se le stesse affermazioni le avesse fatte Vladimir Putin. Sarebbe stato un finimondo.

 

20 Novembre 2024, il Fatto Quotidiano