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Il successo di Un Gioco (il titolo riprende da un eroticissimo fumetto di Milo Manara) mi ha travolto e stravolto. State rispondendo in moltissimi. È ovvio che non posso rispondere, se non in qualche raro caso, in fin dei conti devo anche lavorare. Do un primissimo rendiconto delle nomination. All'inizio nei personaggi storici dominava Gesù Cristo, sempre e comunque al primo posto nella graduatoria (noblesse oblige) e la cosa curiosa è che era accoppiato a famosi guerrieri. Molto nominato è stato anche Gandhi. Segno che in questo mondo tutto materialistico c'è un bisogno di spiritualità. Poi è emerso Ernesto Che Guevara, ma infondo la cosa non contrasta perchè anche il Che è, a modo suo, un uomo "spirituale". Molto segnalati anche Federico II e Napoleone. In seguito i film hanno travolto i personaggi storici. In testa Blade Runner e molti film di Kubrick. Molto gettonato C'era una volta in America che è un film cult per almeno un paio di generazioni. Non la mia. Io non l'ho capito, mea culpa mea massima culpa. Qua e là appare anche Kurosawa. Dei lettori hanno inserito categorie nuove: tennis, alcolici, popoli (molto insidiosa quest'ultima categoria). Anche i calciatori naturalmente vanno fortissimo, qualche lettore mi ha fatto notare che nella mia lista ho messo calciatori del passato non più in attività. Allora inserisco d'imperio la categoria "calciatori in attività" e dico la mia:

1- Robert Lewandowski. Bomber assoluto, che però sa anche giocare a calcio, sa aprire gli spazi ai compagni ed è molto generoso perchè anche quando potrebbe tirar lui passa al compagno meglio piazzato. Mi ricorda molto per certi versi il mio amato Ruud van Nistelrooij. Quando giocava nello United passava sempre la palla al giovanissimo Cristiano Ronaldo (mi ricordo un meraviglioso "scavino" con cui lo mette solo davanti al portiere) invece Cristiano, narciso come sempre, non gliela ridava mai finchè una volta Ruud, che è un uomo mite, gli diede un cazzotto in faccia e gli disse: "E ora vai a piangere dal tuo papà portoghese", forse è da allora che Ronaldo ha cominciato a capire che il calcio è anche uno gioco di squadra. Quando era al Real Benzema doveva essere al servizio di Cristiano e non segnava mai. Dopo un infortunio durato un anno Ruud rientrò in squadra e passò la palla a Benzema che segnò. Da quando si è liberato di Ronaldo Benzema è uno dei migliori cannonieri europei. In quella partita, subito dopo, segnò anche Ruud. Ma vidi che non esultava. Si infortunato di nuovo e fu la fine della sua non fortunata carriera. Comunque in Champions ha 60 gol su 81 partite, come media gol è dietro solo a Ronaldo, Messi e ora Lewandowski. Il vero campione si vede in Champions,per questo quel serbo travestito da svedese di Zlatan Ibrimovich pur geniale non lo è, per non parlare di quella capra di Iguain, il "pepita". L'importanza di Lewandowski si è vista nella partita con il Paris finita 3 a 2 per gli odiosi Francesi, con Lewandowski sarebbe finita 7 a 3 per il Bayern.

2- De Bruyne (Manchester City) oggi è probabilmente il più forte giocatore europeo, si vada a vedere il 2 a 1 con cui il City ha piegato il pur forte Borussia Dortmund. Nel primo gol De Bruyne prende la palla nel cerchio di centrocampo, dribbla un avversario, si invola dritto per dritto verso la porta, passa a un compagno a sinistra e poi sul cross è al posto giusto per insaccare, nel secondo gol geniale, degno di Iniesta, è il lancio a Gundogan.

3- Fabio Quagliarella. A 38 anni è il più prolifico cannoniere in attività con 174 reti. Stupendo il gol di sabato contro il Milan in cui ha uccellato Gigi Donnarumma con un tiro quasi dal cerchio di centrocampo. Vivaio del Toro poi lo abbiamo ceduto perchè era troppo forte, ma quel che è peggio l'abbiamo riceduto quando è tornato da noi, perchè non aveva esultato per un gol fatto a una delle sue tante ex squadre, il Napoli. E Quaglia è andato alla Sampdoria dove continua, anche in un a squadra molto modesta, a fare sfracelli.

4-Edison Cavani. Il suo idolo era van Nistelrooij e a dimostrato di esserna all'altezza. 157 gol con il Paris.

5- Gigi Buffon. È stato con Zoff il migliore portiere italiano di tutti i tempi. Adesso si presta a stare in panca da dove incita i compagni anche con qualche sacrosanta bestemmia violando l'isopportabile "politically correct" che si vuole imporre anche nel mondo del calcio. Inoltre è compagno della bravissima quanto bella Ilaria D'amico. Invidia, invidia, invidia.

Buon gioco a tutti. Bye bye.

M.F

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Fra un po' - adesso è troppo presto - fornirò le nomination più numerose. Ci sono parecchie sorprese.

Mia lista degli scrittori:

1) Nieztsche (tutto)

2) Kafka (tutto)

3) Dostoevskij (I Karamazov e I demoni)

4) Aldous Huxley (Il Mondo Nuovo, scritto nei primi anni '30, è una perfetta, abbastanza atroce, fotografia del mondo di oggi)

5) Albert Camus (Lo straniero).

Calciatori:

1) Ferenc Puskas (504 gol in 520 partite con una media di 0,98, si mette dietro Pelè, Ronaldo, Messi e tutti gli altri)

2) Andrés Iniesta ("Don Andrés" non solo per il gioco ma per la modestia e la signorilità, ma andrebbe accoppiato a Xavi. Con Iniesta e Xavi il Barça e la Spagna hanno vinto tutto, adesso non vincono più niente)

3) Ruud Van Nistelrooij

4) Morten Olsen (il "libero" della Danimarca Dinamite, volto scolpito come quello di certi personaggi di Jack London)

5) Roberto Rosato (stopper del Toro, formò con Cella e Ferrini la "mediana dell'avvenire", tempi ahimé lontanissimi).

 

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Mentre qui da noi si muore di paura, in altri luoghi del mondo ci si batte e, anche, si muore. In Afghanistan i Talebani combattono l’esercito governativo e l’Isis, l’esercito governativo i Talebani, l’Isis è contro tutti, in particolare i civili, con attacchi kamikaze perché per quei guerriglieri la morte non è il terrore puro come da noi ma è un’uscita dalla vita per entrare nel paradiso delle Uri (atteggiamento che, Uri a parte, dovrebbe appartenere anche ai cattolici che credono in un “Aldilà” ma hanno paura della morte quanto gli altri e forse più degli altri perché molti di loro, che hanno la coscienza sporca, temono di finire all’inferno – “L’Inferno esiste solo per chi ne ha paura”, il solito De Andrè).

Negli ultimi due mesi c’è stata una serie di attentati contro la polizia a Kabul mentre a Herat un’autobomba si è lanciata contro una sede locale della polizia facendo 8 morti e una cinquantina di feriti. Questi attacchi sono molto probabilmente talebani perché gli indipendentisti afghani colpiscono obiettivi militari o politici, mai direttamente i civili. Per la semplice ragione, come ho scritto tante volte, che non hanno nessun interesse ad inimicarsi la popolazione sul cui sostegno hanno potuto contare per una resistenza durata vent’anni e risultata alla fine vincente. Del tutto destituite di fondamento sono le recenti notizie che attribuiscono ai Talebani l’uccisione di tre infermiere che stavano praticando iniezioni antipolio. Questa è sicuramente farina del sacco Isis. Come può confermare Gino Strada, che con Emergency ha avuto varie cliniche in Afghanistan, i Talebani non si sono mai accaniti contro ospedali e personale medico di cui durante la guerriglia avevano estremo bisogno. L’equivoco, se in buona fede, nasce da un episodio dell’agosto 2010 che fece scandalo in Occidente. Un gruppo di otto missionari laici, sei americani, una tedesca e un’inglese, si stavano recando in un remoto villaggio dell’Afghanistan fra il Nuristan e il Badakhshan, sotto controllo talebano per un “progetto oculistico”. Il comandante talebano della zona li arrestò e li fece fucilare. Come potevano essere sicuri i guerriglieri che dei civili americani o britannici o tedeschi non passassero informazioni, magari incidentalmente, ai propri connazionali in armi? Per loro ne andava della pelle. In seguito la Cia ha confermato ufficialmente che si serviva di molti missionari perché passassero informazioni all’intelligence americana. Il comportamento talebano era quindi legittimo sia dal punto sostanziale che formale. Sono gli equivoci delle guerre mascherate come “missioni umanitarie” o di “peace keeping”. Nel secondo conflitto mondiale, quando la guerra era ancora una cosa seria ed esisteva uno ius belli, non sarebbe stato nemmeno immaginabile che un gruppo di missionari tedeschi, animati dalle migliori intenzioni, operasse al di là delle linee inglesi. O viceversa. Sarebbero stati arrestati e fucilati.

Della guerra all’Afghanistan in Occidente si parla pochissimo, forse per il disonore di averla persa, nonostante l’uso a tappeto dei B52 e dei droni che hanno colpito, e sì sì, più volte, degli ospedali, contro un esercito di straccioni armato solo di kalashnikov, granate e senza nemmeno un missile Springer (altro che sostegno dei servizi segreti pakistani) che, fornito dagli americani ai “signori della guerra” afghani durante l’invasione russa fu l’arma decisiva che convinse i sovietici ad abbandonare il campo.

Durante il recente vertice Nato a Bruxelles i tedeschi, che sono presenti in Afghanistan, si sono detti dubbiosi su un ritiro dal paese delle forze occupanti nonostante da un anno gli americani si stiano ritirando lasciando sul campo solo 8.000 uomini e solo rinviando, d’accordo con la delegazione talebana con cui stanno trattando a Doha, il ritiro totale a maggio. L’atteggiamento tedesco è curioso. I tedeschi non hanno partecipato né alla guerra alla Serbia, né all’Iraq, né alla Libia perché erano conflitti che non avevano la copertura dell’Onu, anzi ai quali l’Onu si era dichiarata contraria. Sono andati in Afghanistan nel 2001 perché sotto l’emozione suscitata dall’abbattimento delle Torri Gemelle gli americani erano riusciti a ottenere, con la copertura Onu, l’appoggio di una cinquantina di contingenti di vari paesi. Ma oggi che è stato accertato senza ombra di dubbio che la dirigenza talebana dell’epoca non sapeva nulla di quell’attentato e nulla c’entrava, che, come ha affermato lo stesso Joe Biden quando era vice di Obama, i Talebani non sono dei “terroristi” ma degli indipendentisti, quella missione non ha più alcun senso.

E l’Italia? L’Italia conserva in Afghanistan 800 effettivi. Le perdite italiane, spalmate su vent’anni, sono state davvero poche: 53 in tutto. 31 militari sono morti in conflitto, 10 in incidenti stradali, due per infarto, uno di malattia, uno caricando la sua arma mentre cercava di  insegnare agli afghani, che le armi le conoscono dalla nascita, il suo uso. Una fine davvero poco gloriosa.

In Afghanistan c’è stato anche il generale Figliuolo che non si è distinto in modo particolare. Del resto non ce n’era bisogno. Fedeli come cani ma sleali come sempre, avevamo concluso sin dall’inizio degli accordi leonini con vari comandanti talebani: loro non ci avrebbero attaccato e noi avremmo fatto solo finta di controllare il territorio. Inoltre siamo basati principalmente a Herat sotto la protezione di uno dei “signori della guerra”, Ismail Khan. Ma adesso non possiamo stare più tanto tranquilli. Quando gli americani abbandoneranno definitivamente il paese, basi comprese, i Talebani attaccheranno sicuramente anche le città, Kabul, Mazar-i Sharif, Herat (Kandahar è già in mano loro), cosa che prima non potevano fare perché ogni volta che ci hanno provato interveniva l’aviazione USA e Ismail Khan, che pur non è un uomo privo di coraggio ma non è disposto a sacrificarsi per il nulla, si rifugerà probabilmente in Iran come fece dopo la conquista talebana. Prima gli italiani se ne vanno meglio è. Ma c’è il problema di una cinquantina di interpreti cui era stato assicurato di poter venire in Italia con le loro famiglie per sottrarsi alle ritorsioni talebane che li considerano dei “collaborazionisti”. I Talebani non se la prenderanno con i soldati dell’esercito governativo perché in una Kabul che è passata da 1.200.000 abitanti dei tempi in cui governava Omar ai 5 milioni di oggi non avevano altra scelta: o arruolarsi coi governativi o con i Talebani. Ma la situazione degli interpreti, oltre, va da sé, degli alti comandi militari, dei dirigenti politici e amministrativi, dei magistrati, tutti corrotti fino al midollo, che hanno appoggiato i governi quisling prima di Karzai, poi del più decente Ashraf Ghani, è diversa. Hanno lavorato per gli occupanti, in questo caso gli italiani. Sono stati sleali verso il loro paese, ma leali con noi. Abbiamo il dovere morale di tirarli fuori di lì se non vogliamo finire la nostra ingloriosa avventura in Afghanistan nel più ignominioso dei modi.

Il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2021