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Tutti, giornali, opinionisti, esperti della politica, sono convinti che l’altro ieri Matteo Salvini votando a favore della Tav insieme a PD, Forza Italia e Fratelli d’Italia, abbia voluto dare la spallata decisiva al governo gialloverde per andare a elezioni anticipate e monetizzare il successo ottenuto alle elezioni europee e la forza ancora più rilevante che gli attribuiscono oggi i sondaggi.

Il ricatto salviniano ai 5stelle di cambiare tre loro ministri e addirittura alcuni punti del “contratto di governo” (sottoscritto da entrambe le parti) che non gli sono graditi non potrà essere accettato dai ‘grillini’ se non vogliono suicidarsi politicamente.

Ma non è affatto detto che le cose vadano come crede Salvini. L’”azionista di maggioranza” di questo governo non è affatto la Lega come si scrive e si dice, ma sono i 5stelle che alle ultime elezioni politiche hanno ottenuto più del 32% dei voti mentre la Lega si era attestata sul 17%. Ora non è affatto automatico che se cade un governo si vada alle elezioni. Secondo una prassi consolidata cui finora non si è mai venuti meno il Presidente della Repubblica prima di rimandare i cittadini alle urne deve fare un giro di consultazioni con i vari partiti per vedere se è possibile formare un nuovo governo. Si potrebbe perciò formare un governo con 5stelle e il PD che alle politiche ha ottenuto il 18.7% e che avrebbe la maggioranza assoluta. Un governo che unirebbe forze politiche molto più omogenee, o almeno meno disomogenee, di quanto lo siano 5stelle e Lega che per stare insieme hanno dovuto utilizzare il marchingegno del “contratto di governo”. Si ricorderà che dopo le politiche la prima proposta Di Maio la fece al PD che, arroccato sul ‘renzismo’, sciaguratamente la rifiutò non dando ai 5stelle altra alternativa che allearsi con la Lega di Matteo Salvini.

I 5stelle hanno un programma sociale che al PD, se in questo partito è rimasto ancora qualcosa di sinistra (“D’Alema dì qualcosa di sinistra. Dì qualcosa” – Nanni Moretti) dovrebbe andare a sangue. Il solo punto di contrasto fra 5stelle e quelli del PD è la produttività, di cui i piddini sono assatanati mentre i grillini privilegiano, oltre a una ragionevole uguaglianza sociale, l’ambientalismo e, guardando un po’ più avanti, alla maniera di Gianroberto Casaleggio, pensano a una società più semplice, meno nevrotica, comunitaria. Il no o il alla Tav , opera che in sé e per sé potrebbe essere indifferente, ha questi significati simbolici.

Un PD ‘derenzizzato’ potrebbe quindi rimediare al passo falso fatto dopo le politiche del 2018. C’è anche da notare che la parte grillina di questo governo se non ha sempre governato bene per lo meno ha governato. Infatti mentre Matteo Salvini berciava ogni giorno, di mattina, di pomeriggio, di sera e di notte, sostenendo che lui lavorava, i 5stelle hanno prodotto leggi. Lo ha confermato involontariamente persino Silvio Berlusconi che in un intervista al Giornale del primo agosto ha dichiarato: “su venti leggi sinora approvate soltanto due sono state proposte dalla Lega”.  

Adesso, se cadesse il governo,  tutto dipenderà dalla correttezza del presidente Sergio Mattarella che, come si è detto, prima di sciogliere le Camere ha il dovere di consultare i partiti per vedere se è possibile formare un altro e diverso governo. Se il PD vuole fare un definitivo ‘autodafe’ non ha che da respingere ogni accordo con i 5stelle e allora sì dovremo tenerci il “cazzaro verde”, come lo chiama Travaglio, in saecula saeculorum.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 9 agosto 2019

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Il neo primo ministro neo zelandese Jacinda Ardern, una donna di 38 anni, ha affermato che il benessere collettivo ma anche individuale non dipende né dal Pil né dalla produttività né dalla crescita economica. Ci voleva un politico neo zelandese per scoprire l’acqua calda e cioè che non è la ricchezza delle Nazioni, tanto cara a Adam Smith, né del singolo individuo a dare non dico la felicità, “parola proibita che non dovrebbe essere mai pronunciata”, (Cyrano, se vi pare…), ma quel relativo benessere individuale che l’uomo può raggiungere.

Edoardo Agnelli, erede della più grande impresa italiana, si è suicidato a 46 anni gettandosi giù da un ponte. Athina Onassis, moglie del famoso armatore, morì a 45 anni per abuso di droghe e identica sorte è toccata a sua figlia Christina a soli 37 anni. E’ solo un ridottissimo florilegio dei ricchi e famosi o dei figli dei ricchi caduti nella droga, nella depressione, a volte nel suicidio. Ma restano pur sempre casi individuali. Più significativo è che in Cina, da quando è iniziato il boom economico, il suicidio è la prima causa di morte fra i giovani e la terza fra gli adulti. I paesi scandinavi, ben ordinati e organizzati, hanno il più alto tasso di suicidio in Europa, in Italia, nella ricca Padania i suicidi sono 1628 per 100.000 abitanti, in Meridione 478 ( dati Istat 2010).

Non si tratta quindi semplicemente di riorganizzare il Pil togliendogli tutti quei fattori che lo aumentano per inserirne degli altri che li sostituiscano come sostiene il mio spurio emulo Maurizio Pallante autore del famoso e infelicissimo brocardo La decrescita felice. La questione è molto più profonda e ha poco a che vedere con i numeri comunque li si voglia combinare. E’ un’armonia complessiva quella che è venuta meno col modello di sviluppo occidentale che ha ormai occupato quasi tutto il mondo, sfondando anche culture che ne erano lontanissime, come quella indiana e cinese (Il libro della norma di Lao Tse, che fonda millenni di pensiero orientale, si dedica esclusivamente alla ricerca interiore e spirituale e predica la “non azione”). Il processo che ha portato alla disfatta attuale, collettiva e individuale, sul piano psichico e nervoso ha inizio con la Rivoluzione industriale (metà del diciottesimo secolo) e l’Illuminismo che l’ha razionalizzata nelle forme del capitalismo liberista o del comunismo di radice marxiana.

Nevrosi e depressione sono malattie della Modernità e non a caso colpiscono inizialmente la borghesia, cioè le classi più ricche, cosa che farà la fortuna di Freud e della psicoanalisi. Non esistevano nei cosiddetti “secoli bui”, come non esistono tuttora nelle poche comunità che hanno conservato costumi e ritmi di vita tribali. Nei “secoli bui” c’erano certamente lo psicopatico e lo schizofrenico che sono però malattie psichiatriche individuali e non sociali. Tra l’altro in quelle culture avevano elaborato un pensiero che inglobava nella società anche questi soggetti (“il matto del villaggio”) ritenendo che avessero un rapporto diretto e particolare con Dio.

Negli Stati Uniti, il paese tuttora più ricco del mondo, che gode anche delle rendite di posizione dategli dalla vittoria nella seconda guerra mondiale, più di un americano su due fa uso abituale di psicofarmaci, è tutta gente che non sta bene nella propria pelle. Il fenomeno della droga propriamente detta, all’inizio appannaggio, si fa per dire, dei ricchi ha raggiunto tutti i ceti sociali e in particolare i ragazzi che pur hanno dalla loro il bene più prezioso e prelibato: la giovinezza.

Come si spiega tutto questo? Col modello di sviluppo che, coll’ottuso ottimismo di Candide, abbiamo creato: raggiunto un obiettivo dobbiamo inseguirne immediatamente un altro e poi un altro ancora, salito un gradino salirne un altro e poi un altro, un processo che ha fine solo con la nostra morte. E’ un modello che ho definito “paranoico” perché non ci consente di raggiungere mai un momento di equilibrio, di armonia, di pace. Noi siamo come i levrieri, fra gli animali più stupidi della terra, che al cinodromo inseguono la lepre di stoffa che, per definizione, non possono raggiungere. Ludvig von Mises, uno dei più estremi ma anche dei più coerenti teorici del capitalismo industriale, lo dice a chiare lettere ma declinando la cosa in termini positivi: ”il vagabondo invidia l’operaio, l’operaio il capo officina, il capo officina il dirigente, il dirigente il proprietario che guadagna un milione di dollari, costui quello che ne guadagna tre”. Ma questa invidia è necessaria e consustanziale al ‘sistema’ per usare un termine sessantottino. Noi dobbiamo consumare alla massima velocità possibile ciò che altrettanto velocemente produciamo. Negli ultimi decenni il processo si è addirittura invertito: noi non produciamo più per consumare, ma consumiamo per poter produrre. Ma l’anomalia è presente fin dall’origine nel sistema se l’aveva già notata, con un certo sbigottimento, Adam Smith. Siamo stati ridotti da uomini a consumatori e non ci rendiamo nemmeno conto della degradazione tanto che esistono Associazioni di consumatori.

E’ quindi l’attuale modello di sviluppo che va sbaraccato dalle radici. Ma nonostante esistano, in modo carsico quanto spesso confuso, correnti di pensiero antagoniste non avremo il tempo di farlo. Non saremo noi a uccidere il modello, ma il modello a collassare su se stesso, in modo improvviso, globale, data l’interconnessione mondiale, probabilmente nel giro di poche settimane. Questo lo sanno anche i ’padroni del vapore’, almeno i più avveduti, ma continuano a drogare il cavallo già dopato contando che schiatti quando loro saranno usciti di scena e le generazioni a venire non potranno nemmeno più impiccarli al più alto pennone. Se avessero un po’ di cultura potrebbero, invece di parlare di un futuro inesistente e con un falso patetismo dei nostri figli e dei nostri nipoti, dire con Oscar Wilde: “che cos’hanno fatto i posteri per noi?”.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 8 agosto 2019

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A quanto pare è saltato fuori che il vicebrigadiere Cerciello Rega pur essendo in servizio si era dimenticato la pistola d’ordinanza in caserma. Più che un eroe, termine di cui in questi anni enfatici si è fatto uso e abuso, mi sembra un incapace. Ma anche l’altro brigadiere coinvolto, Andrea Varriale, non scherza, non è stato in grado di portare alcun aiuto al collega in difficoltà perché, come ha dichiarato Francesco Gargaro, comandante provinciale dei carabinieri di Roma, “sopraffatto e buttato a terra” dal ragazzo americano. Se queste sono le nostre Forze dell’Ordine stiamo freschi. Ma ho l’impressione che nemmeno nel nostro esercito la valentia e il coraggio abbondino. Si veda il patto leonino fatto con i Talebani in Afghanistan: loro non ci attaccano, in compenso noi non controlliamo il territorio. In quanto ai servizi segreti siamo messi ancor peggio. Qualcuno ricorderà, forse, l’epopea di Giannettini che spacciava come informazioni di sua mano ciò che sull’Europeo scrivevano i colleghi Corrado Incerti e Sandro Ottolenghi oppure il capitano La Bruna o, più recentemente, ‘Betulla’, alias Renato Farina, un obeso buono a nulla come giornalista, tanto più come ‘informatore’. Meno male che c’è il Mossad.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 2 agosto 2019