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Claudio Anastasio, Presidente della 3-I, società pubblica, è stato massacrato (“apologia del fascismo” secondo il Pd e il quotidiano La Repubblica che ha fatto il presunto scoop) e quindi costretto a dimettersi perché in una mail interna inviata ai componenti del Consiglio di Amministrazione assumendosi la responsabilità dell’andamento dell’azienda, ha parafrasato, ripeto: parafrasato, il discorso con cui Benito Mussolini il 3 gennaio 1925 si era attribuito la responsabilità politica e morale dell’assassinio di Giacomo Matteotti. Riferimento, quello di Anastasio, certamente inopportuno, sempre che sia stato voluto, ma nulla più. Winston Churchill replicò il famoso discorso di Catilina ai soldati prima della battaglia copiando letteralmente l’ultima frase: “vi prometto solo lacrime e sangue”. Non per questo Churchill può essere segnato a dito come un eversore dello Stato come lo fu Catilina. Si è andati a ravanare nel passato di Anastasio, si è scoperto che nel 1997 aveva curato un programma sulla storia del Duce. Forse che in Italia è proibito rifare, seguendo le proprie opinioni, giuste o sbagliate che siano, la storia di Mussolini e della sua famiglia? E allora mettiamo in galera anche Renzo De Felice che, come storico, ha chiarito dati alla mano che il Fascismo ebbe un largo consenso fra gli italiani (“gli anni del consenso”).

Polemiche sepolcrali come quelle sul fascismo e l’antifascismo possono esistere, a 75 anni dalla fine della guerra, solo in Italia. Il fatto è che noi italiani non abbiamo fatto i conti con la nostra storia recente assumendo come buona la sciagurata interpretazione di Benedetto Croce secondo il quale il Fascismo era stato “solo una parentesi della nostra storia”. Invece il Fascismo fa parte a pieno titolo della nostra storia nel male ma anche nel bene che pur ci fu. Montando la leggenda partigiana, e lo dico con il massimo rispetto per gli uomini e le donne che partigiani lo furono davvero e non solo dopo il 25 luglio, come ho rispetto dei ragazzi che andarono a morire per Salò in nome di altri valori, l’onore e la lealtà, che a quei tempi erano moneta corrente (non ho aspettato Luciano Violante per riconoscere pari dignità ai ragazzi che andarono a morire per Salò), noi abbiamo fatto finta di aver vinto una guerra che avevamo invece perso nel più sciagurato dei modi, tradendo, in una lotta per la vita e per la morte, l’alleato che ci eravamo scelti e schierandoci, come avevamo già fatto nella Prima guerra mondiale, col vincitore. In realtà la lotta partigiana, pur benemerita, fu marginale in quella tragica epopea che fu la Seconda guerra mondiale. I protagonisti furono altri: gli americani, gli inglesi, i russi sovietici da una parte (la Francia si è seduta arbitrariamente al tavolo dei vincitori, tanto che oggi conserva un seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU avendo avuto una Resistenza ancor più marginale di quella italiana, una correità col governo filo nazista del maresciallo Pétain e un’adesione della popolazione a quel regime filofascista maggiore di quella italiana) i nazisti tedeschi, gli italiani fascisti, i giapponesi dall’altra. 

Fra le benemerenze di Mussolini si può mettere, paradossalmente, che fu il miglior alleato degli Alleati: “spezzeremo le reni alla Grecia” e dovette intervenire la Wermacht per salvarci, il Duce aprì il fronte africano di cui Hitler non voleva sapere e ci fu la sconfitta nella battaglia di El Alamein in cui gli italiani si portarono benissimo come ammise lo stesso Rommel, sconfitta scontata data la disparità delle forze in campo.   

Uscendo dal paradossale fu Mussolini, come abbiamo già ricordato, a resistere alla crisi di Wall Street del ’29 creando l’IRI, e poi ci furono leggi economiche di tutto rispetto e un’attenzione all’istruzione con il  liceo classico curato da Giovanni Gentile, che è stato valido fino agli anni ’60 del dopoguerra e in qualche misura lo è ancora oggi (“il classico mi sta aiutando a cercare me stesso, a capire da dove vengo e chi devo diventare, fornendomi una preparazione versatile e multiforme” ha scritto al Corriere il sedicenne Flavio Maria Coticoni, che sia fascista anche lui?). Ci sono poi cose minori, molto irrise, come la divisa. Mi ha detto qualche anno fa una vecchia signora che fu ragazza durante il regime e che indossò quella divisa: “per noi ragazze e per i ragazzi la divisa nascondeva le differenze sociali fra chi può permettersi ed ostentare le griffe e chi no” come è storia di oggi. Ci sono le attività sportive imposte alla gioventù, anche se poi Starace, col salto nel ‘cerchio di fuoco’, rendeva ridicolo ciò che invece aveva un suo senso: tenere allenata la nostra gioventù, invece di accontentarsi di andare a vedere le partite di calcio.

E veniamo agli errori ed anche agli orrori di cui primo responsabile fu Benito Mussolini. Il primo fu quello di far entrare l’Italia in guerra assolutamente impreparata (“ci basteranno poche migliaia di morti per sederci al tavolo della pace”, abbiamo visto) e fu la tragedia dell’Armir. Ci sono poi il delitto Matteotti, l’assassinio a Parigi dei fratelli Rosselli, aver tenuto in galera per una decina di anni Antonio Gramsci il vero leader del Partito comunista (“dobbiamo impedire a questa mente di funzionare”). Anche se bisogna pur dire che fra tutti i totalitarismi di quei tempi nazismo, stalinismo, Mao Tse-tung, il Fascismo fu certamente il meno sanguinario.

C’è infine l’adesione alle leggi razziali che i nazisti non ci avevano nemmeno chiesto. Questa, sotto il profilo etico, è la colpa più grave oltre che grottesca. Se c’è un popolo che, “per fortuna o purtroppo” per dirla con Gaber, non può vantare alcuna purezza raziale è quello italiano che, conquistato di volta in volta da questo o da quello, è un crogiolo di etnie diverse (“Franza o Spagna purché se magna”).

Ma anche la questione semitismo/antisemitismo ha fatto il suo tempo. Gli ebrei non sono più i perseguitati di un tempo, appartengono anzi, grazie alla finanza internazionale, all’élite che governano il mondo. Si riconoscono in uno Stato, Israele, che un giorno sì e uno no ammazza bambini palestinesi solo perché palestinesi. Nella striscia di Gaza tengono un popolo in un lager a cielo aperto, proprio loro che dei lager furono le prime, anche se non le sole, vittime.

Gli emarginati oggi sono altri. Sono i migranti, in genere dell’Africa subsahariana, che vengono a morire sulle nostre coste e che Salvini, e tutti i razzisti alla Salvini, vorrebbero tener lontani così che anneghino in mare o siano respinti nell’inferno della Libia che proprio noi, francesi, americani, italiani, abbiamo creato, violando tutte le leggi internazionali a cui oggi siamo molto attenti nella guerra russo-ucraina, aggredendo uno Stato sovrano, come sovrani erano la Serbia e l’Iraq, e macellando il colonnello Muhammar Gheddafi in una maniera che disgusterebbe anche i ‘tagliagole’ dell’Isis.

Il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2023

 

Il Comitato di redazione del Fatto prende distanze dalle tesi di Massimo Fini, che giudica inaccettabili.

Il CDR

Che pena. Sembra di essere tornati all'epoca mitica e gloriosa in cui erano i Comitati di redazione (Fiengo and company) a decidere quello che andava messo in pagina. É questo che è inaccettabile.

m.f

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Agli inizi di marzo il debito pubblico degli Stati Uniti ammontava a 31 trilioni di dollari, una settimana dopo questo già stratosferico debito era aumentato di altri 6,8 trilioni di dollari. A che cosa servono questi ulteriori stratrilioni di dollari? Per coprire le spese militari, le spese per le pensioni, per i veterani di guerra e per gli anziani che negli Stati Uniti sono il 15 percento della popolazione visto che il tasso di natalità è del 1,60 percento circa (del resto, fredde statistiche a parte, basta guardare le mummie di Joe Biden e del poco più giovane, si fa per dire, Donald Trump per capire che negli USA non c’è un ricambio generazionale decente).

Io ho dei problemi con gli anziani, con le pensioni, con le spese militari e allora che faccio: butto sul piatto qualche trilione di dollari. Elementare Watson. Ma dove li vado a prendere questi trilioni? Non dall’oro di Fort Knox che non esiste più da quando, facendo un’operazione di chiarezza, il Gold exchange standard fu abolito per decisione di Richard Nixon che, sia detto di passata, è stato il miglior Presidente americano dell’ultimo mezzo secolo (si ritirò dal Vietnam, altra “guerra che non si poteva vincere” come quella all’Afghanistan, aprì alla Cina e fu poi costretto alle dimissioni per uno scandalo da quattro soldi, il cosiddetto Watergate, molto pompato da quelle madonnine infilzate che sono i democratici americani, ma soprattutto da una stampa che dimostrò di essere, ancora una volta, uno dei cancri della democrazia). Li prendono nella forma del credito. È questo stare a credito il motivo delle più importanti crisi economiche internazionali che vengono tutte dagli Stati Uniti, da quella di Wall Street del ’29 a quella della Lehman Brothers del 2008 che si sono riversate poi regolarmente sull’Europa. Solo che nel ’29 il mondo non era ancora globalizzato e i Paesi europei poterono metterci una pezza, in particolare l’Italia mussoliniana con la creazione dell’IRI trasformato poi, dalla Democrazia cristiana nell’Italia repubblicana e democratica, in un carrozzone indecente che pompava denaro dei privati per darli al pubblico, cioè ai partiti con le conseguenze che noi tutti, se si ha una certa età, conosciamo (nella nostra disastrata scuola questi dettagli non si insegnano, ma questo farà parte di un altro articolo per la disperazione di Travaglio).

Lasciando perdere gli Stati Uniti e guardando la faccenda in una dimensione globale, con l’uno percento del denaro esistente nel mondo nelle sue varie forme, azioni, obbligazioni, bond, future, derivati, “fresca” (sempre più rara, esiste ormai solo al tavolo del poker), si potrebbero acquistare tutti i beni e i servizi del mondo. A cosa corrisponde il restante 99 percento? A un colossale credito addebitato al futuro. Bene, ammesso che il futuro sia illimitato (cosa incerta perché nessuno è mai riuscito a capire che cosa sia realmente il Tempo) noi lo abbiamo ipotecato fino a regioni temporali così sideralmente lontane da renderlo di fatto inesistente. E un giorno, non poi così lontano vista la velocità cui stiamo andando, questo futuro, reale o immaginario che sia, ci ricadrà addosso come drammatico presente.    

Il Fatto Quotidiano (17 marzo 2023)

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Sono abbastanza convinto che con Donald Trump Presidente la guerra all’Ucraina non ci sarebbe mai stata o sarebbe durata pochi mesi. Il Tycoon, come lo chiamano spregiativamente, è di base un imprenditore. E ragiona da imprenditore, per questo ha ritirato il contingente americano dall’Afghanistan sembrandogli assurdo che gli Stati Uniti avessero speso 2.300 miliardi di dollari per “una guerra che non si poteva vincere” come ammetteva lo stesso Pentagono (del resto come si vede anche oggi in Ucraina i militari sono, paradossalmente, meno guerrafondai dei politici: Milley, il Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate americane, ha recentemente ribadito in un’intervista al Financial Times che nessun delle parti in causa, cioè Stati Uniti e Russia per interposta Ucraina, può vincere la guerra). Credo che allo stesso modo “the Donald” pensi che sia assurdo che gli Stati Uniti spendano 73 miliardi di dollari, destinati inevitabilmente ad aumentare, per una guerra ideologica che non è proporzionata ai vantaggi economici. Parlando in una recente convention dei conservatori americani Trump ha fatto notare: “Sono stato l’unico presidente a non fare guerre; e durante il mio mandato la Russia non ha preso alcun Paese”. A Trump, da buon pragmatico, le guerre ideologiche, tipo quelle alla Serbia, all’Afghanistan, alla Libia non interessano un fico secco.

Come Trump potrebbe convincere Putin a farla finita? Putin è un politico e non, almeno di base, un uomo d’affari però sufficientemente intelligente per capire che andando avanti di questo passo si troverebbe economicamente col culo per terra. Ecco perché Trump è convinto di poterlo ridurre a più miti consigli, non in due giorni come ha trumpescamente detto ma comunque a breve, poiché la guerra danneggia la Russia, danneggia ancor più i Paesi europei storicamente sottomessi agli USA dando agli americani dei vantaggi economici irrisori, mentre è in atto, anche e proprio per la guerra in Ucraina, una feroce competizione con la Cina che, quatta quatta, è quella che più si avvantaggia nella guerra russo-americana conquistando mezzo mondo con le armi dell’economia e non della guerra.

Credo infine che Trump appena si sarà di nuovo insediato alla Casa Bianca, com’è probabile perché l’ottantenne Joe Biden si tiene a malapena in piedi, pare peggio conciato di Berlusconi che di anni ne ha 86, smetterà di dare un solo dollaro a Zelensky e a quest’ultimo, senza l’appoggio americano, non resterà che sperare in un ingaggio, il prossimo anno, al Festival di Sanremo.

Il Fatto Quotidiano (14 marzo 2023)