Nei giorni scorsi avevo dedicato un trafiletto a Chiara Martinoli, giornalista Sky, elogiandone le capacità professionali e la rara grazia. E’ stato come il bacio della morte. Chiara, che non conosco personalmente ma solo attraverso gli schermi della TV, non è più apparsa su Sky. Me ne dispiace e mi scuso con la ragazza Chiara.
M.F
“Là dove c'era l'erba ora c'è/ Una città / E quella casa in mezzo al verde ormai/ Dove sarà…Torna e non trova gli amici/che aveva/ Solo case su case/ Catrame e cemento/ Là dove c'era l'erba ora c'è/ Una città, ah/ E quella casa in mezzo al verde ormai/ Dove sarà, ah/ Non so, non so / Perché continuano /A costruire, le case/ E non lasciano l'erba
/Non lasciano l'erba /Non lasciano l'erba /Non lasciano l'erba /Eh no /Se andiamo avanti così, chissà /Come si farà /Chissà /Chissà /Come si farà”.
Questa canzone di Celentano, che è del 1966, l’abbiamo citata altre volte sul Fatto ed è ovvio perché il problema della cementificazione, o per meglio dire il dramma, affonda le sue radici in un passato ben più lontano degli anni Sessanta, in quello straordinario stravolgimento che ha cambiato il mondo, e che passa sotto il nome di Rivoluzione industriale. Il mondo contadino non aveva di questi problemi, innanzitutto, e lapalissianamente, perché le industrie erano infinitamente di meno, e quindi meno cemento sia nei suoi esiti che nella sua produzione, in secondo luogo, legato strettamente al primo, perché i contadini conoscevano la terra e sapevano come trattarla, sapevano, per esempio, che dei boschi si può far legna ma che servono anche per drenare le acque e quindi tagliavano là dove c’era da tagliare e lasciavano stare dove c’era da lasciar stare. La media borghesia beota, che non conosce le arti artigiane ma nemmeno la speculazione intellettuale, non è in grado di trattare la terra.
Quello che aveva capito, o intuito, nel 1966 Adriano Celentano, che non è noto per una particolare intelligenza, avrebbero dovuto capirlo i politici (qui mi riferisco all’Italia ma il problema è globale e riguarda tutti i Paesi dove la Rivoluzione industriale ha messo piede). E per quanto i politici siano a loro volta, anche se non sempre, beoti non possono essere da meno di Celentano. In realtà i politici, o quanto meno la maggioranza, avevano capito benissimo dove si andava a parare con la cementificazione, nel business, nel Dio Quattrino che è oggi l’unico ‘idola’ universalmente riconosciuto. E questo vale sia ai livelli alti che bassi. Nel mio condominio i coinquilini non si sono accontentati dell’ecobonus, già dubbio in sé, ma, per sgraffignare qualche soldo in più, hanno preteso l’installazione di un telo pubblicitario che sbarra la strada all’aria, alla luce, al sole. Sono convinto che se tu andassi da un 'bangla' e gli dicessi “ti do un po’ di soldi ma, per mesi, ti tolgo l’aria, la luce, il sole” quello ti sfanculerebbe. E comunque se il 'bangla' può avere qualche giustificazione, non l’hanno i cittadini benestanti che abitano il mio condominio.
La tragedia dell’Emilia Romagna si lega agli eventi climatici eccezionali, ormai all’ordine del giorno, che sono a loro volta causati dal mutamento climatico mondiale che è provocato dalla CO2 che si lega, in un modo o nell’altro, alla produzione industriale.
“Come si farà” si chiede alla fine della sua canzone Celentano. Non si farà e prima o poi andremo a incontrare, come docili, ma con i venti, pecore, il tracollo del sistema perché non c’è persona, politico, imprenditore, docente universitario, giornalista, tranviere, magazziniere, elettricista che non abbia in bocca la parola magica: “crescita”. E chiunque parli di “crescita”, in senso positivo invece che avversarla o quantomeno moderarla, è un criminale.
Il Fatto Quotidiano, 22.05.2023
Donald Trump è stato condannato in sede civile da una giuria di Manhattan per abusi sessuali, risalenti al 1996, sulla scrittrice Carroll oggi settantanovenne. Per poter condannare Trump lo Stato di New York aveva emanato nel 2022 una legge firmata dalla governatrice democratica Kathy Hochul che annullava la prescrizione per abusi sessuali. The Donald potrà ugualmente candidarsi alle elezioni del 2024 ma certamente questo colpo basso non giova alla sua reputazione anche se una condanna per abusi sessuali, che sarebbero stati perpetrati 26 anni fa, lascia molto perplessi, è una della tante storture del MeToo. Comunque quando ci sono in ballo delle elezioni i candidati più che esporre quali sono i loro programmi, si dedicano a colpire moralmente l’avversario. E questa è diventata una prassi non solo del puritanesimo americano ma riguarda anche molti altri Stati del mondo, Italia compresa.
Nell’Europa democratica si tifa apertamente per Biden non solo perché è democratico, ma perché The Donald con la sua capigliatura platiné è considerato volgare. Io penso invece che sarebbe bene tifare per Trump. Il Tycoon, come viene spregiativamente chiamato, nasce come imprenditore e ha la mentalità del imprenditore. E’ lui che ha deciso il ritiro degli americani dall’Afghanistan e conseguentemente delle altre forze, occidentali e non, che si erano aggregate a quella sciagurata impresa e finita poi malissimo perché, imperante Biden, il ritiro è avvenuto nel modo più caotico e quasi tragicomico (in quanto all’Italia il primo a fuggire è stato l’ambasciatore). Si era portato molto meglio Richard Nixon quando ci fu il ritiro dal Vietnam. A Trump non andava giù che gli Stati Uniti avessero investito nel conflitto anti-talebano mille miliardi di dollari per una guerra che, secondo gli stessi strateghi del Pentagono, “non si può vincere”. Penso quindi che se Trump ritornerà al potere applicherà lo stesso schema per la guerra russo-ucraina dove gli Stati Uniti in un solo anno, da gennaio 2022 a febbraio 2023, hanno speso 71 miliardi. Anche qui per una guerra, come ha affermato più volte il Capo di Stato maggiore yankee, il generale Milley, che “nessuno può vincere”. Da notare che storicamente i conservatori americani sono stati “isolazionisti” prima che Bush senior invertisse totalmente la rotta seguito poi dal democratico Clinton, guerra alla Serbia, 1999, da Bush junior, guerra all’Iraq, 2003, guerra alla Somalia, per interposta Etiopia, 2006/2007, da Barack Obama, subito santo perché nero, con la totalmente illegale aggressione alla Libia del colonnello Gheddafi le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
La soluzione per la fine della guerra russo-ucraina l’aveva suggerita Silvio Berlusconi, anche lui di base un imprenditore, quando rivolgendosi direttamente a Zelensky e Biden disse: “Per arrivare alla pace, il signor Presidente americano dovrebbe prendersi Zelensky e dirgli: è a tua disposizione dopo la fine della guerra un piano Marshall per ricostruire l'Ucraina…bisogna che tu (Zelensky ndr) domani ordini il cessate il fuoco anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi”. Curiosa affermazione per un uomo come l’ex Cavaliere che è stato sempre più americano degli americani. Curiosa ma intelligente e non va depennata perché è di Silvio Berlusconi. In una conferenza tenuta il 16 maggio a Castegnato mi è stato chiesto come deve comportarsi un giornalista. Un giornalista onesto quando un leader politico di un campo avverso dice cose che ritiene giuste deve dire che sono giuste, così come se un leader politico che ritiene a lui vicino dice sciocchezze deve ammettere che sono sciocchezze (anche se poi, a parer mio, un giornalista non dovrebbe avere né amici né nemici politici, perché il suo compito è fare il giornalista, non il politico).
Ebbene se Trump ritornerà alla presidenza degli Stati Uniti farà la stessa cosa che Berlusconi ha consigliato a Biden e la guerra finirà nel giro di pochi mesi e Zelensky sarà costretto a non ricattare più l’universo mondo, tornando nella sua irrilevanza.
A finanziare l’Ucraina di Zelensky non c’è solo, dopo gli Stati Uniti, l’Unione Europea, il che è comprensibile visto che la guerra è vicina a casa nostra, ci sono anche organizzazioni planetarie come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e le Nazioni Unite. Ora quando lo stesso aggressore di oggi, la Russia allora Unione Sovietica, invase nel 1979 l’Afghanistan, non ancora talebano, né il Fondo Monetario né la Banca Mondiale né l’ONU diedero agli aggrediti un ghello. Il che vuol dire che nelle Nazioni Unite, come, parafrasando Orwell, disse Mu’ammar Gheddafi in un discorso all’ONU che gli costerà la pelle, “tutti gli Stati sono uguali, ma ce ne sono alcuni più uguali degli altri”.
Il Fatto Quotidiano, 20 maggio 2023