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Del viaggio del Papa a Budapest i media, nazionali ed internazionali, hanno colto o cercato di cogliere solo gli aspetti politici: una possibile mediazione fra Ucraina e Russia attraverso il metropolita ortodosso di Budapest e un possibile, anche se parecchio improbabile, incontro col Patriarca di tutte le Russie Kirill, ortodosso ovviamente anche lui e sostenitore aperto di Putin. Hanno invece sorvolato sul discorso che Bergoglio ha fatto domenica 30 aprile all’Università di Budapest. Potendo parlare per una volta da persona colta a persone colte, invece che con politici più o meno bifolchi, Bergoglio ha tenuto un discorso di alto profilo che, mettendo da parte le questioni pratiche che appaiono più evidenti, la pace e l’immigrazione, tocca la sostanza del mondo che stiamo vivendo.

Bergoglio è partito da uno scritto, Lettere dal Lago di Como, del 1924, ripubblicato nel 2022, del teologo italiano ma naturalizzato tedesco Romano Guardini. Cosa scriveva Guardini nel 1924 e quindi in anticipo anche su Martin Heidegger che ha posto al centro della sua riflessione la questione fondamentale della Tecnica e della sua ambiguità? Guardini sostiene, in contrapposizione radicale alla attuale cultura dominante totalmente assoggettata alla Scienza tecnologicamente applicata -sono costretto ovviamente a semplificare- che c’è un modo diverso di porsi verso l’esistente “un creare secondo la natura, che non oltrepassa i limiti stabiliti” e prosegue affermando “le energie e le sostanze sono fatte convergere ad un unico fine: la macchina e così si sviluppa una tecnica dell’assoggettamento dell’essere vivente”.  Facendo proprie le questioni poste da Guardini Bergoglio ha detto “cosa ne sarà della vita se essa finirà sotto questo giogo? Cosa accadrà quando ci troveremo davanti al prevalere degli imperativi della tecnica? La vita, ormai, è inquadrata in un sistema di macchine. In un tale sistema, la vita può rimanere vivente?”. E attualizzando il discorso ai giorni nostri con osservazioni che un secolo fa potevano anche sfuggire o non essere così evidenti ha affermato: “siamo succubi di un capitalismo selvaggio, gli uomini sentono come più dolorose le proprie debolezze, in una società dove la velocità esteriore va di pari passo con la fragilità interiore”. In qualche punto del suo discorso Bergoglio diventa quasi pasoliniano affermando, anche se non la nomina in modo esplicito, che esiste una dittatura del consumo che tutto appiattisce e tutto uniforma di fronte alla quale l’uomo si sente smarrito.

Un giovane prete -o meglio era giovane come lo ero io quando ci incontrammo per la prima volta-  che fa un ottimo lavoro sociale nel disastrato quartiere siracusano di Ortigia mi ha scritto dicendo che i discorsi di Guardini e soprattutto di Bergoglio sono “finiani”. Non esageriamo. Però una cosa è se certi pensieri eterodossi li esprimo io altra se appartengono ad un Papa che meriterebbero quindi un’attenzione molto diversa da parte della cultura dominante.

Il Fatto Quotidiano, 6 Maggio 2023

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Poiché Marco Travaglio continua a dilazionare i miei articoli anche quando riguardano il discorso di un Papa, a meno che non sia nella linea pacifista del giornale anche quando riguarda questioni profonde ed essenziali del mondo moderno, scriverò qui per me stesso e per chi abbia voglia di leggere.

Ci siamo salvati dal 25 aprile, dal primo maggio e ci salveremo anche dalla festa napoletana, cui si è iscritto anche Berlusconi, per la vittoria del Campionato seppure fosse assicurata da tempo. Sono un tifoso anch’io e capisco la gioia dei napoletani.  Capisco meno che il telegiornale serale di Sky abbia dedicato un paio d’ore a questa vittoria costringendo i suoi telecronisti o commentatori a dire almeno 33 volte che erano 33 anni che non vinceva lo scudetto. Forse sarebbe stato più opportuno ricordare che il Napoli quest’anno ha mancato un obiettivo che sembrava abbondantemente alla sua portata. La finale di Champions. Si è fatto battere dal Milan. Così per una serie di coincidenze in finale ci andranno il Milan o l’Inter, due delle peggiori squadre a livello europeo. Il Manchester city ha spianato la strada battendo il Bayern e il Paris Saint Germain e probabilmente sbatterà fuori anche il Real Madrid. La finale tra City e Inter o Milan fra il City di Kevin De Bruyne e l’Inter o il Milan non dovrebbe avere storie a meno che il genio Guardiola non costringa De Bruyne all’ala, come ha già fatto altre volte, e insista coll’oggetto misterioso Grealish costato 117,5 milioni di euro, una cifra mai pagata per nessun calciatore.

Quando Sky approdò in Italia nel 2003 mi ci abbonai subito, pensavo che essendo proprietà di un australiano, Murdoch, sarebbe stato più obiettivo sulle vicende italiane. E non mi sbagliavo. Quando nel 2018 Sky è stata acquistata dalla Comcast americana tutto è cambiato. Oggi Sky è appecoronata al pensiero comune e al Governo. A Sky rimangono due eccellenze. Una è Omar Schillaci che si occupa di musica e nelle sue interviste è capace di far dire cose intelligenti persino a Baglioni o a far comprendere le canzoni di Battiato non sempre facili. L’altra eccellenza è Chiara Martinoli cui a volte, rare, fanno fare la rassegna stampa dell’una o delle due di notte. Non si tratta di una cosa facile, si tratta di leggere gli svariati argomenti dei giornali dando però loro un filo conduttore che riassuma la giornata appena passata. Lei la fa benissimo meglio di tutte le sue colleghe. Una volta sola le hanno fatto condurre anche il Tg, sola per ragioni credo di intuire ma che cercherò di chiarire più avanti. Chiara che deve avere trenta o trent’uno anni non è bella, ha qualcosa di più, ha grazia. Per capire cosa sia la grazia mi rifarò ad un estratto della voce così intitolata nel Dizionario Erotico: “nella grazia c’è qualcosa di primigenio, di infantile, di candido, di casto, di spontaneo, di non lezioso, di non manierato, di non artefatto e, insieme, di malizioso. La grazia, a differenza della bellezza, non è un fatto statico, ma dinamico, si esprime in uno sguardo, in un sorriso, in un gesto, in un movimento e talora anche in un’imperfezione birichina che anima il viso”. In Chiara questo qualcosa in più si esprime in un certo tono della voce, in una erre arrotondata per cui io le farei direi mille volte ramarro è questo, credo, il motivo per cui la tengono il più possibile a distanza. Perché quando legge Chiara non ti importa nulla di quello che dice e il telespettatore è incantato dal suo viso che ricorda la Venere del Botticelli (“grazia suprema, eterna, e quindi modernissima”). Una volta, una sola, hanno fatto vedere Chiara Martinaroli in piedi, in calzoni, non formosa ma sottile al punto giusto, e hanno cambiato subito l’inquadratura perché il telespettatore non pensasse di essere capitato in una trasmissione hard. Diciamo l’hard composto, non esagerato di una serie di cassette che andavano di moda negli anni novanta titolate “School Girls”.

Quindi viva Chiara Martinoli abbasso il ferrigno Travaglio.

Massimo Fini, 05.05.2023

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Ci risiamo. Il rettore dell’università di Milano Elio Franzini e il rettore del San Raffaele, Felice Gherlone, insieme ad una decina di altri docenti, urologi o luminari per le malattie dell’apparato respiratorio, sono stati messi sotto inchiesta per concorsi truccati attraverso quello che potremmo chiamare un “traffico d’influenze” a livello universitario. Questo malcostume italiano era da sempre noto ma ci volle un docente di origine inglese, Philip Laroma Jezzi, per denunciare pubblicamente, nel 2017, quello che tutti sapevano e facevano finta di non vedere. Significativo è il colloquio telefonico, intercettato, che si svolse allora fra Laroma Jezzi e un docente che lo rimproverava perché non voleva farsi coinvolgere nel malaffare: “Dai, non fare l’inglese!” cioè non comportarti da persona perbene. Sette docenti fiorentini furono abbottegati (lo scandalo riguardava la Statale di Firenze).

Una mia simpatica amica, quarant’enne, che si è laureata alla Statale di Milano  per iniziare la carriera universitaria abbandonandola molto presto, avendo visto com’era l’andazzo, e che oggi ha un ottimo lavoro in una grande azienda con compiti che poco hanno a che fare con la sua laurea, mi ha obiettato che non è affatto detto che i “raccomandati” non possano essere anche dei buoni professori, sia come docenti che come ricercatori. Vero, ho qualche esperienza personale in proposito. Ma è anche vero che ci possono essere ragazzi molto meglio preparati a cui questo sistema di corruttela diffusa sbarra la strada o costringe ad attese interminabili per cui va a finire che i migliori se ne vanno alla ricerca di altre opportunità. In Italia non c’è solo la fuga dei “cervelli” ma anche dei “cervelletti”. E anche questo spiega la condizione deplorevole del nostro sistema universitario. Del resto il ministero dell’Istruzione (ora anche del merito) è sempre stato considerato di serie b e dato come contentino a chi in quel momento era politicamente sul pavé. Non è che in questo ministero si sia mai visto non dico un Renzo Piano, sarebbe pretendere troppo, ma nemmeno monsignor Ernesto Galli della Loggia. A monte c’è il fatto che licei e anche atenei per molto tempo sono stati considerati un serbatoio di precari che andavano mantenuti in qualche modo (altro che “reddito di cittadinanza”).

Ma lasciamo l’Università per dirigerci verso la politica e il rispettabilissimo mondo imprenditoriale. Il governatore della Sardegna Christian Solinas è inquisito, oltre che per gravi reati di esplicita corruzione, per aver fatto quello che normalmente avviene nelle università: mettere un proprio ‘protetto’, non si sa quanto competente, al posto di un ‘protetto’ di qualche rivale cui però viene promesso di essere remunerato in futuro.

Purtroppo il nostro è un paese storicamente “familista”, ma mentre un tempo questo “familismo” si limitava a chiedere una raccomandazione al farmacista (autentica potenza nei piccoli borghi) al parroco o, nei casi più fortunati al Vescovo, oggi raggiunge livelli elevati anche nelle Istituzioni e nell’imprenditoria. Insomma non c’è settore che non sia inquinato dalla corruzione propriamente detta o da quello che ho chiamato “familismo” . In Italia il più pulito c’ha la rogna.

Anche il calcio è pienamente coinvolto, vedi le inchieste su Juventus, Roma, Lazio, Salernitana, Sassuolo, Atalanta, Verona. Ma nessun allenatore, a differenza di quello che avviene nelle università con presidi felloni, si sognerebbe mai di far giocare un brocco raccomandato al posto di un fuoriclasse. Ci provò Gheddafi che era entrato nel Consiglio d’amministrazione della Juventus solo per far giocare suo figlio, Saadi, che ha fatto una fine quasi peggiore di quella toccata, in questo caso del tutto ingiustamente e con modalità che farebbero orrore anche ai “tagliagole” dell’Isis, a suo padre.

 

Il Fatto Quotidiano, 3 maggio 2023