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Il New York Times ci informa che ad Herat, una delle città più moderne e modernizzanti dell’Afghanistan, è in atto, come un’abituale forma di profitto, la vendita di organi, soprattutto reni, strappati ai ragazzi afghani in cambio di poche migliaia di dollari (3.500 è la tariffa media). L’Afghanistan è da sempre un paese povero, privo di quelle risorse, come il petrolio e il gas, che fanno tanto gola agli occidentali. Ma mai nella sua storia, passata e recente, si era assistito a un tale sconcio. L’invasione sovietica del 1979, durata dieci anni, aveva ulteriormente impoverito questo paese già povero, ma non ne aveva intaccato le strutture morali e culturali. La lotta per il potere fra i “signori della guerra” (Massud, Heckmatyar, Dostum, Ismail Khan) non aveva certo contribuito a migliorare le cose. Quando nel 1996 i talebani del Mullah Omar presero il potere il paese sembrò trovare un periodo di tranquillità, di pace e di autosufficienza alimentare che è durato fino al 2001, anno dell’invasione occidentale in Afghanistan. Certamente col Mullah Omar un traffico di organi non sarebbe stato nemmeno pensabile. Avrebbe fatto impiccare immediatamente chi ci avesse provato, non solo perché traffici del genere sono proibiti dal Corano, ma perché sono inammissibili per qualsiasi etica, religiosa o laica che sia. Oggi ad Herat esiste un ospedale, il Loqman Hakim Hospital, che si vanta di aver operato più di mille trapianti di reni in cinque anni. Nell’ultimo capitolo del mio libro “Il Mullah Omar”, del 2011, intitolato “Come si distrugge un paese”, avevo puntualmente descritto come l’operazione americana, denominata beffardamente Enduring Freedom, avesse devastato economicamente, socialmente, culturalmente, moralmente l’Afghanistan e la sua popolazione. Evidentemente dal 2011 Enduring Freedom ha fatto dei grossi passi avanti se questo traffico di organi, che è più grave del traffico di esseri umani tipo quello che c’è fra la Libia e l’Italia, si può svolgere tranquillamente sotto gli occhi di tutti senza che nessuno, a cominciare da Amnesty International e da tutte quelle organizzazioni internazionali tanto attente ai “diritti umani”, osi alzare un dito o emettere un ‘flatus vocis’. Ma la cosa ancor più grave, almeno per noi, è che Herat è sotto il controllo italiano. Abbiamo 800 soldati là. Cosa fanno e cosa fanno i loro comandi? Cosa fa il nostro ministero degli Esteri e in particolare quello che, per il momento, è ancora il capo di quel dicastero, il cattolicissimo e pio Luigi Di Maio, a cui da tempo avevo segnalato la gravissima situazione afghana e la nostra corresponsabilità? Come mai notizie così sconcertanti, così gravi, così abominevoli le dobbiamo avere dal New York Times, che sarebbe il primo interessato a tacerle dato che l’invasione dell’Afghanistan è soprattutto di mano americana, mentre lì noi siamo solo a fare i servi sciocchi, fedeli come cani ma sleali come sempre?

Noi non abbiamo mai creduto ai Tribunali internazionali per “crimini di guerra” perché sono i tribunali dei vincitori, ma se questi Tribunali esistessero davvero io penso che i signori Bush e Obama e gli esecutori materiali di Enduring Freedom dovrebbero essere impiccati come i criminali nazisti a Norimberga.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 13 febbario 2021

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Alle prossime elezioni mi presenterò candidato con l’ambizione di diventare premier visto che questa carica l’ha ricoperta anche la suorina catto boyscout Matteo Renzi. È quindi doveroso che io presenti il mio programma ai concittadini.

In politica estera seguirò la linea indicata da Angela Merkel che qualche anno fa disse apertis verbis e senza coperture diplomatiche: “gli americani non sono più i nostri amici di un tempo, dobbiamo imparare a difenderci da soli”. Quindi basta con questa alleanza sperequata  per cui gli americani possono tenere sul nostro territorio 60 basi militari, alcune nucleari, e noi sul loro nemmeno una garitta. Basta con l’extraterritorialità di queste basi per cui i militari americani possono  provocare disastri come il Cermis (20 morti) o stuprare le nostre ragazze ma non vengono giudicati in Italia bensì negli Stati Uniti e questi processi vanno a finire regolarmente nel nulla. Basta con la Nato, altra alleanza sperequata. La Nato, al cui comando per salvare le apparenze viene messo un qualche Quisling norvegese o danese è un organismo nelle piene mani americane di cui gli Stati Uniti si sono serviti per convincere o costringere alcuni paesi europei, fra cui l’Italia, a partecipare a guerre d’aggressione disastrose (Serbia, Iraq, Libia) che si sono poi regolarmente rivolte contro l’Europa. La Nato, in realtà, è stato lo strumento con cui gli Stati Uniti hanno tenuto per anni, e ancora tengono, l’Europa in uno stato di minorità, militare, politica, economica e alla fine anche culturale e linguistica. A questo proposito, anticipando una parte del programma che fa parte della politica interna, potenzierò le istituzioni culturali all’estero perché la lingua italiana, depurata del romanesco-basic english attualmente usato,  resta una delle più belle del mondo con una varietà di sfumature che, per quel che ne so, appartiene solo al russo e non certamente all’inglese che è una lingua soprattutto commerciale (sia detto con tutto il rispetto per Shakespeare e Oscar Wilde).

La mia formula per l’Europa è da sempre la stessa: unita, neutrale, autarchica, armata e nucleare. Unita politicamente, oltre che economicamente, perché nessun paese europeo, nemmeno la Germania, può far fronte da solo a grandi agglomerati come gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e a quel potere indefinibile, ma decisivo, che è la grande finanza internazionale. L’Europa politica cui penso non avrà più come punti di riferimento periferici gli Stati nazionali, in prospettiva destinati a sparire, ma le “macroregioni” cioè aree coese dal punto di vista economico, sociale, culturale e anche climatico, che è la vecchia idea Bossi-Miglio. Perché soprattutto in un momento in cui la globalizzazione sembra voler e poter omologare tutto è indispensabile restituire alle persone un’identità anche locale. In questo senso l’Italia è fortunatamente ricchissima: per restare, a titolo d’esempio, al solo Veneto, Rovigo è diversa  dalla molto vicina Verona, Verona da Vicenza, Vicenza da Treviso, Treviso da Padova, per non parlare di Venezia che fa caso a sé.

Come diceva Angela Merkel l’Europa deve poter fare da sé non solo dal punto di vista economico ma anche militare. Bisogna quindi togliere alla Germania democratica l’anacronistico divieto di possedere l’Atomica non per aggredire nessuno, ma perché l’Atomica è il deterrente necessario per potersi difendere da soli senza pelose supervisioni. È assurdo che l’Atomica, oltre a Stati Uniti, Russia e Cina, ce l’abbiano paesi come il Pakistan, il Sudafrica, Israele, e non la Germania e quindi, con essa, l’Europa.

Europa neutrale, quindi equidistante fra Stati Uniti e Russia, però con una certa predilezione per quest’ultima perché più vicina geograficamente, culturalmente, inoltre indispensabile per i tedeschi e per noi italiani dal punto di vista del rifornimento energetico.

Apertura economica alla Cina perché è assurdo che noi europei, e noi italiani in particolare, non si possa avere accesso, con scambi reciproci, a un Paese che conta un miliardo e 200 milioni di abitanti destinati a diventar presto dei forti consumatori, perché questo non garba agli Stati Uniti. Ottime relazioni economiche con la teocrazia iraniana, come abbiamo sempre avuto fino a quando gli Stati Uniti di Donald Trump, ma non solo di Trump, hanno posto un veto, perché noi non abbiamo nulla da temere dall’Iran, il problema riguarda semmai Israele e il suo grande protettore americano.

In politica interna, senza negare alcuna delle fondamentali libertà individuali, sarò fortemente statalista e socialista nel senso nobile di questo grande filone di pensiero laico che riprendendo dal cristianesimo delle origini si pone a difesa degli “umiliati e offesi”, cioè dei ceti che oggi vengono chiamati, con pudica ipocrisia, “svantaggiati”. La sanità, ospedali, aziende farmaceutiche, farmacie, dovrà tornare tutta in mano pubblica. Sarà potenziata, nei limiti resi possibili da un debito pubblico enorme accumulato negli anni Ottanta grazie al trio Craxi-Andreotti-Forlani (elargizioni pubbliche in cambio del consenso ai partiti), la ricerca medico-scientifica perché abbiamo dovuto accorgerci che non abbiamo aziende farmaceutiche in grado di produrre vaccini nonostante le influenze potenzialmente mortali non nascano certo con il Covid 19. La Scienza sarà libera in ogni settore perché la scienza è conoscenza e quindi consustanziale all’essere umano, ma non sarà totalmente libera la Scienza tecnologicamente applicata perché, soprattutto in campo medico ma non solo, pone problemi etici e sociali gravissimi.

Per non farla troppo lunga faccio mio il programma che Fausto Bertinotti, prima che, dopo anni di coraggiose lotte sindacali e politiche, si facesse imbalsamare come presidente della Camera, espose a uno scandalizzatissimo Enzo Biagi: “Riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Imposta patrimoniale progressiva su tutte le forme di ricchezza. Tassazione di Bot sopra 150/200 milioni. Obbligo scolastico fino ai 18 anni. Manovra economica senza tagli né tasse”.

Quindi state sereni, pardon tranquilli, miei cari concittadini: è del tutto evidente che non sarò mai premier della Repubblica italiana.

Massimo Fini

 Il Fatto Quotidiano, 11 febbraio 2021

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Scriveva Marco Travaglio sul Fatto di venerdì (5/02) che ci sono vari modi di suicidarsi, tutti tragici ma rispettabili, ma ce n’è uno invece che non solo non è rispettabile ma è disonorevole: “consegnarsi volontariamente al carnefice”. È quello che han fatto, stando almeno alle dichiarazioni di Vito Crimi di sabato (6/02), i 5Stelle. A quanto pare costoro accettano di entrare in un governo in cui c’è, tronfio come sempre, chi li ha pugnalati alle spalle, Matteo Renzi, con la complicità di Tatarella (chiedo scusa ai figli dell’onorevole di An per l’accostamento linguistico) e del tecnico di “altissimo profilo” Mario Draghi, una trama che, secondo me, era stata preparata da tempo, cioè almeno da quando Italia Viva tolse il suo sostegno al governo di Giuseppe Conte. Ma c’è anche di peggio. I 5Stelle vanno a confluire in un governo dov’è presente Silvio Berlusconi, il noto pregiudicato, pluriprescritto, plurimputato. Il Movimento di Grillo era nato al grido di “onestà, onestà” (che io avrei preferito tradurre, come dissi loro, inascoltato, in “legalità, legalità”, perché l’onestà è un valore più profondo che può appartenere anche a un bandito), non vedo come possa stare ora, senza coprirsi di vergogna e di ridicolo, con un Tale che è stato condannato in via definitiva per un colossale reato fiscale, che ha violato nella sostanza tutti gli articoli del Codice Penale e anche qualcuno di Procedura penale.

Caro Beppe, io ho partecipato, intervenendo, al tuo primo “Vaffa” a Bologna dell’8 settembre del 2007. E allora la mia parola contava un po’ di più di quella di Marco Travaglio o di Sabina Guzzanti. Da allora ho sempre seguito con interesse il Movimento creato da Gianroberto Casaleggio e da te, naturalmente mantenendo il necessario distacco che un giornalista deve sempre avere nei confronti di ciò di cui si occupa, criticando, quando è il caso, coloro che gli sono più simpatici o idealmente più vicini, elogiando, quando è il caso, gli altri. Per me, adesso, non siete più un oggetto di interesse, né positivo né negativo.

Faceva ridere, perché per un soggetto del genere sarebbe troppo provar pena o disprezzo, Matteo Salvini che l’altro giorno dichiarava la sua entusiastica adesione al premier incaricato, il tecnico di “altissimo profilo”, Grand Uff, Gran Cav, Mario Draghi (a proposito, chi sono ora i ministri in carica, boh?). Faceva ridere quando sottolineava l’importanza del Recovery Fund. Ma chi l’ha ottenuto questo Recovery? L’ha ottenuto il governo di Giuseppe Conte, certamente con l’aiuto fondamentale di quell’Angela Merkel che fino a ieri Matteo Salvini indicava come la fonte di tutti i mali perché perseguiva gli interessi della Germania, il suo Paese (cosa che non dovrebbe far storcere troppo il naso a un nazionalista come Salvini). Il fatto è che Angela Merkel avrà anche perseguito gli interessi della Germania, ma nello stesso tempo ha perseguito gli interessi di quell’Europa unita senza la quale nessuno Stato del Vecchio Continente potrebbe salvare la pelle e far fronte ai grandi conglomerati come Stati Uniti, Russia, Cina e a quel soggetto indefinibile (in realtà definibilissimo ma non lo si può chiamare col suo nome, pena la garrota sociale e anche penale) che è la grande finanza internazionale, di cui Mario Draghi è un alfiere, che ci sta strangolando tutti.

Di passata faccio notare che ogni volta che in Italia si affaccia qualcosa che mette a rischio lo ‘status quo’ su cui sono assisi i poteri di sempre, si trova sempre il modo di innocuizzarla. Così è stato per la cosiddetta “rivoluzione italiana” del 1992-94, che rivoluzione non era affatto, ma era il tentativo di richiamare anche la classe dirigente, politica e imprenditoriale al rispetto di quelle leggi cui tutti noi cittadini siamo tenuti. Chi erano i protagonisti di quella cosiddetta rivoluzione? Innanzitutto la magistratura milanese nei nomi di Francesco Saverio Borrelli, Antonio Di Pietro, Ilda Boccassini, Gerardo Colombo, Piercamillo Davigo. In concomitanza c’erano la prima Lega di Umberto Bossi e Gianfranco Miglio, l’Indipendente di Vittorio Feltri, Gianfranco Funari con Aboccaperta su Raidue e Mezzogiorno Italiano su Italia 1. Nel giro di pochissimi anni i magistrati milanesi divennero i veri colpevoli (“sporcano l’immagine dell’Italia all’estero” secondo l’onorevole Berlusconi diventato Presidente del Consiglio), i ladri, i corruttori, i corrotti le vittime e spesso giudici dei loro giudici. Di Pietro fu infamato con sette processi da cui uscì assolto. Umberto Bossi inglobato. Feltri comprato. Funari emarginato e rinchiuso nella ridotta di Odeon.

Lo stesso è avvenuto col Movimento 5 Stelle, sia pur con una tecnica di logoramento che ha avuto bisogno di un tempo più lungo. Ed ora eccoci qui. Come ha affermato uno scrittore tedesco, parafrasando quel che si diceva del Cremlino ai tempi dell’Urss, “la politica italiana è un enigma avvolto in un mistero”.

Massimo Fini

Il Fatto Quotidiano, 8 febbraio 2021